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E se la green economy fosse roba da donne?

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In Italia siamo indietro, ma le donne possono avere un ruolo fondamentale nello sviluppo di un’economia sostenibile

Le donne, si sa, in casa sono quelle che più si occupano di fare la spesa, educare i bambini, correre da un luogo all’altro per districarsi fra i mille impegni giornalieri. Per questo sono proprio loro che possono dare una spinta decisiva allo sviluppo ‘green‘, influenzando il mercato dei prodotti e servizi più sostenibili. Di questo ruolo, poco considerato ma fondamentale, si è discusso al recente convegno ‘Donne e green economy. La social innovation per cambiare la città’, nell’ambito delle iniziative ‘Verso gli Stati generali della green economy’, organizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile con Roma Capitale Assessorato all’ambiente, agroalimentare e rifiuti e Assessorato Roma produttiva.

In Italia le donne sono responsabili del 66,5% del totale delle scelte di acquisto della famiglia; rappresentano circa l’80% del comparto dell’istruzione; la loro presenza, a maggior ragione in posizioni apicali, fa funzionare meglio uffici e imprese. E’ dunque è innanzitutto a loro che bisognerebbe rivolgersi per dare una spinta alla green economy e influenzare il mercato dei prodotti e servizi sostenibili. 

In Italia imprese green e donne sembrano andare d’accordo. Esistono alcune eccellenze: imprese guidate da donne che hanno puntato su un futuro sostenibile e realizzato storie di successo divenute best practice mondiali. Purtroppo rimangono delle eccezioni. 

Il Global Gender Gap Report 2012 del World Economic Forum, che analizza a livello internazionale il divario di genere, piazza l’Italia complessivamente all’80° posto. E siamo ultimi fra i 16 Paesi dell’Ocse per livello di coinvolgimento e responsabilità delle donne e di uguaglianza di genere nel settore ambientale secondo la prima edizione dell’Environment and Gender Index (EGI) dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) pubblicato nel 2013.

La green economy potrebbe invece essere una delle strade da percorrere per aumentare l’occupazione femminile.

(A.S.)

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