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Le dannate microplastiche e le nuove soluzioni

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Si chiama Wasser 3.0 il nuovo metodo per impedire alle microplastiche e ai prodotti farmaceutici di finire nelle acque reflue

Molto recentemente, uno studio fatto dalla Lund University ha rivelato che le microplastiche attraversano la barriera emato-cerebrale dei pesci e finiscono per accumularsi nel loro cervello, portandoli a potenziali disordini comportamentali, tra cui mangiare più lentamente, esplorare meno i loro ambienti ed essere attratti dall’odore della plastica fino ad arrivare a mangiarla.

Insomma, un nuovo studio che racconta il male che stiamo facendo agli oceani e alle creature che li abitano, un male che peggioriamo anche quando cerchiamo di uscirne – sempre nello studio si racconta che i pesci che si trovano nei pressi degli impianti di trattamento delle acque reflue subiscono danni ai reni e hanno crescenti problemi di femminilizzazione.

I metodi che abbiamo utilizzato fino ad oggi, insomma, non funzionano, non sono abbastanza e creano ulteriori danni – filtrazione, sostanze chimiche e trattamenti vari. Molto semplicemente, la tecnologia per le acque di scarico non è stata progettata per gestire queste nuove sfide così complesse, non è stata pensata per far fronte a una situazione che non si poteva nemmeno immaginare.

Oggi, però, un progetto che si chiama Wasser 3.0 sta ottenendo molto attenzione – e riconoscimenti – per la maniera in cui sta lavorando sulla chimica di nuove soluzioni per trattare le microplastiche e i prodotti farmaceutici nelle acque reflue. I loro esperimenti con i gel ibridi di silice sono una grande promessa che non solo permette la separazione dei contaminanti dall’acqua ma comporta anche un riciclo del gel stesso che dà a tutto il processo un eco-bilanciamento.
Per ora, questo metodo è in sperimentazione, ma la speranza è che possa essere utilizzato molto presto in tutti gli impianti di trattamento per le acque reflue.

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inquinamento, microplastiche, Wasser 3.0

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