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Legambiente: ancora troppi pochi servizi per cani in citta’

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L’indagine di Legambiente sui servizi e le attività dei Comuni capoluogo di provincia per la tutela e la gestione degli amici a quattro zampe

 

Un Paese pigro e poco attento alla tutela e alla gestione degli animali. Le migliori città raggiungono oggi a malapena la sufficienza (60 punti su100) in un settore che, invece, dovrebbe ottenere punteggi ben più alti considerata la grande presenza di amici a quattro zampe in città. È quanto emerge dalla terza edizione “Rapporto Animali in Città”, l’indagine di Legambiente dedicata ai servizi e alle attività dei Comuni capoluogo di provincia per la tutela e la gestione degli animali, realizzata attraverso un questionario inviato a 104 Amministrazioni comunali ed a cui hanno risposto 81 Comuni. Il quadro che viene fuori è quello di un Paese che, seppur ama gli animali, è ancora molto indietro nell’effettiva tutela e nei servizi offerti ai cittadini e ai loro animali d’affezione.

Se l’86% delle amministrazioni dichiara di avere un assessorato e/o un ufficio comunale dedicato ad affrontare le problematiche animali, scende al 72% il numero delle amministrazioni che ha semplicemente chiesto alle ASL quale fosse il numero dei cani iscritti all’anagrafe canina (ad eccezione di Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia dove i Comuni tengono l’anagrafe canina), strumento indispensabile per fronteggiare il randagismo in Italia. Per quanto riguarda i servizi mancano sufficienti spazi aperti dove portare quotidianamente a spasso i propri amici a quattro zampe: in media nei Comuni italiani è presente uno spazio dedicato ogni 28.837 cittadini. Ed ancora il 47% dei Comuni ha dichiarato di aver adottato regolamenti per l’accesso degli amici a quattro zampe in uffici e/o locali aperti al pubblico, mentre solo il 34% dei Comuni costieri che ha risposto al questionario ha adottato un regolamento per l’accesso al mare o al lago. Dati ancor più negativi arrivano anche quest’anno dalla conoscenza della biodiversità animale in città: solo il 26% dei Comuni realizza una mappatura delle specie animali presenti sul territorio. Nella Penisola le città che nel complesso si impegnano maggiormente per gli animali d’affezione sono le città medie che, nella classifica finale dell’indagine di Legambiente, superano la sufficienza come Prato, prima in graduatoria (79,36), seguita da Bolzano (74,34) e Modena (71,42). Le grandi e le piccole città, invece, arrancano. Padova, seppur prima tra le grandi città, ha un punteggio appena al di sotto della sufficienza (59,97) seguita da Firenze (50,81) e Verona (47,99). Tra le piccole città il gradino più alto lo conquista Pordenone che supera di poco la sufficienza (63,5), seconda e terza posizione in classifica per Chieti (59,1) e Biella (57,51).

“Il quadro che emerge dal Rapporto Animali in Città – dichiara Antonino Morabito, responsabile nazionale Fauna e Benessere animale – mostra tutta l’urgenza, anche economica, di un totale cambio di strategia tra i diversi attori responsabili: Amministrazioni comunali, Regioni e Governo. Una città pet-friendly non è un sogno impossibile da realizzare, ma è fondamentale che le Istituzioni diano assoluta priorità ad anagrafe e sterilizzazione mettendo in campo soluzioni innovative ed economicamente vantaggiose per cittadini, al fine di ‘chiudere quei rubinetti’ oggi totalmente aperti che ininterrottamente alimentano le vie del randagismo di cani e gatti, con tutti i problemi e le sofferenze che porta con sé. Nel contempo non è possibile trascurare oltre l’attivazione di efficaci e regolari controlli e sanzioni per il funzionamento delle regole di civile convivenza in città”.

Anche quest’anno per la lettura e il confronto dei dati ricevuti, i capoluoghi di provincia, ai quali è stato inviato il questionario per l’anno 2012, sono stati suddivisi in tre gruppi: 15 grandi città con più 200mila abitanti, 44 medie città con popolazione tra 80mila e 200mila abitanti e 45 piccole città con meno di 80mila abitanti. Al questionario hanno risposto 13 grandi città, 37 medie città e 31 piccole città. Novità di questa terza edizione è la classifica dei capoluoghi di provincia realizzata sulla valutazione di trentatré differenti indicatori.

