Ti trovi bene in quarantena? E se fossi un «covivert»?
Se stai bene in quarantena e non ti senti né esclusivamente introverso né esclusivamente estroverso, covivert potrebbe essere il termine che fa per te
Sappiamo bene quanto si faccia ormai grande fatica a riconoscersi in molte delle definizioni categoriche che ci portiamo dietro da decenni. Di commenti che chiunque ha fatto sulla nostra personalità e test online di conferma che noi stessi abbiamo compilato per cercare di capire qualcosa sui nostri comportamenti.
Cose come: in amore sei una preda o un conquistatore? Sul lavoro, sei un leader o un gregario? Nel rapporto con gli altri, ti senti un introverso o un estroverso?
Dopo che la pandemia ci ha costretti a stare in quarantena, chiusi nelle nostre case, sono state molte le analisi che sono state fatte, cercando di capire come queste categorizzazioni si siano adattate alle condizioni vissute.
E tra prede, conquistatori, leader e gregari, ci si è domandati soprattutto come estroversi e introversi si siano trovati durante il lockdown. In costante faccia a faccia con se stessi.
Quello che ne è venuto fuori è che sia gli estroversi che gli introversi si sono trovati male.
I primi perché non si sono potuti interfacciare col prossimo e operare la loro socialità; i secondi perché hanno sofferto la mancanza delle abitudini rigide con cui riuscivano a interfacciarsi con il mondo, stando però al riparo dalle difficoltà.
Ma, allora, se ci siamo trovati bene in quarantena, che vuol dire?
A rispondere a questa domanda, come racconta Design Taxi, è arrivata Nikki Vergara, laureata in Psicologia Positiva Applicata, cofondatrice della società di consulenza gestionale Positive Workplace e coach con certificazione Gallup presso la Clifton Esteban.
La Vergara ha spiegato che una persona che si è trovata bene in quarantena non è né estroversa (extrovert), né introversa (introvert), ma un mix delle due personalità ed ha anche coniato un nuovo termine per descriverla: «covivert».
In sostanza, i covivert sono stati bene in quarantena perché questo gli ha dato la possibilità di avere il loro tempo in solitudine ma anche un’interazione controllata con gli altri, visto che ci si è spostati su una socialità virtuale.
Vergara dice che forse l’emergere di questo tipo di personalità in una condizione estrema è una forma di adattamento dell’animo umano e che, quando l’emergenza finirà, questo modo di essere potrebbe ad avere più consapevolezza della maniera in cui vogliamo stare nel mondo.
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