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Consumare la carne rossa fa male alla salute?

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Mangiare la carne rossa fa male? Quante volte a settimana è consigliato mangiare carne rossa?

 

 

Prima di iniziare la disamina sulla carne rossa e l’eventuale rischio per la salute umana, è bene fare una premessa per non essere fraintesi. La carne non è indispensabile ai fini una sana e corretta alimentazione, a patto di seguire una dieta vegetariana bilanciata sotto ogni punto di vista. Inoltre, è stato ampiamente dimostrato da vari studi che una dieta vegetariana, equilibrata sia dal punto di vista dei macro che dei micronutrienti, apporta notevoli benefici alla salute. Detto questo, non bisogna neanche demonizzare la carne, additandola come la causa principale di tumori e altre patologie. Allo stato attuale delle conoscenze, non è stata dimostrata una relazione convincente tra consumo modesto di carne e l’insorgenza di alcune malattie (cancro compreso). Anzi, in alcuni casi un consumo moderato di proteine animali esercita degli effetti benefici per la salute, poiché sono un importante fonte di micronutrienti.

Molto spesso si sente dire che le proteine animali sono differenti da quelle vegetali e che le prime farebbero male, mentre quelle provenienti da fonti vegetali no. Cominciamo dicendo che le proteine sono macromolecole biologiche formate da lunghe catene di aminoacidi (i mattoni fondamentali costituenti le proteine). Quelle animali e quelle vegetali sono strutturalmente identiche, cioè composte dalle stesse unità fondamentali, gli aminoacidi. Le proteine animali sono considerate ad alto valore biologico, poiché contengono tutti gli aminoacidi essenziali (che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare e deve assumere con la dieta) e nelle giuste proporzioni, mentre quelle vegetali sono incomplete, in quanto carenti di alcuni di questi. Fortunatamente è possibile compensare queste carenze facendo un’associazione corretta fra le varie fonti proteiche vegetali, in modo da ricostruire il pool aminoacidico completo. Un esempio concreto è l’associazione tra le proteine contenute nei legumi e quelle contenute nei cereali: la classica pasta e fagioli o pasta e legumi in generale.

Tornando alle carni, queste sono generalmente suddivise in tre grandi categorie:

1)      Carni Bianche: pollo, tacchino, coniglio, vitello, agnello capretto giovane e secondo alcuni autori maiale

2)      Carni Rosse: manzo, cavallo, pecora e capra adulti e secondo altri autori il maiale

3)      Carni Nere: selvaggina

Questa classificazione tiene conto della quantità di emoglobina e mioglobina (proteine presenti nel sangue e deputate allo scambio di ossigeno e anidride carbonica tra polmoni e tessuti) contenuta nella carne: più è alta la concentrazione di queste proteine, più la carne è rossa e scura.

Quel’è la relazione tra consumo di carne, inclusa quella rossa, e l’insorgenza di patologie? Non vi è alcuna correlazione diretta tra un consumo di proteine animali e lo sviluppo di una patologia. Le proteine animali di per se non sono tossiche, tuttavia è ormai noto che diete ricche di proteine animali, soprattutto provenienti da carni rosse e grasse, aumentano il rischio d’insorgenza di numerose patologie quali diabete, disturbi cardiovascolari, obesità e cancro. In associazione con il fumo, aumenta il rischio di tumori al colon-retto, esofago, stomaco, seno e prostata.

Cos’è allora che fa aumentare così tanto il rischio d’insorgenza di queste patologie? Il problema risiede probabilmente nel “gruppo eme” dell’emoglobina. Il gruppo eme è una molecola eterociclica che presenta all’interno un atomo di ferro. Quest’ultimo è il responsabile del legame con l’ossigeno ed è essenziale per il suo trasporto all’interno del flusso ematico fino ai tessuti. Questo gruppo eme, favorisce la formazione di composti N-nitrosi, potenzialmente molto tossici e cancerogeni, i quali a loro volta potrebbero aumentare i radicali liberi, favorendo il danneggiamento del DNA e aumentando la probabilità che le cellule vadano incontro a una mutazione cancerogena. Inoltre, il ferro stimola il rilascio di citochine pro-infiammatorie che inducono un’infiammazione delle pareti intestinali e contribuisce alla formazione di vasi sanguigni, che alimenterebbero un eventuale tumore in via di sviluppo. L’American Institute for Cancer Research e il World Cancer Resaerch Fund hanno dichiarato che esiste una chiara relazione tra il consumo eccessivo di carne rossa e l’aumento del rischio di sviluppare il cancro al colon-retto.