I dati del Rapporto – Dal Rapporto Animali in Città emerge che l’86% dei Comuni capoluogo di provincia ha un assessorato e/o un ufficio comunale specifico per affrontare le problematiche animali. Ben il 100% delle grandi città, l’89% delle medie e il 77% delle piccole città. Invece per quanto riguarda le strutture e i luoghi dedicati ai servizi agli animali d’affezione (come canili, colonie feline, pensioni per cani e gatti, campi di educazione e addestramento cani, allevamenti, aree urbane per cani presenti sul territorio comunale), il 60% dei capoluoghi di provincia ha risposto positivamente, con migliori performance nelle medie città, dove il 72% delle amministrazioni ha censito tali strutture, contro il 54% delle grandi città e il 48% delle piccole città. In particolare per quanto riguarda le colonie feline, il 69% delle medie città ha dichiarato che esiste un piano di monitoraggio, contro il 61% delle grandi città e il 58% di quelle piccole.

Comuni informati sul numero di cani iscritti all’anagrafe canina – L’anagrafe canina è uno strumento fondamentale per combattere il randagismo. Dall’indagine emerge che il 72% dei Comuni conosce il numero dei cani presenti sul territorio (un dato in possesso delle ASL, ad eccezione dell’Emilia Romagna e del Friuli Venezia Giulia dove sono i Comuni che direttamente curano l’anagrafe canina). In particolare sui 13 grandi capoluoghi di provincia presi in esame, il 69% ha risposto positivamente. Tra le 37 medie città, il 73% ha risposto di sì. Su 31 piccoli capoluoghi di provincia il 74% ha risposto in maniera positiva. Ma è nel merito del dato che emerge il dramma: in media, ai Comuni capoluoghi risulta un cane ogni 24 cittadini residenti, passando da un cane ogni 33 residenti nelle grandi città, ad uno ogni 24 residenti nelle medie città ed uno ogni 21 residenti nelle piccole, cifre palesemente irrealistiche anche se solo confrontate con la media nazionale (un cane ogni 9 cittadini) e che dimostrano la totale assenza di attenzione data dagli uffici al valore e alla coerenza di quanto registrato.

Spesa media – Alla domanda se nel bilancio comunale è previsto uno specifico capitolo di spesa ha risposto positivamente l’83% dei Comuni. Dalle risposte date è emerso che la spesa media dichiarata dai Comuni capoluogo, in questo ambito, è di 2,87 euro/residente, con differenze per le tre categorie di città che vanno da un valore medio di 1,58 euro/residente delle grandi città, ai 2,95 euro/residente delle medie, ai 3,47 euro/residente delle piccole città. Ad esempio nelle grandi città, si passa da un massimo di spesa di 3,4 euro/residente di Roma agli 0,6 euro/residente di Genova, quindi dai 9,7 euro/residente di Terni agli 0,4 euro/residente di Novara e Treviso nelle medie città, e dagli 11,5 euro/residente di Matera agli 0,3 euro/residente di Belluno nelle piccole città. Costi molto diversi per le tasche dei cittadini italiani e, ad esempio, come accade a Matera, Grosseto e Roma non correlati ad una maggiore qualità del servizio offerto come conferma la posizione in classifica.

Regolamenti e/o ordinanze sindacali che vietano e sanzionano l’utilizzo di esche e bocconi avvelenati. Solo un Comune su due lo ha adottato (il 49% dei casi), molto meglio nelle grandi città (il 77% dei casi) che nelle medie (il 53% dei casi), mentre solo un Comune su tre delle piccole città lo ha fatto (il 32% dei casi). Per quanto riguarda invece gli spazi aperti dove giocare e rilassarsi insieme al proprio amico, dall’indagine di Legambiente è emerso che solo un Comune su due (il 52%) li ha realizzati ed, in media, nei Comuni capoluogo è presente uno spazio dedicato ogni 28.837 cittadini, valore che diventa di uno ogni 42.583 cittadini nelle grandi città, di uno ogni 27.308 cittadini nelle medie città e di uno spazio ogni 26.167 cittadini nelle piccole città. Dati poco positivi arrivano dai regolamenti che consentono l’accesso negli uffici e/o locali aperti al pubblico, solo il 47% dei Comuni capoluoghi di provincia ha, infatti, risposto di aver adottato tali provvedimenti. Le più attente sono le grandi città, dove il 77% delle Amministrazioni ha risposto positivamente contro il 55% delle città medie e il 26% delle piccole città. Situazione poco felice anche per chi ama portare gli amici a quattro zampe al mare e/o al lago. Tra i Comuni capoluogo costieri che hanno risposto al questionario, solo il 34% ha adottato un regolamento o un’ordinanza sindacale per l’accesso degli animali alla spiaggia: nel 33% dei casi nelle grandi città, per il 40% dei casi nelle medie e solo in un Comune su quattro (il 25%) per le piccole città costiere.

