Speciale bufale alimentari: dal sale rosa dell’Himalaya alla quinoa

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Facciamo chiarezza tra verità e menzogne grazie al Prof. Giorgio Donegani

Ogni giorno il web regala preziose informazioni e bufale clamorose. L’unica soluzione, per orientarsi, è confrontarsi di tanto in tanto con un esperto e approfondire.

Per questo, abbiamo intervistato il Prof. Giorgio Donegani che, in occasione di “Fa’la cosa giusta” 2018, ha tenuto l’incontro “Nell’era dei fake anche la farina bianca diventa una bufala” allo stand di MilanoRistorazione.

Il Prof. Donegani è un tecnologo alimentare, esperto di Educazione alimentare e Scienze dell’Alimentazione, consigliere di Food Education Italy – Fondazione Italiana per Educazione Alimentare e membro del comitato tecnico scientifico “Cibo e Scuola” del MIUR. Ha contribuito alla redazione delle Linee Guida per l’Educazione Alimentare nella Scuola Italiana, emanate dal MIUR.

 

Quanto di frequente accade che il web diffonda bufale alimentari?
Purtroppo oggi il fenomeno delle bufale alimentari ha raggiunto proporzioni allarmanti: non solo sono molto frequenti, ma ciò che distingue il web dalla carta stampata è la permanenza: se compare una bufala su un giornale, a meno che non venga ripresa di continuo con le successive uscite, finisce rapidamente nel dimenticatoio. Ciò che viene pubblicato sul web, invece, ci rimane per sempre, con la possibilità di essere intercettato dai motori di ricerca e di ricomparire di continuo all’attenzione di un pubblico rinnovato. Non è difficile imbattersi in bufale datate anche più di un decennio che, anziché scomparire dall’attenzione generale finiscono, grazie a questo meccanismo, per radicarsi e diffondersi come finte verità sempre più difficili da confutare.

 

Quali sono le più clamorose?
È difficile fare una classifica delle bufale più clamorose. In linea di massima sono quelle che trovano spazio contro ogni evidenza scientifica e contro ogni semplice esercizio di buon senso, andando a incidere pesantemente sulle scelte di consumo, con riflessi spesso pesanti anche a livello del mercato. In questo senso è emblematico il caso dell’olio di palma, gonfiato strumentalmente in Italia senza che l’idea di boicottarlo fosse avvallata da motivazioni serie di tipo salutistico e da una comunicazione corretta relativa alle questioni di sostenibilità. Spiace vedere come, salvo poche eccezioni, la grande distribuzione e l’industria alimentare, anziché farsi carico della responsabilità di sostenere scelte produttive vantaggiose per tutti, e in particolare per i consumatori, abbia preferito cavalcare l’onda emotiva scatenata ad arte, e abbia deciso di sfruttare l’ingiustificata impopolarità di cui si è caricato questo prodotto per conseguire vantaggi di mercato.

 

Anche il caso della farina bianca è significativo: come si può definirla un “veleno” proprio in Italia, dove mangiando una media di 28 kg di pasta all’anno, 35 kg di pane e 8 kg di pizza, siamo il secondo popolo più longevo al mondo?

E anche il caso delle carni rosse fa pensare: tacciate di essere “cancerogene come le sigarette” (cito testualmente il titolo di un giornale) non sono mai state definite tali dallo IARC, l’agenzia europea di ricerca sul cancro che, anzi, indica come un consumo inferiore ai 500 g la settimana (un livello altissimo, molto distante dalle nostre abitudini) non comporti alcun rischio per la salute.

 

Durante la conferenza di Milano ha parlato di casi come quello del “sale dell’Himalaya”. Esiste davvero? Ma soprattutto fa anche più bene del sale “normale”? Qual è il sale migliore?

