Rivoluzionaria scoperta nella Great Pacific Garbage Patch: il fungo marino che mangia la plastica
Il Parengyodontium album e la straordinaria capacità di degradare la plastica
La lotta contro l’inquinamento da plastica ha recentemente ricevuto un impulso significativo grazie alla scoperta di un fungo marino con la capacità di degradare la plastica. La notizia, che ha suscitato grande interesse nella comunità scientifica e oltre, riguarda il Parengyodontium album, un fungo marino trovato nella Great Pacific Garbage Patch, la più vasta accumulazione di rifiuti plastici negli oceani, situata tra la Bassa California e il Giappone.
Il Parengyodontium album è stato scoperto dai ricercatori del Royal Netherlands Institute for Sea Research (Nioz) durante uno studio mirato a identificare organismi marini in grado di degradare la plastica. Questo fungo predilige il polietilene, uno dei polimeri plastici più comuni, utilizzato per produrre bottiglie d’acqua e sacchetti della spesa. Tuttavia, il fungo può degradare efficacemente la plastica solo dopo che questa è stata esposta ai raggi UV, un processo che inizia a rompere i polimeri rendendoli più accessibili per l’azione del fungo.
La capacità del Parengyodontium album di degradare la plastica rappresenta una svolta significativa nella bioremediation, ovvero l’utilizzo di organismi viventi per pulire l’ambiente. Questo fungo potrebbe essere coltivato e utilizzato per trattare rifiuti plastici sia in mare che sulla terraferma, contribuendo così a ridurre l’inquinamento plastico.
Non è la prima volta che un fungo con tali capacità viene scoperto. Nel 2011, il Pestalotiopsis microspora, trovato nelle foreste pluviali dell’Ecuador, dimostrò la capacità di degradare poliuretano. Anche l’Aspergillus tubingensis, scoperto in una discarica pakistana nel 2017, è in grado di smontare polimeri come poliuretano e poliestere in pochi mesi. Tuttavia, la scoperta del Parengyodontium album in un ambiente marino su una scala così vasta rappresenta un significativo passo avanti.
Nonostante le promesse, ci sono ancora molte sfide da affrontare. La produzione su larga scala del fungo e la sua applicazione pratica richiedono ulteriori ricerche. È fondamentale garantire che l’introduzione di questo organismo negli ambienti naturali non abbia effetti negativi sugli ecosistemi. Inoltre, una delle critiche mosse è che il fungo rilascia CO2 durante la degradazione della plastica. Tuttavia, come sottolinea Annika Vaksmaa, ricercatrice coinvolta nello studio, la quantità di CO2 emessa è comparabile a quella prodotta dagli esseri umani durante la respirazione.
Ogni anno, tra gli 8 e i 13 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, causando gravi danni agli ecosistemi marini. Le iniziative attuali, pur importanti, non sono sufficienti a contrastare l’enorme quantità di rifiuti plastici. La scoperta del Parengyodontium album offre una nuova speranza per la pulizia degli oceani.
La natura, come dimostrato in questa e altre occasioni, ha ancora molte sorprese in serbo per aiutarci a risolvere i problemi ambientali che affliggono il nostro pianeta.