Il rapporto degli italiani con il cibo? Sono sempre più attenti, ma fanno troppe “autodiagnosi”
Vizi e virtù degli italiani a tavola. Stiamo cambiando, spesso in meglio, ma commettiamo ancora qualche leggerezza
Come sono cambiati gli italiani a tavola? Come si sentono di fronte allo specchio? A cosa stanno attenti quando fa la spesa? A farne una fotografia è l’analisi effettuata sulle ultime sette edizioni dell’Osservatorio Nestlé- Fondazione ADI che ha analizzato un campione totale di oltre 55mila italiani.
Lo studio ha individuato cinque filoni di cambiamento per quel che riguarda la cura della forma fisica e le abitudini alimentari di noi italiani:
- sono in aumento coloro che seguono la regola dei 5 pasti;
- sale l’attenzione alle porzioni e alle calorie ingerite;
- aumenta la soddisfazione del proprio peso;
- cresce la tendenza all’autodiagnosi in campo alimentare.
Come spiega il dott. Giuseppe Fatati, Presidente della Fondazione ADI e Coordinatore Scientifico dello studio: “Se dunque è vero che il campione di “virtuosi consapevoli” si attesta nel 2016 al 54%, non tutti i trend identificati possono essere considerati come positivi, soprattutto tenendo presente la percentuale di popolazione in sovrappeso che nel nostro Paese continua a crescere (28% nel 2009 vs 30% nel 2016)”.
Per riassumere la ricerca possiamo individuare i lati positivi e negativi delle nostre abitudini.
I 3 trend positivi
- 5 pasti al giorno: italiani attenti e disciplinati – secondo l’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI le persone che seguono questa buona abitudine sono in aumento: rispetto al 2011 è cresciuto di 5 punti percentuali, passando dal 16% al 21%.
- Porzioni: italiani sempre più fiscali – il 26% degli italiani fa sempre attenzione alle porzioni che mette nel piatto, trend in aumento di 9 punti percentuali rispetto al 2011 (da 17% a 26%).
- Calorie che passione! – in questi anni è aumentato il numero dei “maniaci” del controllo delle calorie ingerite: dal 2011 all’ultima rilevazione del 2014 si è registrato un aumento di 4 punti percentuali (dal 10% al 14%).
“Questi risultati sono molto incoraggianti e dimostrano come le campagne di educazione alimentare e un’informazione mirata stiano iniziando a portare i primi frutti. Oltre a porre attenzione alla frequenza dei pasti e alle porzioni, è necessario però ricordare che il tempo dedicato ai pasti è fondamentale per l’assimilazione dei cibi, il gusto e l’equilibrio di tutta la dieta giornaliera”, ha commentato il dott. Giuseppe Fatati – Presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio.
I 2 campanelli d’allarme
- Basare la propria educazione alimentare sull’esperienza personale: c’è chi mangia gluten free senza essere celiaco; chi elimina latticini, lieviti e persino pomodori. Sempre più italiani si credono allergici, senza nessuna ragione medica. Secondo quanto emerso dall’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI, infatti, gli italiani ricorrono sempre più spesso all’autodiagnosi (la percentuale aumenta dal 5% nel 2010 al 25% nel 2016), e si gestiscono autonomamente, affidandosi all’esperienza personale. I dati evidenziano un netto calo nella rilevanza della figura del medico di fiducia e del genitore (decremento dal 37% nel 2010 al 28% nel 2016) come punto di riferimento per l’educazione alimentare.
- Essere soddisfatti del proprio peso: dal 2009 ad oggi è diminuita la percentuale di persone (dal 26% al 19%) che si ritengono “per niente soddisfatte” del proprio peso ed è aumentata, invece, quella di coloro che si dichiarano molto soddisfatti/soddisfatti (dal 36% al 41%)
“Quest’ultimo dato, in particolare, dimostra una sottovalutazione del problema dell’obesità, soprattutto da parte degli uomini. Non solo. A farci tenere sempre le antenne alzate è il metodo di informazione e diagnosi che non può essere quello del fai da te”, ha commentato il dott. Giuseppe Fatati.
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