Un altro fattore importante, oltre alle proteine, è l’elevata presenza di grassi saturi in alcuni tipi di carne. Un eccesso di questi grassi nella dieta è associato a un aumento dei livelli ematici di colesterolo e d’insulina, due condizioni che predispongo l’individuo a problemi cardiovascolari e diabete.

Veniamo alla carne lavorata, ossia la carne trattata con vari metodi come affumicatura, essiccazione, salatura e aggiunta di conservanti chimici. Una metanalisi pubblicata nel 2010 dall’Harvard School for Public Health ha messo in luce come un consumo eccessivo di carne rossa e lavorata (es. salsicce) aumenta il rischio d’infarto, diabete e cancro. Lo stesso aumento del rischio si ha per i forti consumatori di carne rossa fresca, ma non in chi assume quest’ultima in quantità modeste. Allo stesso risultato è giunto lo studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), promosso dall’Unione Europea e dell’International Agency for Research on Cancer (IARC) che fa capo all’Organizzazione Mondiale della Sanità e cofinanziato anche da AIRC. Probabilmente il problema risiede nei processi di lavorazione e nell’aggiunta di sale e conservanti.

Un altro aspetto legato all’incremento del rischio di sviluppare patologie in seguito al consumo di carne è il metodo di cottura utilizzata. La cottura della carne è un processo che crea dei vantaggi a chi consuma la carne. La sterilizza, eliminando i batteri patogeni, e ne aumenta la digeribilità per via della modificazione strutturale delle proteine indotta dalle alte temperature. C’è però da considerare un punto importante: nel processo di cottura, specialmente se a contatto con la fiamma o a temperature esageratamente alte, c’è il rischio di “bruciare” la carne. La carne “bruciata” sviluppa delle sostanze molto tossiche e cancerogene, le amine eterocicliche. Chi consuma carne grigliata o molto cotta ha un rischio maggiore di sviluppare il cancro del colon-retto, rispetto a chi utilizza metodi di cottura più blandi come la bollitura o la cottura al vapore.

Ora veniamo a un punto importante. Si sente sempre dire di consumare un determinato alimento nelle “giuste quantità”, ma quali sono queste “giuste quantità” per la carne? Se non si vuole eliminare del tutto la carne, la raccomandazione secondo le “Linee Guida per una Sana Alimentazione” dell’ex INRAN (attuale CRA-NUT) è quella di consumare non oltre 300-400 g di carne a settimana in porzioni da 70 a 100 g (a seconda se si è adulti o bambini), quindi con una frequenza settimanale di 3-4 volte. E’ bene preferire la carne bianca, per la quale non è stata determinata una soglia dannosa per la salute, a parte il fatto che un consumo eccessivo di proteine in generale porta a un sovraccarico renale e a demineralizzazione ossea (diete iperproteiche). Una possibile soluzione è quella di consumare 200-300 g di carne bianca e 100 g di carne rossa a settimana, in porzioni da 70-100 g.

Inoltre, i grandi consumatori di carne sono anche quelli che consumano pochissima frutta e verdura: un mix dannosissimo. E’ bene consumare 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, poiché esercitano degli effetti benefici per la salute umana, incluso la diminuzione dell’insorgenza di numerose patologie, cancro compreso.

Concludo facendo notare come un fattore determinante è anche la qualità della carne. La maggior parte degli studi effettuati è stata svolta in America, dove la carne è completamente differente da quella consumata in Italia e nei paesi limitrofi. Le carni Americane sono molto più ricche di grasso e i processi di lavorazione, per la produzione dei salumi, fanno sì che la carne risulti più ricca di grassi, nitriti, nitrati, sale, coloranti e aromi artificiali. Gran parte di queste sostanze sono notoriamente cancerogene.

Un ultimo aspetto, da non sottovalutare, è che la produzione di carne comporta un consumo di acqua e un rilascio di CO2 notevolissimo, rispetto alla produzione di cibi vegetali. Sarebbe opportuno, quindi, prestare più attenzione a queste problematiche e tenere presente che una riduzione del consumo di carne, specialmente quella rossa, apporterebbe certamente un beneficio concreto al nostro pianeta e agli animali che la abitano, oltre che a noi stessi.

 

 Paolo Gozzo

 

Bibliografia:

Sito dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC)
Harvard School for Public Health
Progetto EPIC
World Cancer Research Fund
Metanalisi 2010 Harvard School for Public Health
Studio 2011 British Journal of Cancer
Khayat D. 2011. La vera dieta anticancro. Mondadori editore
Linee guida per una sana e corretta alimentazione. 2003. INRAN

 

 

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