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Fungo killer del basilico: alla ricerca del metodo per sconfiggerlo

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Un ricercatore ligure emigrato e’ alla ricerca dei metodi per sconfiggere il fungo killer del basilico. Serve presto una soluzione o si rischiano notevole aumenti sul pesto 

Niente basilico a causa di un fungo killer. Ripercussioni, inevitabili, anche sul pesto alla genovese. A provare a dare una soluzione a questo problema è il  Angelo Garibaldi, un tempo un ligure emigrato, oggi Professore Emerito e Presidente di Agroinnova, il Centro di Competenza per l’Innovazione in campo agro-ambientale. Angelo Garibaldi è più che mai  impegnato a fondo per trovare la soluzione ad una nuova terribile malattia del basilico: la Peronospora belbahrii.             

Angelo Garibaldi ne ha parlato a lungo lo scorso sabato 4 ottobre ad Albenga nel corso di un incontro tecnico al quale hanno preso parte oltre 120 agricoltori e operatori del settore, organizzato dalla Società Agricola Consortile “Compagnia del Basilico”. L’incontro ha inteso fare il punto su questo grave problema, anche alla luce del recente dibattito scatenatosi a seguito della notizia di una richiesta formale della Regione Liguria al Ministero della Salute, sollecitata da una parte dei coltivatori di basilico, per l’impiego di nuovi agro-farmaci con cui combattere la malattia. Il tema, estremamente “caldo”, unito alla posizione di Agroinnova a favore dell’impiego – quando possibile – di metodi alternativi agli agro-farmaci e più sostenibili ha portato addirittura recentemente ad una interrogazione parlamentare promossa da alcuni deputati del PD al Governo per conoscere nel dettaglio la situazione in Liguria e disincentivare un uso non regolamentato dei prodotti chimici.

E’ un dato di fatto che le Peronospore siano malattie estremamente violente e pericolose. Basti pensare che nel 1840 arrivò in Irlanda una versione del fungo che aggrediva le patate, allora principale alimento dei suini e, insieme agli stessi maiali, alla base anche della dieta degli uomini. A causa della carestia che ne seguì un milione e mezzo di irlandesi su circa otto milioni di abitanti morì, mentre un altro milione e mezzo emigrò in cerca di fortuna, tra cui gli antenati dei Kennedy, tanto che esiste oggi un modo di dire fra gli addetti ai lavori che cita: “Se non fosse stato per la Peronospora, gli Stati Uniti non avrebbero avuto un Kennedy Presidente”.

Aneddoti a parte, Angelo Garibaldi ha spiegato agli agricoltori presenti all’incontro come non esistano “bacchette magiche” e come la salvezza da questa terribile malattia possa giungere solo da un impiego integrato di strategie di difesa, di cui gli agro-farmaci costituiscono solo una parte. L’uso delle sostanze di sintesi, inoltre, dovrebbe essere il più possibile contenuto: il loro impiego favorisce infatti la nascita di ceppi resistenti del parassita, che obbligano quindi a trattamenti sempre più massicci, o addirittura allo studio di nuovi agro-farmaci ancora più specifici e selettivi, in una spirale che può rivelarsi dannosa anche per il consumatore finale, che rischia di trovare residui chimici nei prodotti trasformati, in primis nel pesto.

Si potrebbe richiedere certamente l’autorizzazione di estensione di etichetta per alcuni agro-farmaci  esistenti, rendendo allo stesso tempo obbligatorio però che i trattamenti avvengano lontano dalla raccolta per rispettare le indicazioni di legge . Questa soluzione tuttavia è poco praticabile, in quanto il basilico  viene spesso raccolto nel tempo in maniera scalare per poi venire immediatamente ripiantato per cui separare anche fisicamente queste fasi diventa molto complicato.

“Il problema va affrontato sotto diversi punti di vista – ha spiegato Garibaldi ad un pubblico estremamente attento. In primo luogo collaborando con le aziende sementiere – dal momento che sono i proprio i semi il principale veicolo di propagazione della peronospora. Accordi che prevedano il rifornimento di semi da aziende italiane dotate dell’esperienza sufficiente per contenere scoppi di epidemie, piuttosto che da Paesi stranieri nei quali la malattia è presente da lungo tempo certo sarebbe un primo importantissimo passo avanti. Come Agroinnova abbiamo analizzato alcune partite di semi che presentavano anche fino al  10% di  materiale infetto. In queste condizioni non c’è scampo dalla malattia se si pensa che per diffonderla è sufficiente un seme infetto su 1.000. La concia – ovvero il risanamento – del seme con aria calda a 65° fornisce già una protezione all’80% contro il fungo”.

E’ infatti emerso dall’incontro, per voce degli stessi agricoltori, che le industrie sementiere per ora stanno alla finestra e non si sono attivate in modo significativo per intraprendere trattamenti di concia. Questo atteggiamento è stato fortemente criticato dai coltivatori presenti, che avvertono la necessità di soluzioni sostenibili e, aspetto non secondario, di tecnici preparati in grado di consigliarli al meglio.

“A questo primo intervento – ha continuato Garibaldi – si aggiungono poi il possibile impiego di oli essenziali sotto forma di vapore (come timo e santoreggia) e la concimazione condotta con prodotti a base di fosforo (fosfiti) i quali, dalle ricerche condotte, hanno dimostrato di poter fornire un’ ulteriore protezione. Bisogna poi evitare di creare condizioni favorevoli alla diffusione del fungo: ad esempio non irrigare a pioggia, ma in modo localizzato, quando possibile”.

La soluzione sta dunque nella ricerca applicata, che ad Agroinnova viene condotta da molti anni anche nell’ambito di Progetti Europei, cercando di minimizzare l’impatto sul consumatore finale. Non è un caso che dal 2011 il Centro coordini un progetto Europeo da 6 milioni di Euro sulla biosicurezza – denominato PLANTFOODSEC, che si occupa proprio di trovare soluzioni sostenibili all’introduzione di parassiti nelle colture della UE, Italia inclusa. Al tempo stesso Agroinnova è partner di un altro progetto europeo, denominato TESTA, incentrato sullo sviluppo di metodi di trattamento dei semi a basso impatto ambientale per evitare la trasmissione delle malattie attraverso l’uso di seme infetto.

“Sono felice – ha concluso Garibaldi – che gli agricoltori liguri si siano rivolti al Centro da me presieduto, ricordando spero  tutto il lavoro svolto in Liguria dal mio gruppo a partire dal 1959, quando ancora studente muovevo proprio ad Albenga  i miei primi passi da ricercatore universitario.  Sarà una lotta ancora lunga quella contro la peronospora del basilico , ma solo con risposte tecnologiche sostenibili per l’ambiente e con la collaborazione di bravi tecnici locali come Giorgio Bozzano e Pietro Pensa che operano in zona con le  aziende sementiere, potremo salvaguardare al meglio sia le coltivazioni di basilico, sia i consumatori”.

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