Ecoinvenzioni: il chip che si autoalimenta con le vibrazioni
Il nuovo chip sviluppato da un team di ricercatori dell’Universita’ Pubblica di Navarra, e’ in grado di essere alimentato esclusivamente da luce, vibrazioni e persino variazioni di temperatura
Il chip che si autoalimenta con le vibrazioni fa parte di un ambizioso progetto per il risparmio energetico dell’elettronica portato avanti da un team di ricercatori spagnoli dell’Università Pubblica di Navarra . Si tratta, in pratica, di un microprocessore innovativo in grado di essere alimentato esclusivamente da fonti energetiche circostanti quali la luce, le vibrazioni e persino le variazioni di temperatura.
Il nuovo chip, in particolare, richiede una quantità di energia 50 milioni di volte inferiore rispetto a quella di una lampadina tradizionale e sarà impiegato nell’ambito della reti di sensori wireless (o reti WSN).
Le reti di sensori wireless, in sostanza, possono essere impiegate in alcune applicazioni tecnologiche relative a diversi ambiti, come il settore ambientale (monitoraggio forestale o sistemi di previsione e rilevazione delle inondazioni), quello medico-sanitario (monitoraggio dei dati fisiologici), la domotica (ossia l’automazione della casa che permette di gestire a distanza gli apparecchi di uso domestico) ed infine l’efficienza energetica (con il monitoraggio e la gestione in remoto dei consumi di una fabbrica, un ufficio o un’abitazione).
Il nuovo chip sviluppato dai ricercatori dell’Università di Navarra, darà quindi il proprio contributo nell’ambito del risparmio energetico proprio in questi ambiti. Le reti WSN infatti, sono costituite da due elementi essenziali: da un lato ci sono i sensori wireless di ‘rilevamento’, mentre dall’altra parte ci sono gli ‘attuatori’ (ossia dei particolari sistemi di alimentazione) che provvedono a fornire energia ai dispositivi elettronici. Nelle reti WSN, i sensori e gli ‘attuatori’ possono inoltre comunicare tra loro (e con altre reti come Internet) in modalità wireless mediante onde radio.
Il nuovo chip che sfrutta le vibrazioni, utilizzato in stretta connessione con gli ‘attuatori’, funziona grazie all’inserimento di un nuovo tipo di convertitore analogico, che gli permette sfruttare una quantità di energia significativamente ridotta, raccolta proprio dall’ambiente circostante. In questo modo il chip, che rimane un componente essenziale all’interno dei dispositivi preposti al rilevamento e alla trasmissione dati di vario genere, sarà autonomo dal punto di vista energetico (non avendo bisogno di batterie per funzionare). Per maggiori informazioni si può fare riferimento al sito dell’Università Pubblica di Navarra.
(Matteo Ludovisi)
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