Obesita’: una minaccia per i bambini che si combatte mangiando pesce e camminando

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L’Ospedale pediatrico Bambin Gesù da i consigli alle famiglie con piccoli a carico per evitare complicazioni al fegato e obesità: mangiare pesce e fare movimento. Il pesce è uno sgrassante del fegato e il movimento previene molte complicazioni. la pediatria di base offre spunti e teorie utili a prevenire queste complicazioni


 
Rappresenta una seria minaccia e se associata ad altre complicanze come il fegato grasso, l’ipertensione, l’iperglicemia o l’abuso di alcol sin da giovanissimi, può significare vedere le proprie aspettative di vita ridotte di 15 anni. Si tratta dell’obesità che colpisce un bambino su 3 (in Italia ci sono alcune regioni, la Campania ad esempio, in cui la percentuale di bimbi obesi sfiora il 49%) e che sta diventando una delle principali cause di morte precoce. La condizione di obesità legata ai problemi del fegato accresce il rischio di sviluppare diabete e cardiopatie ischemiche in età molto più precoce di quanto si possa pensare: se è vero, infatti, che più è lungo il tempo in cui si è obesi maggiori sono i danni per l’organismo, allora essere obesi sin da bambini e rimanerlo fino all’età adulta si traduce in una drastica riduzione delle attese di vita.
 
 
“Un bambino obeso ha un’elevata probabilità di avere un fegato grasso e altri problemi cronici e progressivi (infiammazione, steatosi, fibrosi) che compromettono la struttura dell’organo stesso fino alla perdita totale della sua funzione” – sottolinea Valerio Nobili, Responsabile Epatopatie metaboliche e autoimmuni dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù che porterà l’esperienza dell’Ospedale in campo pediatrico di fronte ai 18.000 addetti ai lavori della 19a edizione della Settimana Internazionale di Gastroenterologia di Stoccolma (22-26 ottobre 2011), congresso mondiale nel quale saranno affrontate tutte le patologie che coinvolgono intestino e fegato e quindi anche i problemi che continuano a destare un crescente allarme sociale come l’obesità.
 
 
“Nel nostro Paese – prosegue Nobili – si stima circa un milione di bambini con fegato grasso, ai quali vanno aggiunti quelli con sindrome metabolica (quindi a rischio di infarcire il fegato di grasso) e i bambini obesi, esposti allo stesso identico rischio. La risultante di questo processo sarà una sensibile riduzione della spettanza di vita, un impennarsi della spesa sanitaria per le cure richieste da questa patologia e un numero sempre più grande di adolescenti col fegato compromesso che saranno adulti malati e quindi ancor più bisognosi di cure mediche”.
 
 
Se per la vastità e la rapida crescita del fenomeno, l’obesità associata ai problemi del fegato è una delle cause di morte precoce, al tempo stesso è una condizione prevenibile: “Unendo gli sforzi di istituzioni e pediatri – conclude l’esperto del Bambino Gesù – si può far si che nelle scuole vengano proposti menù ad hoc ricchi anche di pesce che agisce come una sorta di “sgrassante” naturale per il fegato; si possono promuovere stili di vita salutari, spostamenti a piedi e attività fisica individuando spazi adeguati. Si tratta di un impegno – anche economico – consistente,  ma che può abbattere il costo sociale futuro, infinitamente più alto, di milioni di giovani adulti malati. E per sostenere questo impegno, facendo prevenzione strutturata, in Italia disponiamo di uno strumento unico al mondo: la pediatria di base”.
 
 
E oggi la prevenzione si fa anche con un logaritmo: per predire la fibrosi epatica nei bambini, una delle più temibili complicanze del fegato grasso, basta la combinazione di tre parametri, girovita, livello di trigliceridi a digiuno, età. La formula matematica sviluppata da un gruppo di ricerca coordinato dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ora utilizzata in tutta Italia, permette – a seconda del risultato – di evitare il ricorso alla biopsia al fegato, un test diagnostico sicuramente invasivo ma l’unico, finora, in grado di confermare la presenza della malattia. (com)
 
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