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Trattamento oli minerali usati: l’Italia ha già superato le misure UE previste per il 2025

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Queste 10mila tonnellate avrebbero potuto inquinare una superficie pari a 50 volte il Lago di Garda

In un solo anno la raccolta di oli minerali usati è passata da 167mila a 177mila tonnellate: un aumento del 7%. Da punto di vista ambientale il conto è presto fatto: se fossero state tutte sversate in acqua, queste 10mila tonnellate avrebbero potuto inquinare una superficie pari a 50 volte il Lago di Garda. L’incremento è dovuto anche al consumo di lubrificanti nel nostro Paese, che dopo anni di flessione ha registrato nel 2016 un aumento del 4,4%.

Sono alcuni dei dati che emergono dal Green Economy Report del Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati (CONOU), curato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e presentato a Ecomondo.

Le imprese del sistema CONOU hanno recuperato il 44% del totale immesso al consumo in Italia: un dato vicino al 100% del potenziale raccoglibile, considerando che una parte rilevante degli oli si consuma durante l’utilizzo. Delle 177.000 tonnellate di oli usati gestite, 173.000 (il 98%) sono state conferite alle imprese di rigenerazione operanti nel sistema consortile; ciò ha consentito la produzione di 116mila tonnellate di basi rigenerate e 32mila tonnellate di prodotti come bitumi e gasoli. La percentuale di oli avviati alla rigenerazione si è confermata a livelli record, rafforzando ulteriormente il primato europeo dell’Italia in questo particolare settore: il nostro Paese ha già superato, con ben 8 anni di anticipo, la soglia dell’85% prevista dal Pacchetto sull’Economia Circolare di Bruxelles. Gli oli usati avviati a recupero nel 2016 hanno inoltre consentito, grazie alle importazioni di greggio evitate, un risparmio di circa 47 milioni di euro sulla bilancia petrolifera.

I risultati del CONOU hanno contribuito a ridurre, in misura significativa, anche le emissioni di CO2 e i consumi di acqua, materia e suolo, dando vita a un bilancio ambientale netto positivo misurato attraverso quattro parametri: 40 mila tonnellate di emissioni di CO2 equivalente evitate (Carbon footprint), un contributo pari alle emissioni medie di 24 mila veicoli del parco circolante nazionale; 473 mila metri cubi d’acqua risparmiati (Water footprint), un volume equivalente a 190 piscine olimpioniche; 240 mila tonnellate di risorse naturali, fossili e minerali, non consumate (Material footprint), un peso che avrebbe bisogno di 10 mila autobotti per essere trasportato; 717 ettari di territorio risparmiati (Land footprint), una superficie di territorio che consentirebbe la produzione di circa 2.500 tonnellate di grano.

“Questi numeri – spiega il Presidente del CONOU, Paolo Tomasi – testimoniano tutti i vantaggi della circular economy degli oli minerali usati gestiti dal Consorzio. Negli ultimi mesi è cambiato il nostro nome e sono diventati ancora più forti il progetto, l’innovazione e il gioco di squadra; lo dimostra il deciso aumento dei quantitativi di raccolta, unito a una qualità che si mantiene alta consentendo una percentuale di rigenerazione vicina al 100%. CONOU sarà espressione di una filiera che punterà sempre a migliorarsi: in questi anni siamo cresciuti tutti insieme e vogliamo incrementare ulteriormente le nostre performance”.

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CONOU, Ecomondo, Oli minerali, riciclo, rifiuti

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