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Le conseguenze del «flight shaming»

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In Europa diminuiscono i numeri di chi prende l’aereo per i viaggi a breve percorrenza – soprattutto in Germania

Per sensibilizzare il mondo sugli effetti delle emissioni causate dagli aerei, come corollario ai tanti movimenti nati negli ultimi tempi, si afferma il «flight shaming», ovvero (letteralmente) la vergogna di volare. Meglio prendere il treno – o la barca a vela, come ha fatto Greta Thunberg per andare negli Stati Uniti.

Bloomberg rivela che il «flight shaming» sta avendo delle ripercussioni in Europa, soprattutto in Germania, visto che i numeri dicono che i voli a corto raggio tra le città tedesche sono diminuiti in modo significativo – e anche i voli in Europa sono scesi un po’ – mentre i voli a lungo raggio non sono cambiati di molto.

Questo vuol dire che nelle persone si sta veramente facendo spazio una coscienza dei cambiamenti climatici e di quello (anche piccolo ma simbolico) che si può fare per evitare di inquinare: volare è una delle forme di viaggio peggiori in questo senso.

Il motivo per cui il fenomeno è cresciuto in Germania più che in altri paesi potrebbe essere perché il paese ha subito una serie di eventi meteorologici estremi che lo hanno visto schiacciato sotto ai temporali e attonito di fronte a conseguenze come quella del fiume Reno che si sta prosciugando.

Di fatto, quello che si vede nei numeri è che, mentre sempre meno persone prendono gli aerei per i viaggi in Europa di meno di quattro ore, sempre più persone prendono il treno.

Il suggerimento di molti è che, visto che questa cosa sta funzionando e visto che i viaggi a corto raggio sono davvero i peggiori dal punto di vista ambientale (i voli più brevi sono quelli che rilasciano più carbonio nell’atmosfera per chilometro volato), anche i politici facciano qualcosa al riguardo: magari tassandoli maggiormente o magari trovando altre soluzioni.

 

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