Gli italiani stanno bene? Un po’ meglio, ma…Il rapporto Bes dell’Istat
L’Istat fa la radiografia a un Paese in timida ripresa tra luci e ombre. Pesa il divario territoriale
Cosa significa stare bene? È un concetto soggettivo che sembra difficile da inserire nelle griglie della statistica. Sicuramente il prodotto interno lordo non basta come indicatore e per questo l’Istat, a partire dal 2010, ha cercato di allargare lo sguardo creando il Rapporto sul benessere equo e sostenibile.
È un’analisi che va ben al di là dei classici parametri macroeconomici e cerca di evidenziare l’andamento delle diverse dimensioni di ciò che intendiamo come benessere ponendo lo sguardo su un grande numero di indicatori.
Il Rapporto sul benessere equo e sostenibile si suddivide infatti in 12 settori che rappresentano i diversi aspetti della nostra qualità della vita:
- Salute
- Istruzione e formazione
- Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
- Benessere economico
- Relazioni sociali
- Politica e istituzioni
- Sicurezza
- Benessere soggettivo
- Paesaggio e patrimonio culturale
- Ambiente
- Ricerca e innovazione
- Qualità dei servizi
Uno degli aspetti preoccupanti, se affrontiamo il benessere con uno sguardo d’insieme, è il divario sempre più ampio tra nord e sud del paese; una costante che si ritrova in tutti gli ambiti della ricerca.
A quanto pare l’Italia gode di buona salute, con una speranza di vita tra le più alte d’Europa per le donne e la più alta in assoluto per gli uomini, che in media superano gli 80 anni. I dati parlano di 81,5 anni per il sud e 82,5 per il nord.
Il capitolo lavoro è uno dei più dolorosi per il Mezzogiorno, in quanto l’occupazione è diminuita anche nel 2014 mentre si allargava la forbice del divario di reddito medio disponibile con le regioni centrali e settentrionali.
A livello ambientale l’Italia fa dei passi avanti, ma una delle note dolenti è la dispersione di acqua potabile dalle reti di distribuzione: in alcune aree del paese supera il 37%.
Sul fronte dell’istruzione il nostro paese sconta un cronico ritardo rispetto alla media dei paesi europei, anche se l’incremento di laureati e diplomati rappresenta un piccolo segnale di ripresa. Allo stesso modo la partecipazione ad attività culturali ha segnato un miglioramento dopo gli anni più bui della crisi: sono in aumento i visitatori a musei, mostre e siti archeologici.
Un capitolo importante della ricerca evidenzia l’andamento delle relazioni sociali: se aumenta la fiducia nel prossimo continua a calare la partecipazione alla vita politica. Infatti gli italiani sono più propensi a sostenere economicamente le associazioni e a fare volontariato, ma hanno sempre meno voglia di parlare di politica e di informarsi a riguardo.
Sul fronte della sicurezza la situazione appare stazionaria: l’Italia rimane il paese europeo con il più basso tasso di omicidi, anche sei i furti non calano e i borseggi registrano un lieve aumento.
Non possiamo dire di aver lasciato la crisi alle spalle, ma durante lo scorso anno è cresciuta la fiducia verso il futuro: la situazione economica mostra timidi segnali di ripresa anche se i livelli pre-crisi rimangono lontani.
La ricerca è un altro tallone d’Achille del paese e i segnali di miglioramento sono troppo timidi. La quota del Pil destinata al settore è in piccolissima crescita, ma i brevetti sono diminuiti e il divario con la media europea rimane significativo: 71 a 112.
Tra i servizi pubblici la maglia nera va a trasporti, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, servizi sociali e carceri, mentre migliorano acqua, elettricità, gas e rifiuti.
Purtroppo quando parliamo di servizi le differenze tra il meridione e il resto del paese sono particolarmente accentuate; come sottolinea il rapporto, il volume di offerta di servizi alla persona e alle famiglie nelle regioni del mezzogiorno è sistematicamente inferiore a quello medio nazionale.
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