Dieta Montignac: pro e contro

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Conoscete la dieta Montignac? Qualcuno di voi ha già adottato questo stile elimentare? Ecco pro e contro… 
 
L’ideatore di questa dieta, più precisamente di questo stile alimentare, è Michel Montignac. Per dovere di cronaca ci tengo a precisare che Montignac non ha mai seguito un percorso di studi di tipo scientifico ma ha studiato Scienze Politiche e ha conseguito una Specializzazione in Scienze Umanistiche. Dopo aver intrapreso una carriera lavorativa in un’industria farmaceutica come direttore del personale, ha cominciato a mostrare interessi nel campo della nutrizione per cercare di risolvere i suoi problemi ponderali. Ha così ideato lo stile alimentare che prende il suo nome, provandolo inizialmente su se stesso (ha perso 15 kg in tre mesi) e poi divulgando le sue idee attraverso la pubblicazione di numerosi libri sull’argomento. Il Metodo Montignac non si basa su una riduzione calorica ma sulla scelta di alimenti a basso Indice Glicemico (IG). Lo stesso Montignac afferma sul suo sito che “…non è una dieta nel senso tradizionale del termine. Una dieta, infatti, è una modalità alimentare restrittiva sul piano quantitativo e che, per questo motivo, deve essere seguita per un periodo di tempo limitato. Al contrario, il metodo Montignac è una modalità alimentare equilibrata e non restrittiva sul piano quantitativo.”
 
Prima di tutto la parola dieta deriva dal greco dìaita che significa “stile di vita“, “modo di vivere” e non c’è cosa più sbagliata di pensare la dieta come una modalità alimentare restrittiva. Esistono tante tipologie di dieta, non solo quelle ipocaloriche dimagranti. Basti pensare ad uno sportivo che ha bisogno di una dieta bilanciata e ponderata per la tipologia di sport che pratica e non di certo a ridotto contenuto calorico. Comunque, fatta questa prima precisazione, cerchiamo di capire di che cosa si tratta esattamente la Dieta Maontignac. Secondo l’autore, non è importante calcolare le calorie degli alimenti ma ciò che realmente conta è l’indice glicemico (IG). L’indice glicemico è la velocità con cui s’innalza la glicemia (glucosio nel sangue) in seguito all’assunzione di un determinato alimento. Parallelamente alla glicemia s’innalza anche l’insulinemia (insulina ematica) in modo da riportare la glicemia ai livelli basali. Detto questo, Montignac afferma che più un alimento ha un IG alto, più s’innalza l’insulinemia e più s’ingrassa. Per dimagrire, quindi, più che stare attenti alle calorie bisognerebbe prestare attenzione all’IG dei cibi; la quantità non conta, l’importante è scegliere cibi a indice glicemico basso.
 
Questo ragionamento fa acqua da tutte le parti, primo perché non tutti i cibi a basso indice glicemico aiutano il dimagrimento e secondo perché non tiene minimamente conto del carico glicemico (quantità di glucidi introdotti con la dieta) e della percentuale di carboidrati semplici, che non dovrebbe superare il 10-12% delle calorie totali. Prendiamo ad esempio il fruttosio che ha un indice glicemico pari a 20. Secondo Montignac si potrebbero mangiare quantità libere di questo carboidrato (semplice) senza incidere sull’aumento ponderale. E’ ampiamente noto come questo sia errato. Un altro esempio sono i grassi, che di per se non fanno innalzare la glicemia e non scatenano la risposta insulinemica. Bene, seguendo il ragionamento potremmo mangiare a volontà panetti di burro senza ingrassare di un etto! Come vedete è bastato poco per dimostrare l’insensatezza di tali affermazioni. Inoltre bisogna considerare che molto spesso, eliminando una buona fetta di carboidrati, si tende ad una dieta iperproteica che inizialmente induce una perdita di peso ma che successivamente crea danni all’organismo, fallendo a lungo termine e portando il soggetto a riprendere tutti i chili persi, molto spesso con gli interessi! Un altro aspetto da tenere in considerazione è il fatto che l’indice glicemico di un alimento non è un valore assoluto ma è molto variabile e dipende, ad esempio, dal grado di maturazione di un frutto, dal metodo di cottura di un alimento e dalle associazioni con altri cibi. Ad esempio, pasti ricchi di fibre (verdure e frutta) diminuisco l’indice glicemico degli alimenti assunti in concomitanza, oppure la pasta cotta “al dente” ha un IG inferiore della pasta “scotta”.
Bisogna però spezzare una lancia a favore di questo metodo, nella parte in cui privilegia la scelta di cibi a basso indice glicemico. Una dieta di questo tipo è utile in caso di sindrome metabolica o diabete di tipo II, poiché riduce la risposta insulinemica, ma non trova giustificazione in chi è in salute, in quanto la risposta insulinemica è proporzionata all’innalzamento della glicemia.
Infine, bisogna affermare che non è tanto l’insulina a generare l’obesità ma è l’obesità che causa una resistenza all’insulina, provocandone un’iperproduzione e diminuendo la sensibilità delle cellule a quest’ormone. Seguendo una dieta corretta e bilanciata, associata ad un’attività fisica costante, si scongiurano (o si contrastano) il sovrappeso e l’obesità e si evita l’instaurasi dell’insulino-resistenza, molto dannosa anche in termini di aumento dell’incidenza dei tumori.
 
 
 
Bibliografia
Costantini AM, Cannella C, Tomassi G. 2006. Alimentazione e Nutrizione Umana. Il Pensiero Scientifico Editore
 
Silverthorn DU. 2010. Fisiologia umana. Un approccio integrato. Pearson Editore
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