Sierra Leone. Ebola assedia anche il Santuario degli Scimpanzè
Dalila Frasson denuncia il pericolo che incombe sull’area protetta degli Scimpanzè in Sierra Leone, a causa dell’ebola
L’ebola assedia anche il Santuario degli Scimpanzè. A denunciare la situazione di pericolo che vivono non solo gli uomini, ma anche gli animali, in Sierra Leone, a Parco Natura Viva, è Dalila Frasson, che torna in prima linea al Tacugama Chimpanzee Sanctuary, dove è Conservation Manager. Dalila si occupa di restituire un pò di serenità agli Scimpanzè, che arrivano da condizioni estreme di maltrattamento, ora assediati anche da Ebola.
Trent’anni, l’etologa veneziana è stata per quattro anni la keeper (custode) della colonia dei 17 Scimpanzè ospitati al Parco Natura Viva. Poi, l’esperienza e le relazioni internazionali acquisite dal Parco nella salvaguardia dei primati, l’hanno portata a scegliere di impegnarsi in “prima linea”, dove questi animali soffrono di più delle atrocità dell’ uomo. Oggi è anche “inviata speciale” del Parco Natura Viva, con il compito di diffondere in Italia il progressivo declino che sta subendo questa specie nel proprio habitat. In Africa, caccia per carne e sfruttamento come animali da compagnia sono i due pericoli maggiori.
La Sierra Leone è uno dei tre focolai principali di Ebola. Sei sicura di voler ripartire? Certo. Chissà quante feste mi farà Tom quando mi rivedrà!
Chi è Tom? Uno dei nostri 87 Scimpanzè. E’ l’ultimo arrivato, a gennaio di quest’anno. E’ stato portato qui dal suo stesso padrone che, dopo averlo tenuto in una gabbia in sala da pranzo per trent’ anni, un giorno lo ha ritenuto troppo aggressivo e ha deciso di sbarazzarsene.
Quanti esemplari sono stati colpiti da Ebola? Nessuno dei nostri è stato colpito, fino ad ora. Intorno al Santuario c’ è la foresta, dove vivono le popolazioni selvatiche. Di questi esemplari è molto difficile avere un monitoraggio preciso ma è evidente che stavolta il virus non ha colpito gli animali con la stessa forza con cui si è abbattuta sull’uomo. E non vale solo per noi. Ma anche per i Santuari degli altri Stati focolai del virus, Guinea e Liberia.
Cosa intendi per “stavolta”? Mi riferisco all’epidemia del 2000, quella partita dall’Uganda. Allora intere colonie di Scimpanzè furono sterminate dal virus, parliamo di centinaia esemplari. Oggi invece, nonostante l’estensione coinvolga tre Stati e le vittime umane siano di gran lunga maggiori, non abbiamo la corrispondenza che ci saremmo aspettati con i decessi dei primati.
E poi l’Africa dell’Ovest non aveva mai conosciuto Ebola. Non è chiaro come l’ epidemia sia potuta arrivare dal Centro-africa, focolaio delle prime due epidemie nel ’76 e nel 2000. Sappiamo solo che quest’ anno è partita dai distretti di Kenema e Kailahun. Io sono arrivata in Sierra Leone a marzo, ed Ebola già c’era.
Come è cambiata la vostra attività dopo lo scoppio di Ebola? Nonostante il virus non abbia ancora colpito gli animali, ne mette comunque a rischio l’esistenza. Non possiamo più uscire dal territorio del Santuario, fare ricognizioni nella foresta per disinnescare le trappole posizionate dai bracconieri, soccorrere gli esemplari in difficoltà, assistere le popolazioni delle foreste. Inoltre è vietato andare al mercato di Freetown e dai villaggi circostanti per fare rifornimenti di cibo, non ospitiamo più visitatori, nè volontari, nè Scimpanzè. Niente più incarichi di ricerca sul campo da organizzazioni terze. Questo ha determinato il declino del reddito della struttura, che si è ridotto di oltre il 30%.
Come state affrontando l’ emergenza? Tentiamo solo di arrivare in fondo alla giornata. Abbiamo bisogno di sostegno economico e stiamo lavorando moltissimo sulle campagne di adozione degli Scimpanzè. A volte riceviamo delle donazioni che ci permettono di far fronte alle emergenze impreviste. Il Santuario dà lavoro a 23 persone fra biologi, veterinari e keeper, dei quali 20 locali. Fino a prima di Ebola ospitavamo numerosi volontari, che arrivavano soprattutto da Inghilterra e Australia. Per noi era un aiuto prezioso ma adesso non possiamo più accettarne.
Tu, che lavori in mezzo alla malattia, cosa vorresti dire al mondo spaventato da Ebola? Di stare calmi, perchè l’ Italia è in possesso di tutti gli strumenti per gestire la malattia nel caso si verifichi. Il problema sorge dove gli ospedali non sono attrezzati, dove si fa fatica a spiegare alle popolazioni locali che la poca acqua che hanno, devono usarla anche per lavarsi le mani tentando una disinfezione. E dove ancora si fa fatica a far capire che anche i defunti sono infetti e che non bisogna tenerli in casa o nei villaggi.
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