Orsi polari negli zoo drogati con il Prozac per evitare la depressione
Per tenere calmi gli animali costretti in cattività, gli zoo sono pronti ad usare i farmaci
Chiunque decida di andare allo zoo non può non essere consapevole del fatto che la smania di osservare da vicino le specie animali ne avvalla la reclusione in ambienti assolutamente inadatti. L’isolamento sociale, la noia di vivere in un recinto piccolissimo, la lontananza dal proprio habitat naturale, provoca in molti degli animali costretti a vivere in cattività l’esplosione di malattie mentali.
Forse per un visitatore è un’esperienza unica vedere un orso polare che nuota e si avvicina al vetro attraverso cui lo si sta osservando, ma per un orso polare non è questa la vita, non è questo il comportamento che userebbe in natura.
Gli zoo sono da sempre accusati di essere delle prigioni, un’imputazione che francamente è impossibile da smentire. Quello che invece si cerca di smentire e di nascondere, sono le pratiche che vengono messe in atto per gestire gli orsi polari e gli altri in animali, per fare in modo che i disturbi psichici verso i quali questa condizione li spinge non creino danni al funzionamento dello zoo e quindi vengono drogati con antidepressivi ed altri farmaci: ormai è diventata una pratica comune.
Il termine con cui questi disturbi vengono classificati è zoochosis, psicosi da zoo, ovvero stereotipie animali che consistono in movimenti inusuali e ripetitivi, come girare, oscillare, toelettarsi in continuazione, auto-mutilarsi e altre pratiche chiaramente ossessive e contrarie ai loro istinti naturali. A volte, gli zoo impiegano programmi di «arricchimento» per allontanare la noia, come dargli da mangiare del cibo che richiede molto tempo per essere mangiato o giochi di vario genere, ma troppo spesso si finisce per passare all’utilizzo di farmaci per mantenere calmi e docili gli animali, in modo che i visitatori possano essere intrattenuti .
Da tempo, la storica della scienza e scrittrice Laurel Braitman si occupa di raccontare e denunciare queste patologie nella serie di suoi libri Animal Madness (http://animalmadness.com/): famoso il caso di Gus, un orso dello zoo di Central Park che, alla metà degli anni ’90, ha iniziato a nuotare in maniera compulsiva, anche per dodici ore al giorno, a spaventare i bambini dai vetri e ad assumere tutta una serie di comportamenti che gli sono valsi il soprannome di orso «bipolare». Nonostante il Prozac e le molte migliaia di dollari spese in cure, alla fine, Gus, è stato abbattuto.
La domanda è: ne vale davvero la pena?
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