Quanti rischi dietro al flop di Facebook

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Facebook si trasforma e da divertimento diventa affare ed entra in Borsa, sottostando alle regole del capitalismo. Ma il debutto e’ un flop, ecco i rischi

 

di Antonio Galdo

 

La faccia di Zuck che in questi giorni circola sul web non è sorridente, leggera e levigata come quella che ha accompagnato tutta la narrazione planetaria sul fondatore di Facebook. No, a questo giro Mark Zuckerberg appare preoccupato, scosso, nonostante si ritrovi in saccoccia qualcosa come una ventina di miliardi di dollari, pari al valore del suo pacchetto di azioni dopo la quotazione monstre dei giorni scorsi. Forse l’uomo-bambino ha finalmente paura, con i suoi 28 anni festeggiati con il cane Beast, anche lui prigioniero del social network del padrone (572.423 like sulla sua pagina Facebook). Forse perde fiato la sicurezza, a rischio onnipotenza, di un innovatore abile quanto ambizioso, magari stordito dal piacere di sentirsi, già oggi, il capo azienda di una società per azioni che vale più di McDonald’s o della Goldman Sachs.

Sicuramente Zuck è troppo intelligente e sveglio per non avere capito che il collocamento di Facebook, con il patetico tentativo di Morgan Stanley di rimborsare qualche vittima del “parco buoi” per evitare guai peggiori (in America con le class action non si scherza), si sta trasformando nel nuovo colpo grosso del solito capitalismo, predone e senz’anima, che ci ha accompagnato nel baratro della Grande Crisi. Attorno al banchetto di Facebook in versione Wall Street si sono piazzati tutti, ognuno ai propri posti, pronti a gonfiare la bolla, tanto alla fine nessuno paga pegno: banchieri, consulenti, esperti di varia umanità, finanzieri, avvocati d’affari, padrini delle agenzie di rating. Pezzi grossi, insomma, perché la torta da spartirsi è grossa e perché partecipare a questo tipo di festeggiamenti significa vincere il biglietto della lotteria. Pezzi grossi, che manovrano le oscillazioni di Facebook come le montagne russe degli spread del debito pubblico. Titolari di un potere vero, non virtuale, tracimato e gonfiato, come i prezzi delle varie bolle messe in fila una dietro l’altra, parallelamente a una politica sempre più sgonfia, sempre più nell’angolo tra i colpi di una recessione ingovernabile e di campagne elettorali vissute con le spalle al muro di fronte alla rabbia dei cittadini impoveriti.

 

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