Frutta e verdura a Km0: conviene realmente?
Sceglier frutta e verdura a km0 conviene realmente? I prodotti che viaggiano, perdono le proprieta’ nutrizionali?
Da un punto di vista strettamente nutrizionale, non ha senso parlare di cibi a km0 in quanto questo concetto (in inglese food miles) è stato coniato recentemente per valutare l’impatto ambientale di cibi importati che percorrono migliaia di chilometri prima di arrivare sulle nostre tavole. Verrebbe da chiederci: ma se una mela, o una zucchina percorrono migliaia di chilometri prima di essere mangiate, non perdono nutrienti nel percorso? In realtà il problema del cibo proveniente da paesi molto lontani dal nostro è relegato più che altro a qualche decennio fa, dove i trasporti non erano così efficienti sia dal punto di vista del mantenimento che della velocità. Oggi un prodotto può percorrere migliaia di chilometri in pochissimo tempo ed arrivare fresco nelle nostre tavole. Inoltre, i miglioramenti tecnologici hanno reso il trasporto di generi alimentari sicuro e in grado di preservare le proprietà nutrizionali e organolettiche dei prodotti.
Da un punto di vista scientifico non ha neanche senso parlare di cibo a km0 come cibo ecologicamente sostenibile. Uno studio recente commissionato dal DEFRA (Ministero dell’ambiente e dell’agricoltura britannico) ha messo in luce come utilizzare un indicatore di inquinamento ambientale basato solamente sui chilometri percorsi dal cibo è poco attendibile. Questo perché buona parte dell’impatto ambientale è dato dal consumatore che si sposta con i propri mezzi per andare ad acquistare i prodotti. E’ più conveniente quindi andare a comprare il cibo in un supermercato che effettuare più viaggi per andare a comprare da aziende più piccole. Questo se ci soffermiamo solo sul concetto dei “food miles”. Se poi estendiamo il discorso alle qualità organolettiche del cibo, al costo dei prodotti e al sostentamento dell’economia locale allora può “convenire” comprare dal produttore locale. Inoltre, è stato visto anche che produrre cibo localmente può comportare spese e impatto ambientale maggiori, molto spesso perché le piccole aziende sono meno efficienti di quelle grandi e perché il clima costringe a produrre in serra quei prodotti.
E’ molto difficile quantificare l’impatto ambientale sulla produzione dei cibi e ridurla semplicemente ai chilometri che percorre prima di arrivare sulle nostre tavole è troppo semplicistico. A proposito mi preme menzionare uno studio del 2008 condotto dal Department of Civil and Environmental Engineering and Department of Engineering and Public Policy a Pittsburgh che paragona l’impatto ambientale del cibo prodotto in serra rispetto a quello che percorre migliaia di chilometri. L’emissione di gas serra è predominante nella fase di produzione del cibo rispetto alla fase di trasposto su larga scala. Inoltre conclude ponendo l’attenzione sul tipo di cibo prodotto. Ad esempio, i metodi di ottenimento della carne rossa hanno un impatto ambientale del 150% in più rispetto al pollo, al pesce e ai vegetali. Per questo, un approccio più ecosostenibile sarebbe quello di consumare meno carne rossa a favore di pollo, pesce, uova, frutta e verdura. Un miglioramento della dieta comporta anche un miglioramento dello stato di salute e questo si riflette in una riduzione di molte malattie. Sono altri i problemi che mettono a rischio l’ecologia del nostro pianeta, non di certo i chilometri percorsi dal cibo!
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