A sentire chi ne sostiene la vendita, il “rarissimo” sale rosa dell’Himalaya (ormai presente in ogni supermercato) potrebbe da solo sostituire buona parte di ciò che si tiene in farmacia: contrasta la ritenzione idrica e l’ipertensione, equilibra l’acidità cellulare, migliora le funzioni intestinali, combatte i crampi, rende le ossa più forti, protegge i reni e garantisce persino un buon sonno, ma ciò che più colpisce è che “offre un aiuto naturale in più dal punto di vista del desiderio sessuale.” Insomma un qualcosa che sta a metà tra il Viagra e la mitica crema Prep, buona per fare la barba, ma anche come abbronzante e callifugo… Più che un concentrato di virtù, però, il sale dell’Himalaya si è rivelato un concentrato di bugie. A cominciare dall’origine dichiarata: non viene dall’Himalaya ma da una miniera del Salt Range in Pakistan. Ma sarebbe il meno: innumerevoli analisi hanno dimostrato che, colore a parte (è dovuto a insignificanti tracce di ruggine), quello dell’Himalaya è semplicemente… sale, in tutto simile a quello che siamo abituati a usare da sempre. Composto da cloruro di sodio per il 97%, contiene per il resto delle impurità che non hanno alcun interesse, e non è nemmeno iodato… non c’è motivo alcuno di preferirlo al normale sale marino iodato che rimane la scelta migliore sul piano della salute (posto comunque che il consumo di sale va limitato) e anche la più economica.

 

A proposito della farina bianca e del latte, si tratta di veleni? Se non sono veleni, in ogni caso fanno male?

Tra i cosiddetti “veleni bianchi”, oltre alla farina viene anche citato il latte. Due alimenti che da sempre appartengono alla nostra tradizione alimentare. Stiamo ai fatti e non alla suggestione delle fake news: la farina bianca è costituita in gran parte da amido (la nostra più importante fonte di energia) e fornisce un buon quantitativo di proteine. Quale sarebbe dunque il suo peccato? È un alimento ad alto indice glicemico: fa innalzare velocemente la glicemia provocando un rapido rilascio di insulina e questo – è dimostrato – predispone a sovrappeso e obesità. Ma chi si nutre di farina tal quale? È ingrediente del pane, come la semola lo è della pasta, e basta accompagnare il loro consumo con verdure, oppure carne, pesce, formaggio, olio, per abbassare drasticamente il carico glicemico dei pasti. Problema risolto.

Quanto al latte, le linee guida per l’alimentazione della popolazione italiana consigliano di berne almeno due porzioni al giorno, cioè circa un quarto di litro, e non è poco. Il consiglio viene dal fatto che è una fonte importante di calcio oltre che un alimento con un profilo nutritivo decisamente interessante: fornisce proteine di alto valore biologico, dà energia attraverso il lattosio, contiene grassi particolarmente digeribili che veicolano anche buone quantità di vitamina A. Le accuse che gli vengono mosse, prima tra tutte quella di favorire alcuni tipi di cancro non hanno fino ad oggi trovato nessuna conferma, motivo per cui nemmeno l’AIRC, l’associazione italiana di ricerca sul cancro invita a eliminarlo dalla dieta. Ciò che stupisce in genere nell’atteggiamento di chi divide troppo schematicamente gli alimenti in “buoni” e “cattivi” è il fatto di non considerare mai il concetto di dose. Paracelso secoli fa affermava che è proprio la dose a fare la differenza tra medicina e veleno e aveva ragione: anche il migliore degli alimenti se mangiato in quantità esagerate può produrre effetti negativi. Senza dimenticare che non siamo comunque tutti uguali: la farina integrale che viene esaltata come sostituto “sano” di quella bianca, per i bambini può invece risultare una scelta inadatta, così come per chi soffre di intestino irritabile. Allo stesso modo, il latte deve essere evitato da chi è allergico alle sue proteine, oppure fortemente intollerante al lattosio, ma è un alimento prezioso per la maggior parte delle persone.

 

L’introduzione della dieta vegana ha aperto la porta a nuovi cereali, come la quinoa o l’amaranto. Sono super cibi o, semplicemente, godono di popolarità per il solo fatto di essere esotici?

L’esotismo è un indiscutibile elemento di fascino: ciò che per noi è nuovo e sconosciuto è più facile da presentare in modo falsato esagerandone le eventuali virtù e nascondendone i possibili difetti. Quinoa e amaranto sono due alimenti come tanti altri, che devono il loro successo soprattutto a strategie di comunicazione aggressive e poco attente alla verità dei fatti. Se da un lato la quinoa apporta quantità notevoli di proteine e di amido, insieme a minerali e grassi polinsaturi, dall’altro lato contiene anche una serie di sostanze indesiderate che ne sconsigliano il consumo troppo frequente: gli ossalati inibiscono l’assorbimento di diversi minerali, così come i fitati, mentre le saponine favoriscono la comparsa di intolleranze. In fin dei conti le parole d’ordine per impostare in modo sano il nostro rapporto con il cibo sono poche e semplici: varietà e moderazione.

