Riportare in vita le tartarughe estinte
Gli scienziati sono al lavoro per rigenerare le tartarughe delle Galápagos che non esistono più
Lonesome George (in italiano: George il Solitario) era l’ultima delle tartarughe giganti di Pinta Island, una delle più piccole isole dell’arcipelago delle Galápagos: è morto nel 2012 dopo aver vissuto per oltre cento anni. Quella morte ha segnato l’estinzione della sua specie. Forse.
O forse so. Forse, anche se Lonesome George è andato, c’è una possibilità di salvare le tartarughe giganti di Pinta Island.
Gli scienziati, infatti, si sono messi al lavoro per rigenerare la specie Chelonoidis abingdonii, riportando in vita queste tartarughe dal carapace a sella e dal lungo collo. L’idea per questo progetto è partita dal ritrovamento di alcuni esemplari loro affini su un’isola vicina; con un attento allevamento, i biologi sperano di reintrodurre le tartarughe nell’isola su cui si erano evolute.
In origine, pare che fossero ben otto le specie di tartarughe delle isole Galápagos, ma nel tempo tre di queste si sono estinte: da una popolazione complessiva di 2.500 esemplari, prima della scoperta dell’America, si è scesi al numero minimo di 3.000 nel 1970. Tra gli scempi ambientali e umani che hanno portato a questa drastica riduzione, c’è anche il fatto che, nel XIX secolo, per avere una fonte duratura di proteine a bordo delle navi, venivano caricate le tartarughe per poterle mangiare. Queste testuggini, infatti, possono andare avanti anche un anno senza cibo né acqua: una caratteristica che le rendeva perfette per diventare cibo nei lunghi viaggi in mare.
È probabile che proprio questa turpe pratica abbia dato agli scienziati la possibilità di riportare in vita la Chelonoidis abingdonii. I marinai del XIX secolo, infatti, preferivano le tartarughe «a sella», rispetto alle loro cugine tartarughe «a cupola» perché pare che fossero più avvicinabili – oltre che più apprezzate – e, molto spesso, dopo averle caricate in nave, alla bisogna – ovvero quando non gli servivano più – le scaricavano da qualche parte, soprattutto nei dintorni marini dell’isola Isabela, la più grande delle Galápagos. Grazie al loro lungo collo, molte tartarughe sono state in grado di «nuotare» per arrivare sull’isola e fondare una colonia strettamente legata alla stirpe di cui Lonesome George è stato l’ultimo esemplare.
Nel 2008, era stato scoperto che 17 delle tartarughe dell’isola Isabela possedevano un’alta somiglianza di DNA con le tartarughe di Pinta Island; così, il mese scorso, gli scienziati sono tornati sull’isola con l’intento di separare questi esemplari dagli altri e creare, attraverso un allevamento controllato, tartarughe che possiedono il 95% del codice genetico di quelle estinte.
Sarà un bene per l’ecosistema dell’isola, per l’ambiente e per la memoria del solitario George.
EC
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