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Pescare e buttare a mare, storia di un paradosso tutto europeo

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Lo spreco nel Mediterraneo: gettato a mare un terzo del pescato. E intanto sul web monta la protesta contro l’assurda tecnica degli ‘scarti’. L’iniziativa di uno chef inglese sta spopolando in rete, raccolte sin’ora 700 mila firme

 

Di Antonio Galdo

www.nonsprecare.it

Quando vogliamo assaporare pesce fresco e di alta qualità, dal merluzzo alla spigola, ci tocca mettere mano al portafoglio e non pensare: circa quaranta euro al chilo. Prendere o lasciare. Allo stesso tempo nel Mare Mediterraneo, in pratica a casa nostra, un pesce su tre viene ucciso e poi ributtato a mare. Al grande giro dell’industria della pesca conviene così. Come si spiega l’apparente contraddizione e uno spreco così incredibile? Le risposte sono due: il mercato e le cattive abitudini di un cucina che ha perso le sue radici e le sue tradizioni. Le navi che solcano il Mediterraneo per portare sul mercato i crostacei e i pesci più preziosi  non vogliono caricare ingombranti prodotti che invece, dal loro punto di vista, sarebbero costretti a vendere a basso costo.

Quindi pescano e buttano a mare. Nell’Europa del Nord, sempre a proposito della legge della domanda e dell’offerta,  si calcolano 1 milione di tonnellate di pesce che ogni anno vengono ributtate in mare per rispettare le quote stabilite dall’Unione europea. E’ inutile dire che gli ineffabili euro burocrati stanno tentando di modificare il sistema delle quote per evitare questo spreco che vale circa la metà del pesce pescato nei paesi settentrionali, ma i soliti veti incrociati impediscono qualsiasi decisione concreta. L’unica cosa che potrebbe funzionare è l’indignazione popolare: così un celebre chef inglese  ha lanciato una raccolta di firme sul sito www.fishfight.net per denunciare e bloccare la pratica dello ’scarto’ del pesce: finora hanno firmato oltre 700mila persone. La speranza è che, sull’onda lunga dell’indignazione popolare alimentata dalla rete web, i mandarini di Bruxelles possano trovare qualche rimedio efficace contro lo spreco del pesce in Europa.

Tornando al nostro Mediterraneo,  la seconda causa alla base dell’apparente contraddizione tra i prezzi altissimi del pesce pregiato (la domanda di fascia alta del mercato) e lo spreco a danno dell’intera fauna marina (l’offerta regolata del mercato) è sicuramente quella di un netto peggioramento della qualità della nostra cucina. Sempre più abituati ad acquisti compulsivi, frenetici, che spesso non tengono in alcun conto della qualità di un prodotto, noi europei, italiani compresi, quando ci mettiamo a tavola dimentichiamo vecchie e semplici ricette, con cibi naturali, e ci avventuriamo nel girone infernale dei surrogati. Il merluzzo viene sostituito dal pangasio, la spigola dal pesce serra, e tutto sembra andare per il verso giusto assecondando il nostro nuovo gusto. Sembra, appunto. Perché tra lo spreco e la perdita di qualità della nostra cucina, siamo proprio noi a pagare il salatissimo conto delle cattive abitudini. Sarebbe meglio, per esempio, riscoprire tutte le qualità delle alici che ci fanno stare meglio a tavola, specie se ben cucinate, e in banca, visto che sono considerate ancora un ’pesce povero’ e quindi a buon prezzo.

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