Isola del Giglio: come sarà il dopo Concordia?
Bella e romantica, l’isola del Giglio è saltata alla cronaca a causa della Costa Concordia
Come sarà il dopo Concordia all’isola del Giglio? Di questo parleranno gli esperti, nella riunione che si tiene martedì 25 novembre, all’Acquario di Genova. In questa occasione si valuterà da un punto di vista scientifico e tecnico, la richiesta del Comune del Giglio di non smantellare le strutture d’acciaio subacquee realizzate per il recupero della Costa Concordia. Con la proposta non è concorde il Ministero dell’Ambiente, che ha richiesto la totale rimozione di queste strutture e il ripristino dei fondali in base all’accordo stipulato tra Costa Crociere, società assicuratrici, Ministero e Conferenza dei Servizi Stato/Regione.
L’iniziativa è promossa dall’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee, – l’organizzazione no profit riconosciuta dall’UNESCO e parte dell’Advisory Board del Research Project Cognitive Robots for Cooperation with Divers in Marine Environments, finanziato dalla UE Commission – le cui finalità sono sviluppo, conoscenza e divulgazione delle attività subacquee e la diffusione della cultura del mondo sottomarino in un contesto interdisciplinare. L’Accademia, presieduta dal Prof. Paolo Colantoni dell’Università di Urbino, si è attivata per aiutare il Comune del Giglio a mantenere le piattaforme in loco, promuovendo un’opera di sensibilizzazione e informazione sull’opportunità di conseguire vantaggi ambientali e occupazionali consistenti.
Le barriere sommerse sono delle strutture che in determinate condizioni ambientali favoriscono la nascita di un habitat nel quale molte specie trovano riparo e protezione. Un vantaggio sia sotto il profilo biologico – diventano spesso zone di produzione e di concentrazione di specie anche d’interesse commerciale – che ludico, poiché una barriera diventa un luogo d’immersioni subacquee con ricadute economiche anche di rilievo (1,2,3). Una barriera artificiale può essere costruita dall’uomo o essere il risultato di un incidente, come nel caso della piattaforma Paguro in Adriatico o della superpetroliera Haven davanti ad Arenzano, in ogni caso, quando sono progettate appositamente, le barriere sommerse hanno n costo ragguardevole sia di costruzione che di posizionamento.
‘In questo momento l’Italia ha la possibilità di ritrovarsi, senza alcun costo, una barriera artificiale già costruita e posizionata. Un’opportunità fortuita, offerta dalle piattaforme subacquee costruite all’Isola del Giglio su cui è stato posizionato il relitto della Concordia, prima di procedere al suo rigalleggiamento. Demolire queste strutture, oltre all’evidente costo, può essere ancora una volta una fonte di inquinamento per quelle acque. A questo punto, è meglio lasciar fare alla natura’, sostiene Riccardo Cattaneo-Vietti, professore ordinario di Ecologia all’’Università Politecnica delle Marche.
‘Prima di tutto la proposta di smantellare tutto e di riportare il fondale “alle origini”, una volta rimossa la Concordia, fu fatta sull’onda dell’ emergenza e dello shock dell’evento e di un protocollo firmato in fretta e furia, non conoscendo assolutamente quali sarebbero stati i sistemi di recupero da utilizzare e le relative strutture da mettere a mare, ha affermato Francesco Cinelli, già professore ordinario di Ecologia all’Università di Pisa. ‘A questo punto – prosegue Cinelli – la decisione da prendere deve essere invece valutata con grande ponderazione. L’ipotesi paventata è quella non solo di togliere la gran quantità di materiali eterogenei di diversa natura abbandonati sul fondo, e su questo credo che tutti siano d’accordo, ma soprattutto di smantellare anche le piattaforme di acciaio che hanno sostenuto la Concordia fino al suo rigalleggiamento. Riteniamo che questa seconda operazione sia in grado di arrecare ulteriori danni ambientali invece di restituire il fondale nelle condizioni originarie come era stato ipotizzato al momento dell’incidente’.
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