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Emilia Romagna, un anno dopo il terremoto: la speranza di una nuova rinascita

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A un anno dal terremoto che ha colpito l’Emilia tanto e’ ancora da fare per ricostruire quel pezzo di terra distrutto in pochi attimi. Ma la storia di chi ha rimesso in piedi la propria azienda dona speranza a tutti

Terremoto in Emilia Romagna. E’ come se fosse ieri: alle 4.03 del 20 maggio dello scorso anno in Emilia Romagna la terra tremò. A Modena, Bologna, Ferrara e nei paesi vicini quella che era una notte come tante si trasformò in un incubo che ancora non finisce. La mattina del 29 maggio 2012 l’incubò tornò: alle 9.00 il terremoto procurò altri danni e portò via con sé altre vittime. Palazzi e case a terra, Chiese distrutte, persone morte e altre consapevoli che non avrebbero fatto ritorno a casa la sera, per chissà quanti mesi. Quel rombo che rimane indelebile nella mente degli Emiliani, anche se durato per poco, qualche scatto della lancetta di un orologio, ha portato tanto dolore e sofferenza.

Ma fin da subito, fin dai giorni dopo il terremoto, tutti avevamo capito che quella terra fiera e orgogliosa di ciò che aveva creato voleva rialzarsi e combattere, vincere la paura e la perdita. In dodici mesi la Regione Emilia Romagna ha chiesto e ottenuto circa 10 miliardi di euro per ricostruire quello che il terremoto ha distrutto, ma tanto ancora si deve fare per rimarginare quelle cicatrici visibili a tutti, quegli edifici che non hanno forma e che si nascondono sotto un cumulo di macerie.

Ma quello che il terremoto ha lasciato oltre a cicatrici e brutti ricordi indelebili è anche la solidarietà, che ha permesso a tante aziende di non chiudere, anche se non avevano uno stabile, che ha permesso a tante persone di ritrovare una speranza e di pensare che forse non tutto è andato perduto.

E’ la solidarietà di aiutare chi è più in difficoltà di noi che ha spinto le aziende concorrenti del Salumificio Palmieri a permettere a Massimo Palmieri, titolare della ditta, di produrre i suoi insaccati nelle loro ditte, continuando a lavorare. Anche alcune aziende della rete Net Base si sono messe a disposizione delle imprese del biomedicale, affinché potessero riaprire il prima possibile e consegnare le commesse agli ospedali di tutta Italia.

C’è chi, poi, ha utilizzato tutti i risparmi di una vita per far sì che le attività dell’azienda riprendessero dopo il terremoto e che i propri dipendenti non si trovassero senza casa e senza lavoro. È questo il caso  Fabio Mantovani e Mirco Ottani, proprietari della Obm di Medolla, che realizza impianti elettrici civili e industriali. Dopo il terremoto l’azienda è stata completamente demolita per poterne costruire una più sicura e stabile: ‘Dopo il terremoto – racconta Fabio Mantovani – abbiamo parlato con i nostri clienti, piccole come grandi aziende, e insieme abbiamo deciso di restare. Di non abbandonare l’Emilia. Non è stato facile, abbiamo demolito e ricostruito tutto con i nostri risparmi e con qualche debito, ma il 10 maggio abbiamo inaugurato’.

A rinascere dopo il terremoto, in Emilia, sono anche gli asili e le scuole: la vera speranza in un futuro migliore. La ricostruzione degli ambienti destinati ai ragazzi passa attraverso la sicurezza e la sostenibilità. A Palata Pepoli, per esempio, è nato un asilo sostenibile, costituito da container e yurte ad alta efficienza energetica.

Le storie che regalano una speranza, anche dopo il terremoto in Emilia,  sono tante altre, come tante sono anche le persone che si sono arrese e che si sono trasferite, abbandonando una terra che con loro è stata crudele. Forse un giorno ritorneranno alla terra d’origine, certo è che un anno dopo il terremoto, l’Emilia mostra a tutti la forza e le capacità per rialzarsi.   

(gc)

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