Acqua per la pace in Medio oriente/5
Nello scacchiere mediorientale il possesso e il controllo dell’acqua e’ un fattore di sicurezza, al pari della capacita’ militare
Nella questione dell’acqua in Medio Oriente ciò che è importante sottolineare è la differenza che la scarsità d’acqua genera nelle questioni interne ai Paesi rispetto al piano internazionale.
Tra i Paesi coinvolti dallo sfruttamento delle risorse idriche del bacino del Tigri e dell’Eufrate, Turchia, Siria e Iraq, la Turchia è sicuramente il paese più privilegiato nell’area. Sul suo territorio si trova il più grande serbatoio idrico del quadrante mediorientale.
L’internazionalizzazione dei due fiumi si ebbe solo dopo la caduta dell’Impero Ottomano, al termine della prima guerra mondiale, con la Turchia a monte e la Siria, l’Iraq e secondariamente l’Iran a valle. I diritti che questi Paesi rivendicano sulle acque dei due fiumi sono per molti versi tra loro incompatibili. La Turchia sostiene di avere piena sovranità su tutte le acque che defluiscono entro i propri confini, mentre l’Iraq e la Siria rivendicano il principio di “corso naturale” e di “diritto storico” sulle acque utilizzate dalle popolazioni della Mesopotamia sin dagli albori della civiltà.
Una svolta nella politica di Ankara si ebbe nel 1977 quando il Governo decise di avviare una serie di progetti per realizzare 22 dighe e 19 centrali idroelettriche che furono inserite in un unico programma denominato GAP (Progetto dell’Anatolia Sud Orientale). Il GAP è un progetto con il quale s’intende ridurre il divario socio-economico che persiste tra le regioni occidentali e quelle sottosviluppate dell’est del Paese, abitate dalla popolazione curda. L’idea base era di cercare di migliorare le condizioni economiche della regione così da mettere fine alle rivendicazioni terroristiche curde e a ogni richiesta d’indipendenza. Ma Siria e Iraq interpretarono il progetto come strumento di ricatto internazionale. Se la Turchia riuscisse a portare a termine nel più breve lasso di tempo possibile il progetto GAP, così come concepito, invece di acuire le relazioni tra i Paesi mesopotamici, si potrebbero far crescere gli scambi commerciali e trarre miglior beneficio per tutti.
Chiara Palmieri
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