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Il buco dell’ozono si sta riducendo

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Un nuovo studio della NASA offre la prima prova diretta che il buco dell’ozono è in ripresa, grazie al Protocollo di Montreal e ai divieti internazionali

Il buco dell’ozono è stato forse uno dei primi campanelli d’allarme che hanno fatto capire quello che stavamo facendo all’ambiente: un incubo ambientale che ci ha preparato a quello che poi è diventato, in maniera molto più ampia, il problema del cambiamento climatico globale. Poiché lo strato di ozono agisce come uno schermo protettivo contro le lunghezze d’onda più dannose della luce ultravioletta, il cosiddetto (e quindi in espansione) buco sopra l’Antartide ha portato con sé tutta una serie di allarmi riguardanti la salute – cancro della pelle, scottature solari, cataratta – , ma anche allarmi per la flora e la fauna.

La preoccupazione di poter perdere questo strato protettivo ha portato all’adozione del Protocollo di Montréal. Ratificato nel 1987, il trattato internazionale ha vietato l’uso di clorofluorocarburi (CFC) e composti correlati. I CFC sono composti chimici longevi che alla fine si innalzano nella stratosfera, dove vengono separati dalle radiazioni ultraviolette del sole, rilasciando atomi di cloro che distruggono le molecole di ozono, come spiega la NASA – sono stati usati come refrigeranti e solventi, in spray aerosol e in agenti espandenti per schiume e materiali di imballaggio. Il patto è stato firmato da 197 paesi; successive modifiche hanno completamente eliminato la produzione di CFC.

Ci sono voluti quasi trent’anni per dire che ha funzionato, ma ora si può, visto che la NASA, utilizzando le misurazioni del satellite Aura, ha osservato che la quantità di cloro del buco dell’ozono antartico negli ultimi anni è lentamente diminuita. Il buco si sta riducendo – anche se, visto che la temperatura ha un effetto sulle sue dimensioni, è difficile affermare che sia effettivamente in via di guarigione.
Questo studio è il primo che misura accuratamente i livelli di cloro all’interno del buco dell’ozono, confermando che il protocollo di Montréal sta effettivamente facendo il suo lavoro.

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