Legambiente: Renzi porta Italia alla deriva petrolifera
Legambiente sostiene che Renzia faccia delle scelte scellerate di politiche energetiche a vantaggio unicamente delle compagnie petrolifere
Legambiente denuncia la politica energetica di Renzi. In Italia, un’area grande quanto l’Inghilterra è sotto scacco delle compagnie petrolifere, grazie a un Governo che mentre da mesi annuncia un green act per l’Italia di fatto svende l’ambiente, il futuro e la possibilità di un sistema energetico pulito. La ciliegina sulla torta avvelenata l’ha messa ieri il ministro Guidi che ha difeso non solo le trivellazioni ma anche l’utilizzo della tecnica dell’airgun per la ricerca dei giacimenti. Le riserve certe di petrolio presenti sotto i mari italiani sono assolutamente insufficienti a dare un contributo energetico rilevante al nostro Paese, ma a fronte di questi quantitativi irrisori di greggio – che basterebbero a soddisfare il fabbisogno energetico italiano per appena 8 settimane – si stanno ipotecando circa 130mila kmq di aree marine.
Per questo Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente, consegna simbolicamente la bandiera nera al premier Matteo Renzi, per l’evidente deriva petrolifera che ha caratterizzato e caratterizza le scelte del suo Governo. Il poco ambito vessillo che Legambiente assegna ai nuovi pirati del mare, ovvero tutti coloro che si sono contraddistinti per azioni a danno di questa risorsa, arriva non a caso con l’ingresso dell’imbarcazione ambientalista nel canale di Sicilia, una delle aree a maggior rischio trivellazioni, e dopo decine di iniziative che, a partire dalla Croazia e fino al mar Ionio, hanno ospitato a bordo di Goletta verde amministratori regionali e locali, sindaci, enti locali, aree protette marine e costiere, operatori turistici, balneatori, pescatori, cittadini, che con il loro impegno e la loro voce hanno detto chiaramente no al petrolio e a una strategia energetica insensata e impattante aderendo al manifesto di Legambiente #StopSeaDrilling.
Solo nel basso e medio Adriatico, nel mar Ionio e nel Canale di Sicilia (le aree maggiormente interessate da giacimenti petroliferi) sono infatti attivi 15 permessi di ricerca rilasciati (5.424 kmq), 44 richieste avanzate dalle compagnie per la ricerca (26.060 kmq) e 8 per la prospezione (97.275 kmq), oltre le 5 richieste di concessione per l’estrazione di petrolio (558,7 kmq).
“Tutto questo – afferma Rossella Muroni, direttrice di Legambiente – a discapito delle ricchezze naturali, di biodiversità, ambientali e in termini di risorsa, anche economica, per le comunità locali che ancora oggi il nostro mare offre. Fermare l’estrazione e la ricerca di petrolio è nell’interesse generale del Paese e di gran parte dei settori economici, a partire dalla pesca e dal turismo. Sostenerla e supportarla con norme ad hoc, come l’articolo 38 dello Sblocca Italia approvato a fine 2014, risponde solamente agli interessi delle compagnie petrolifere. Continuare a rilanciare l’estrazione di idrocarburi è il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico per il nostro Paese. È tempo che questo Governo si svincoli davvero dal passato e pensi seriamente al futuro dell’Italia piuttosto che agli interessi delle lobby dell’oro nero”.
E a dimostrare ulteriormente la miopia energetica del Governo Renzi sono arrivate le dichiarazioni del ministro Federica Guidi che rispondendo ad una interrogazione dell’On Latronico (FI) al question time in Parlamento sui permessi di ricerca nel Mar Jonio – ed in particolare dell’istanza D79 di Enel Longanesi – ha sostenuto che la ricerca petrolifera si farà e in particolare che “la tecnica di prospezione airgun non comporta alcun effetto né sui fondali né sulla fauna marina”.
“Le parole pronunciate dal ministro Guidi ci preoccupano molto e non considerano le conclusioni a cui sono arrivati numerosi studi, ricerche e regolamenti nazionali e internazionali – sottolinea Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente -. È l’Ispra stessa che, nel rapporto del maggio 2012, riporta i molteplici effetti negativi che l’utilizzo dell’airgun comporta sulla fauna marina e sui cetacei in particolare. Non tenerne conto vuol dire negare l’evidenza. Il ministro sostiene inoltre che non c’è nessun conflitto tra le attività estrattive e le attività tursitico-balneari. Si ignora per l’ennesima volta la mobilitazione di intere comunità lungo tutte le coste italiane (e non solo) contro il petrolio, che vede uniti cittadini, associazioni, associazioni di categoria, istituzioni. Un fronte che cresce a vista d’occhio è che non permetterà di anteporre l’interesse delle compagnie petrolifere alla salute ed al futuro dei nostri mari.”
Proprio per evidenziare gli effetti negativi dell’airgun e vietarne l’utilizzo ai fini petroliferi Legambiente ha lanciato la petizione #stopoilairgun che in pochi giorni ha già raggiunto più di 35mila firme. Una raccolta firme, realizzata in collaborazione con Change.org, che è ancora possibile sottoscrive a questo indirizzo.
gc
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