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Vaticano: inchiesta, il ‘ricatto’ di Torzi davanti al Papa a udienza Santa Marta 26 dicembre 2018 (2)

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(Adnkronos) – Nella stessa occasione ci sarebbe stata una riunione, che aveva al centro la trattativa in corso con la Segreteria di Stato Vaticana per convincere il banker a cedere le mille azioni (le uniche con diritto di voto) della Gutt Sa con la quale aveva rilevato da Raffaele Mincione (per conto del Vaticano) le quote della società che deteneva l’immobile di Londra. All’incontro avrebbero partecipato, a quanto emerge dalle indagini, monsignor Edgar Pena Parra, Sostituto della segreteria di Stato Vaticana, Giuseppe Maria Milanese, che agiva nell’interesse della Segreteria, l’avvocato Manuele Intendente e Renato Giovannini, rettore vicario Università Guglielmo Marconi, mentre anche il Papa avrebbe fatto una rapida comparsa.

Secondo quanto riferito da uno dei testimoni agli inquirenti vaticani, Torzi in quella circostanza si sarebbe detto disponibile a rinunciare alle mille azioni che di fatto gli consentivano la piena disponibilità dell’immobile di Londra previo risarcimento delle spese e con un piccolo margine di guadagno, costi che in un successivo incontro sarebbero stati quantificati in 3 milioni di euro. Tuttavia, nonostante l’accordo preso davanti al Papa, Torzi non avrebbe restituito le azioni residue della Gutt Sa.

La sua strategia sarebbe emersa invece nel corso di una riunione successiva nello studio di Giovannini. Milanese avrebbe spiegato agli inquirenti di aver immediatamente percepito che Torzi non voleva mantenere gli impegni presi, anche perché, si spiegò in quell’occasione, più persone erano state coinvolte nell’operazione. Tra l’altro, Milanese avrebbe anche chiarito come nel corso di quell’incontro fosse venuto a sapere che somme di denaro erano state date o promesse anche ad “altri” non meglio specificati e che Enrico Crasso, gestore delle finanze della Segreteria di Stato attraverso Sogenel Capital Holding, e Fabrizio Tirabassi, responsabile dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, qualche giorno prima in un incontro a Milano avessero offerto all’imprenditore 9 milioni di euro per riprendersi le azioni.

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