Falso ‘Bio’, il mercato cresce a vista d’occhio

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Il mercato bio in Italia cresce molto, ma in parallelo crescono truffe e illegalità. Che fruttano, in molti casi alla criminalità organizzata, circa 500 milioni di euro l’anno. Tra le contraffazioni il pistacchio di bronte, le arance, i limoni, i carciofi

Cinquecento milioni di euro. A tanto ammontano i profitti sul territorio italiano delle vendite di falsi prodotti “bio”. Una somma enorme, che dà la misura di quanto il mercato del “biologico” sia ormai diffuso nel nostro Paese e, di conseguenza, di quanto si sia sviluppato un mercato parallelo e illegale. La Regione più danneggiata da queste truffe è la Sicilia, il luogo in cui l’agricoltura biologica può contare sulle maggiori superfici coltivate.

I prodotti più contraffatti sono quelli simbolo di questa terra: l’olio extravergine d’oliva DOC che viene “taroccato” importandolo dalla Tunisia, il pistacchio di Bronte “iraniano”, le arance “bio” che in realtà possono anche arrivare dal Marocco, i limoni “argentini”, i carciofi DOP che sono invece in molti casi coltivati in Egitto. Niente a che vedere con le reali produzioni italiane “biologiche”, insomma. Il mercato, purtroppo, è florido e in molti casi è alimentato dalla criminalità organizzata. Questo perché i profitti del “bio” in Italia sfiorano i 3 miliardi di euro: soldi che piacciono alle mafie.

Il meccanismo di truffa nella produzione è tanto semplice quanto diabolico: un coltivatore dichiara di produrre 50 chilogrammi di ortaggi per ogni metro quadrato in un terreno che ha invece una capacità produttiva di 10 chilogrammi. E i restanti 40 chili li fa arrivare dai campi ad agricoltura convenzionale, spesso coltivati con l’utilizzo di pesticidi e senza alcuna garanzia biologica. “Bio” è bello, ma solo quando è a norma…

Giacomo Gallo


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