Pongamia: un albero dai mille usi
Potrebbe diventare il sostituto buono dell’olio di palma
La Pongamia pinnata, (sin. Millettia pinnata), conosciuta anche come albero malapari o Karanja, si trova in tante zone dell’Asia e dell’Australia. La specie è coltivata anche in Africa, negli Stati Uniti e in altri paesi.
Recenti ricerche hanno dimostrato che l’albero ha un grande potenziale per il rimboschimento di paesaggi danneggiati o degradati. Cresce bene in ambienti umidi e subtropicali, e la sua fitta rete radicale e il fittone (la radice principale delle piante) lo rendono resistente alla siccità.
Apporta benefici sia agli esseri umani che agli animali.
Apprezzato come un albero ornamentale, i suoi fiori profumati sono una fonte di polline e nettare da cui le api producono miele scuro. Questo miele può essere raccolto per l’apicoltura e diventare una fonte di sostentamento per le comunità rurali. Le foglie hanno anche molti scopi medicinali. L’olio ricavato dai suoi semi può essere utilizzato come linimento per malattie della pelle e reumatiche. È anche usato per trattare dolori di stomaco, dispepsia e malattie del fegato.
Per gli allevatori, le foglie hanno un grande valore come foraggio, in particolare per bovini e capre. L’estrazione dell’olio dai semi può anche produrre un composto che può essere utilizzato come fertilizzante o come mangime per animali per ruminanti e pollame.
L’olio dell’albero è stato a lungo come combustibile per lampade, come materia prima per saponi, vernici e vernici, per respingere gli insetti nelle aree di stoccaggio e come repellente per le zanzare. Il legno può essere utilizzato come combustibile, spesso come carbone, e le ceneri risultanti utilizzate come agente colorante.
Da alcuni anni è anche utilizzato come biocarburante che può essere utilizzato per alimentare pompe d’acqua e generare elettricità nelle zone rurali con accesso limitato all’elettricità.
La novità, nel suo utilizzo, arriva dalle Hawaii: l’azienda Terviva è riuscita ad eliminare l’amaro dall’olio estratto dai semi, trasformandolo in un prodotto denominato Ponova, ricco di Omega-9 e con il 25% di grassi saturi.
L’obiettivo adesso è quello di riuscire a sostituire in larga parte l’olio di palma e di soia, utilizzando questo albero che ha tutte le carte in regola per contribuire ad un cambiamento che potrebbe fermare l’abbattimento delle foreste pluviali.
Luna Riillo