 

Che conseguenze ha, per gli stati che li producono, l’esplosione di fenomeni mediatici? Ci basta qualche esempio.

A volte non ce ne rendiamo conto ma i comportamenti irrazionali scatenati dai fenomeni mediatici possono avere effetti devastanti lontano da noi. Proprio la quinoa può esserne un esempio: in Bolivia ormai si preferisce destinarla all’esportazione sottraendo risorse alimentari alla popolazione locale più povera, inoltre l’enorme richiesta da parte dei mercati occidentali ha incentivato metodi di produzione intensiva molto poco attenti all’ambiente, senza contare che alla coltivazione di quinoa si dedica sempre più terra prima destinata ad altri prodotti, e che persino la fauna locale ne sta risentendo pesantemente. Per tronare a un altro esempio già citato, l’enorme richiesta di sale dell’Himalaya ha portato a intensificare il lavoro di estrazione dalle miniere con un salto indietro sul piano dei diritti umani: sono tanti i bambini costretti a lavorare in miniera in condizioni disumane per soddisfare il nostro desiderio di esotismo in tavola.

 

Quali sono gli alimenti che, senza ombra di dubbio, fanno bene ma talvolta trascuriamo?

Dati interessanti in questo senso sono stati presentati di recente dal dott. Andrea Ghiselli, del CREA, in occasione della manifestazione “Nutrimi” di Milano. Tra le indicazioni che si dovrebbero seguire per guadagnare in salute ci sarebbero certamente: aumentare il consumo di cereali integrali, mangiare più frutta a guscio, mangiare più frutta e verdura fresche (arrivando alle famose 5 porzioni al giorno), consumare un po’ più legumi, un po’ più latte e anche un po’ più omega 3 (presenti nel pesce). Come si vede sono indicazioni facili da seguire e in linea con quanto suggerisce la dieta mediterranea.

 

Quali differenze dovrebbero esserci tra la dieta di un bambino e un adulto, ammesso ci debbano essere? I bambini possono avere un regime alimentare vegano o vegetariano?

È un grave errore considerare un bambino come un piccolo adulto . Ogni età si caratterizza per specifiche esigenze nutrizionali e quelle dei bambini sono molto diverse da quelle degli adulti. Particolarmente nei primi tre anni di vita, hanno bisogno di tutto ciò che serve a garantire la perfetta formazione dei tessuti corporei. In proporzione, rispetto all’adulto, i piccoli hanno bisogno di più grassi, un po’ meno proteine ma della migliore qualità possibile (ricche di tutti gli aminoacidi essenziali), ed eventuali carenze vitaminiche e di minerali possono rivelarsi particolarmente pericolose nelle prime fasi della vita. In questo senso, il riferimento ai regimi vegetariano e vegano merita particolare attenzione: la dieta vegetariana, che integra latticini e uova, sì è dimostrata perfettamente compatibile con le necessità delle crescita e in grado di garantire la salute dei bambini, a patto che sia condotta seguendo giusti criteri di equilibrio e varietà, mentre la dieta vegana, soprattutto se imposta nei primi anni di vita, è decisamente più complessa da attuare e richiede indispensabili integrazioni farmacologiche, in particolare di vitamina B12 per dare al piccolo la possibilità di sviluppare le sue facoltà intellettive e crescere sano. L’alimentazione vegana, che si può senza dubbio comprendere sotto il profilo di una scelta etica, non può essere presentata come il regime ideale per un organismo onnivoro come quello umano. Gli adulti che oggi fanno professione di fede vegana portano spesso il loro buono stato di salute a evidenza della giustezza della loro scelta, ma si dimenticano di non aver dovuto subire da piccoli uno svezzamento vegano e di avere avuto invece a disposizione tutto ciò che è servito loro per maturare organi sani, un sistema nervoso che funziona, e costruire un fisico tanto robusto da sopportare senza danni importanti le privazioni e gli scompensi cui lo sottopongono oggi.

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