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L’era della plastica

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Secondo gli scienziati, questo periodo sarà ricordato per l’immensità di rifiuti non biodegradabili che si sta lasciando dietro, in forma ormai fossile

Secondo un recente studio, pubblicato sulla rivista Science Advanced, l’inquinamento della plastica è diventato talmente abnorme che ormai si è depositato nella nostra documentazione fossile: bottiglie d’acqua, buste e microfibre sono i protagonisti di quella che già in molti chiamano «l’età della plastica».

Gli scienziati spiegano che, ogni anno, nell’oceano, entrano dai 4,8 e i 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica e che visto che, «popolazioni più grandi producono più rifiuti e si prevede che la popolazione mondiale aumenterà in modo sproporzionato nelle regioni costiere», c’è da porsi l’enorme problema del deposito delle particelle di microplastica nei sedimenti oceanici costieri, che non farà che aumentare.

Lo studio si è posto questo problema analizzando «i sedimenti costieri del bacino di Santa Barbara, in California, per i cambiamenti storici nella deposizione della microplastica, utilizzando un nucleo scatolato, che copriva un intervallo tra il 1834 e il 2009». In questo modo, gli scienziati hanno potuto raccontare come l’aumento del deposito della plastica sia diventato esponenziale dopo il 1945, con un tempo di raddoppio di 15 anni, e come le particelle di plastica trovate siano principalmente fibre di tessuti sintetici, che indicano che le materie plastiche si muovono volontariamente sull’oceano attraverso le acque reflue.

«E così, dopo l’età della pietra, l’età del bronzo e quella del ferro, questa sarà l’età della plastica» – lo ha detto il ricercatore capo, Jennifer Brandon, in un’intervista al The Guardian.

 

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