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Le conseguenze a lungo termine della miniera

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Son stati trovati prodotti chimici tossici dentro gli animali di piccola taglia decenni dopo la chiusura della miniera che li avrebbe causati

L’impatto ambientale dell’attività industriale su larga scala può essere avvertito anche parecchio tempo dopo l’interruzione dell’attività. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista «ScienceDirect» ha scoperto che decenni dopo la chiusura della Giant Mine – che si trova alla periferia di Yellowknife, nella provincia canadese dei Territori del Nordovest – gli animali più piccoli si portavano ancora addosso, nella loro pelliccia, quantità significative di sostanze chimiche tossiche, come l’arsenico – anche se alti livelli di arsenico erano stati trovati nel terreno, nelle piante e nei pesci vicino alla miniera gigante, gli scienziati non avevano ancora documentato l’impatto sui piccoli mammiferi.

Comprendere la potenziale tossicità di questi animali è importante, oltre che per loro, anche per noi, poiché queste creature sono ancora cacciate per la loro pelliccia e per essere mangiate e, in entrambi questi modi, gli esseri umani potrebbero assorbire le sostanze chimiche pericolose.

La Giant Mine ha contribuito alla contaminazione da arsenico dell’area circostante durante i suoi 55 anni come una miniera d’oro attiva: per estrarre l’oro dal minerale, quest’ultimo deve essere riscaldato a temperature estremamente elevate, con un processo che crea un composto tossico chiamato triossido di arsenico, di cui circa 237.000 tonnellate sono sepolte sotto terra nei pressi del sito minerario. L’arsenico si trova naturalmente all’interno della Terra, spesso in rocce contenenti oro: di solito filtra lentamente nell’ambiente attraverso un’erosione costante della roccia, ma l’estrazione dell’oro accelera il processo.

I piccoli mammiferi spesso fungono da segnali premonitori della contaminazione di un ambiente: per loro la contaminazione da arsenico causa spesso osteoporosi, danni neurologici, problemi riproduttivi e malattia metabolica cronica.

Gli scienziati sono più preoccupati che questa contaminazionesi faccia strada lungo la catena alimentare, danneggiando i mammiferi più grandi, compresi gli umani.

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