Contro la desertificazione, un sistema per ricaricare le falde acquifere
Per sfruttare l’acqua piovana e ricaricare artificialmente le falde acquifere, il progetto Warbo ha sviluppato specifiche metodiche in grado di contrastare il fenomeno della desertificazione
Sfruttare l’acqua piovana per ricaricare artificialmente le falde acquifere e combattere la desertificazione. E’ questo, in sintesi, l’obiettivo del progetto ‘Warbo’ (WAter Re-BOrn), coordinato dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste (Ogs) e cofinanziato dall’Ue.
Per combattere la desertificazione, in particolare, il progetto ha analizzato ed attuato delle ‘misure di controllo’ dell’acqua che scorre nel sottosuolo. Si tratta, ovviamente, delle falde acquifere che si formano in seguito alle precipitazioni meteoriche (pioggia, neve, grandine). L’acqua piovana, a contatto con la superficie del terreno, incontra delle fratture, cavità o porosità varie, nelle quali può infilarsi e scorrere anche molto in profondità nel sottosuolo, formando infine dei depositi idrici sotterranei (fermi o in movimento) importantissimi per l’ambiente e le sue risorse naturali.
Utilizzare l’acqua piovana per ricaricare artificialmente le falde acquifere naturali è quindi una strategia essenziale per preservare l’ecosistema e prevenire possibili disastri ambientali dovuti alla progressiva desertificazione. Una delle criticità maggiormente riscontrate è infatti la formazione del ‘cuneo salino’, ossia l’avanzamento dell’acqua salata verso l’entroterra. Per questa ragione lo studio ‘Warbo’ cerca di applicare delle specifiche metodiche in grado di ricaricare artificialmente le falde acquifere e favorire l’immagazzinamento nel sottosuolo di parte delle piogge che attualmente defluiscono nei corsi d’acqua verso il mare. Il progetto si rivolge principalmente a quei siti che hanno problemi di degrado qualitativo e quantitativo delle risorse idriche e che ospitano ecosistemi di interesse comunitario, nei quali sono necessarie misure urgenti per combattere la scarsità d’acqua. I metodi e i protocolli elaborati grazie a ‘Warbo’ vengono poi ‘trasmessi’ agli enti locali per la corretta gestione delle risorse idriche nel territorio. Attualmente, uno dei siti pilota del progetto ‘Warbo’ si trova in un’area del Comune di Copparo (in provincia di Ferrara), zona agricola a scarsa densità abitativa e caratterizzata da colture intensive dove circa il 50% del territorio si trova sotto il livello del mare (fino a -4 metri). Altri due siti pilota si trovano invece a Mereto di Tomba (Udine) e a San Vito al Tagliamento (Pordenone). Per maggiori informazioni è consultare questo sito.
(Matteo Ludovisi)
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