La riconnessione dei nervi danneggiati
I ricercatori inventano un «ponte» biodegradabile per la cura dei nervi lesionati che potrebbe curare molte malattie
Per migliorare il trattamento delle lesioni ai nervi, i ricercatori hanno appena svelato l’ideazione di un «ponte» biodegradabile. Per capire quanto questa scoperta sia importante è necessario spiegare di cosa stiamo parlando.
Il sistema nervoso umano è diviso in due parti. C’è il sistema nervoso centrale, che comprende il nostro cervello e il midollo spinale. E poi c’è il sistema nervoso periferico, che consiste di tutti i nervi presenti nelle nostre braccia, nelle nostre gambe e altrove che trasmettono segnali al sistema nervoso centrale.
Se uno di quei nervi periferici subisce un piccolo taglio, il nervo può guarire se stesso, e se il taglio è un po’ più grande possono pensarci i medici a ricollegare le terminazioni nervose recise. Se, però, una ferita o una malattia lasciano una persona con una lesione più significativo nei nervi periferici, la sua unica opzione è quella di un autoinnesto: un chirurgo rimuove il tessuto nervoso sano da una parte meno critica del proprio corpo e lo trapianta nell’area con i nervi danneggiati.
Gli autotrapianti non sono l’ideale, perché in genere ripristinano solo dal 50 al 60% della funzionalità dei nervi danneggiati, ha detto il ricercatore Kacey Marra dell’Università di Pittsburgh a Scientific American, ed è per questo che il ponte inventato del suo team è una scoperta davvero interessante.
Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, il dispositivo è un tubo costruito con lo stesso polimero utilizzato per i punti dissolvibili.
Nelle pareti del tubo sono incorporate microsfere del fattore neurotrofico derivato dalle cellule gliali, una proteina che promuove la sopravvivenza dei neuroni.
Quando il team ha impiantato il dispositivo in macachi con grandi difetti nervosi nelle braccia, questo ha agito come una guida per la crescita di nuovi nervi, ripristinando alla fine quasi l’80% della funzionalità.
Il team spera di iniziare i test sull’uomo nel 2021. Ci vorranno almeno tre anni, ha detto Marra a Scientific American, ma se tutto andrà come sperato, i chirurghi potrebbe avere molto presto una alternativa migliore degli autotrapianti per la riparazione di gravi danni ai nervi.
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