Gli alberi d’Italia/6 Il cipresso, l’albero caro a Giosue’ Carducci

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‘I cipressi che a Bólgheri alti e schietti / Van da San Guido in duplice filar’… comincia così Davanti San Guido una delle poesie di Giosue’ Carducci. Gli alberi sono utili anche allo spirito

Il viaggio di Ecoseven.net continua tra gli alberi d’Italia. Oggi è il turno del cipresso. Il cipresso è il protagonista della poesia Davanti San Guido, in cui Giosuè Carducci immagina un dialogo con i maestosi Cipressi dalle forme antropomorfe che gli rispondono e lo invitano ai ricordi. Regalano ombra e quiete in estate, ospitano nidi e fauna, sono compagni di riflessione per il poeta.

L’albero cipresso non è proprio nostrano come origini, ma è diventato un elemento imprescindibile di certi paesaggi collinari che sono anche una caratteristica tutta italiana. La sua robustezza e linearità lo rendono una pianta davvero speciale nel contenimento dell’azione dei venti. Inoltre il suo legname è praticamente immarcescibile: un legno molto considerato nella costruzione di mobili e in ebanisteria quindi. Il suo odore gradevole che allontana le tarme lo rende ideale per la costruzione di armadi e panche. Una curiosità: i cipressi piantati più di frequente in Italia sono di provenienza della California (Cupressus Macrocarpa), del Messico (Cupressus lusitanica) e dell’Arizona/Nuovo Messico (Cupressus Arizonica).

Quando leghiamo i cipressi ad un immaginario “cimiteriale” in parte siamo fuori strada. Il Signore stesso ordinò a Noè nel Libro della Genesi: “Fatti un’arca di legno di cipresso”. Al cipresso quindi, semmai, l’immagine di salvatore della vita! In oriente il suo legno viene utilizzato per costruire le campane eoliche, molto diffuse in Giappone. Oltre all’Arca di Noè erano di legno di cipresso le flotte del mitico Alessandro Magno. La freccia dell’arco di Eros, lo scettro di Giove, come la clava di Ercole completano, fra mito e realtà, il lungo elenco dei suoi impieghi. Il poeta Catullo nelle sue liriche amorose, racconta del cipresso come uno fra gli alberi che gli sposi preferivano ricevere in dono, proprio quale simbolo riconducibile al perpetuarsi della vita: pensare che solo nel nord Africa esemplari di Cupressus duprezania raggiungono i 4.000 anni di età!

Ad avvalorare il legame tra morte e cipresso esistono antichi racconti come quello di Ovidio, poeta delle “Metamorfosi” che racconta di Ciparisso e del suo fantastico cervo dalle corna d’oro. Fu un gioco del destino, come il mito greco ci insegna, a porre fine a quell’amicizia: il giavellotto di Ciparisso trafisse il cervo sdraiato nell’erba e nascosto alla sua vista. Deciso a togliersi così anche lui la vita, Ciparisso chiese di essere trasformato in un cipresso, proprio a simboleggiare un lutto eterno. Ma come per Carducci lo ricordiamo nei Sepolcri di Foscolo con la sua massima: All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro.

Dal punto di vista pratico aggiungiamo un’ultima curiosità: i frutti del cipresso, piccole pigne dette galbule, contengono principi attivi utili in caso di stasi venosa e nella tosse. (VN)

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