“In Italia – spiega Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – sono milioni le famiglie che hanno animali da compagnia in casa. Una tendenza in crescita che sottolinea la necessità di ripensare e arricchire i centri urbani garantendo servizi e strutture di qualità a cittadini e ai loro amici a quattro zampe. Per realizzare ciò è indispensabile l’impegno delle amministrazioni per quanto riguarda una buona conoscenza della presenza e distribuzione di questi nuovi “abitanti”, la promozione di anagrafe canina e sterilizzazione degli animali, la sensibilizzazione dei proprietari di animali d’affezione a tenere comportamenti virtuosi nel rispetto dell’ambiente, delle persone e del benessere del proprio animale domestico. È inoltre importante rendere noti i contatti dello sportello comunale a cui le persone si possano rivolgere se soccorrono animali liberi in difficoltà. A questo riguardo il Rapporto Animali in città offre una accurata fotografia dei punti critici su cui lavorare per migliorare le nostre città attraverso l’impegno congiunto di amministrazioni e cittadini”.  

Tornando ai dati del Rapporto Animali in Città, è emerso che i Comuni che hanno cani liberi controllati e tutelati dalla Pubblica Amministrazione sono nel 72% dei casi al sud, nel 28% al centro e in zero casi al nord Italia. Una peculiarità che si conferma, con alcune differenze, anche all’interno dei singoli gruppi di città grandi (0% nord, 20% centro, 80% sud), medie (0% nord, 28% centro, 72% sud) e piccole (0% nord, 33% centro, 67% sud). Per quanto riguarda l’esistenza di un nucleo del Corpo di Polizia municipale dedicato all’applicazione di regolamenti e ordinanze comunali sugli animali, il 54% dei Comuni ha risposto positivamente, senza differenza tra grandi (54%), medie (53%) e piccole (55%) città. Dato negativo arriva dai lettori dei microchip, un indispensabile strumento per leggere la “targa” del cane, il microchip. Benché il 64% dei Comuni dichiari di aver dotato il proprio personale di tale lettore, andando a vedere quanti sono i microchip che le amministrazioni dichiarano di aver dato in uso al personale ne risultano soltanto 106 in tutta Italia, ossia in media 1 per Comune capoluogo.  

Animali liberi in difficoltà – Dall’indagine di Legambiente è emerso che il 54% dei Comuni sa dare informazioni ed ha predisposto procedure di intervento per aiutare i cittadini che soccorrono animali liberi in difficoltà, come un falco, un gabbiano ferito o un gattino. Meno di un Comune su tre nelle grandi città (il 31% dei casi), quasi due volte su tre nelle medie città (il 64% dei casi) ed esattamente nella media nazionale nelle piccole città (il 52% dei casi). I contatti per rivolgersi ad un Centro di recupero di animali selvatici li ha invece solo il 15% dei Comuni. Risposte efficienti si riscontrano, tra i grandi centri, ad esempio a Napoli grazie al servizio h24 svolto dal pronto soccorso veterinario dell’ASL NA1, tra le medie città a Modena e tra le piccole città a Biella grazie al lavoro degli uffici comunali in collaborazione con i Centri di recupero della fauna selvatica.

 

Biodiversità animale – Solo il 26% dei Comuni realizza una mappatura degli animali selvatici presenti sul territorio comunale, il 23% nelle grandi città, il 33% nelle medie e il 19% nelle piccole città. Una conoscenza indispensabile per migliorare le azioni di prevenzione e ridurre conflitti e danni (basti pensare ai rischi di incidente stradale) che sono sempre più costosi e talvolta drammatici. 

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