Adriatico: trivelle rischio inutile per mare e pesca

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Pescatori e ambientalisti insieme contro le trivelle

Oltre ai comitati di cittadini e alle associazioni ambientaliste si aggiungono ai contrari alle trivelle anche i pescatori dell’Adriatico.

Infatti Greenpeace e il Coordinamento Pesca dell’Alleanza delle Cooperative Italiane hanno presentato un manifesto per esprimere assoluta contrarietà alla strategia ‘fossile’ portata avanti dal governo Renzi, che mette in forte pericolo l’integrità degli ecosistemi marini e l’intero comparto della pesca.

Il petrolio che potremmo estrarre nel nostro mare non vale un simile rischio, dato che potrebbe sostenere i consumi nazionali solo per qualche mese.

‘Le politiche di gestione della pesca professionale sono sempre più indirizzate verso la sostenibilità dello sforzo di pesca. È inutile dar vita al fermo di pesca, ai piani di gestione per consentire un corretto prelievo delle risorse ittiche, se poi si autorizzano interventi in mare che rischiano di danneggiare pesantemente la fauna marina e con questa l’attività delle imprese della filiera’, afferma il Coordinamento Pesca dell’Alleanza, nel sottolineare che i pescatori sono sempre più chiamati a farsi carico in prima persona dei costi legati ad una riduzione dello sforzo di pesca. ‘Questo può essere, però, vanificato se non vengono tutti chiamati ad un maggiore senso di responsabilità’.

Mettere a rischio la pesca nell’Adriatico non ha senso perché è un settore sviluppato: la produzione ittica  si attesta intorno ai 300 milioni di euro l’anno, offrendo lavoro a circa 10 mila persone, alle quali si aggiungono gli addetti del settore dell’acquacoltura e della mitilicoltura quindi il rischio trivelle non ha senso perché rappresenta una seria minaccia per un sistema già in crisi. 

Greenpeace e il Coordinamento Pesca dell’Alleanza delle Cooperative Italiane chiedono una moratoria per tutte le attività estrattive nei nostri mari e una profonda revisione delle politiche energetiche nazionali, nel rispetto degli impegni presi dall’Italia per contrastare i cambiamenti climatici. Un altolà alle trivelle si giustifica anche nell’interesse reale del Paese, che può e deve puntare su altre fonti energetiche (rinnovabili ed efficienza) e preservare e valorizzare il mare come asset strategico per la sua economia.

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