Ambiente, allarme Ocse: non possiamo piu’ stare a guardare
Prevenire e’ meglio che curare, il proverbio e’ valido anche se si tratta di ambiente. L’Ocse ha lanciato l’allarme, bisogna far qualcosa per non pagare in futuro
Sull’ambiente è necessario agire ora per non pagare in futuro le costose conseguenze dell’inazione. L’attuale modello di crescita e la gestione inadeguata delle risorse naturali potrebbero infatti compromettere lo sviluppo dell’umanità. Questo l’allarme contenuto nel report “Prospettive ambientali dell’Ocse all’orizzonte del 2050”, elaborato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Lo studio esamina lo scenario da qui ai prossimi 40 anni per identificare i potenziali impatti ambientali delle tendenze demografiche ed economiche in assenza di politiche “verdi” più ambiziose. Il rapporto analizza quindi le misure che potrebbero cambiare in meglio tale scenario, concentrandosi in particolare su quattro settori: i cambiamenti climatici, la biodiversità, le risorse idriche e gli impatti dell’inquinamento sulla salute. La conclusione a cui si giunge è solo una: è necessario agire ora in modo urgente al fine di evitare notevoli costi e conseguenze dell’inazione tanto in termini economici quanto umani.
Entro il 2050, stima l’organizzazione con sede a Parigi, la popolazione del pianeta dovrebbe crescere da 7 miliardi fino a superare oltre 9 miliardi di abitanti e l’economia mondiale dovrebbe quasi quadruplicare con una domanda crescente (anche dell’80%) di energia e di risorse naturali. Il cambiamento climatico potrebbe poi accentuarsi e diventare irreversibile, con emissioni di gas a effetto serra globali che potrebbero registrare un aumento del 50 per cento, principalmente ascrivibile a un innalzamento delle emissioni di CO2 legate all’energia dell’ordine del 70%. La temperatura globale dovrebbe innalzarsi oltre la soglia dei 2 gradi, modificando i regimi di precipitazione e accelerando lo scioglimento dei ghiacciai. Si stima che la biodiversità continuerà a diminuire (di circa il 10%), in particolare in Asia, Europa e Sud Africa. La superficie delle foreste primarie, che sono ricche in biodiversità, potrebbe diminuire del 13 per cento. A livello mondiale, circa un terzo della biodiversità degli ecosistemi di acqua dolce è già scomparsa e si prevede un’ulteriore perdita entro il 2050.
La disponibilità di acqua dolce sarà ancora messa a dura prova, con 2,3 miliardi di abitanti in più rispetto a oggi (complessivamente oltre il 40 per cento della popolazione mondiale) che dovrebbe vivere nelle zone dei bacini fluviali colpiti da gravi problemi di stress idrico. Secondo le proiezioni, la domanda globale di acqua dovrebbe aumentare di circa il 55 per cento, a causa della crescente domanda delle manifatture (+400%), della generazione termica di elettricità (+140%) e dell’uso domestico (130%). L’ultimo punto preso in considerazione dall’organizzazione guidata da Angel Gurria è l’impatto dell’inquinamento sulla salute. In alcune città le concentrazioni d’inquinamento atmosferico, specie in Asia, superano già di molto i livelli di sicurezza definiti dall’OMS. Entro il 2050, nello scenario di riferimento il numero di decessi prematuri dovuti all’esposizione al particolato dovrebbe più che raddoppiare e aumentare fino a raggiungere un totale annuo di 3,6 milioni a livello mondiale, con una maggioranza di decessi in Cina e in India.
Agire subito, conclude quindi l’Ocse, “è una decisione razionale sotto il profilo ambientale ed economico”. In caso di azione immediata sui gas serra, per esempio, la crescita economica rallenterebbe di circa 0,2 punti annui in media e rappresenterebbe un costo approssimativo del 5,5 per cento del Pil globale nel 2050. Costo che diventa insignificante se comparato con quello potenziale dell’inazione che secondo alcune stime potrebbe raggiungere una percentuale pari al 14 per cento della media mondiale dei consumi pro capite. La relazione dell’Ocse raccomanda quindi un mix di soluzioni politiche che possono invertire la rotta. Far sì innanzitutto che l’inquinamento sia più costoso rispetto alle alternative più compatibili con l’ambiente, applicando per esempio tasse ambientali o sistemi di scambi di emissioni; sopprimere poi i sussidi dannosi per l’ambiente; formulare regolamentazioni e norme efficaci. Incoraggiare infine l’innovazione verde, per esempio tramite l’innalzamento del costo dei modi di produzione e di consumo inquinanti e gli investimenti nel sostegno pubblico per la ricerca e lo sviluppo tecnologico di base.
(fco)
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