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Senza filtri: sa tutto di noi e “vive” tra le nostre mura domestiche

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Un oracolo per le aziende che vogliono lanciare un nuovo prodotto e siamo noi ad averlo accolto nelle nostre vite

Abbiamo cominciato a parlare con le auto, dando istruzioni per la gestione del navigatore per non distrarci dalla guida. Poi abbiamo cominciato a parlare con i telefonini, chiedendo di chiamare qualcuno o di avviare una ricerca su qualche argomento.

Poi, pian piano hanno cominciato ad apparire piccoli oggetti nelle nostre case chiamati assistenti vocali, e in breve tempo abbiamo cominciato a parlare con Alexa, Google e Siri, chiedendo le cose più disparate. Ognuno di loro è collegato a diversi servizi aggiuntivi, dal semplice streaming musicale allo shopping, fino alla gestione di elettrodomestici, illuminazione ed automazione delle nostre case.

Oggi voglio parlare di Alexa, che, grazie alla sua casa madre Amazon, è quella che integra più servizi.

In principio l’ho acquistata perché’ con l’abbonamento Prime si può ascoltare musica in streaming. Poi ho scoperto che si può fare molto di più. Attivando skills specifiche (che non sono altro dei comandi precompilati) posso collegare il dispositivo a tanti servizi online che utilizzo quotidianamente, ma anche gestire alcune cose della mia casa. In men che non si dica, mi sono fatto sopraffare dalla pigrizia, e grazie alle prese wifi posso accendere e spegnere le luci chiedendolo ad Alexa, grazie al termostato wifi posso regolare la temperatura senza alzare i miei glutei pigri dal divano.

Più che assistente è diventata il mio maggiordomo.

Ma quanto è bella questa Alexa, mi ascolta quando voglio spegnere le luci, mi ascolta quando voglio sentire musica, mi ascolta quando le chiedo informazioni su cose che mi interessano…mi ascolta…mi ascolta…ma quanto mi ascolta?!

Di lavoro faccio il ricercatore di mercato. Per lo più aiuto aziende ad ascoltare i propri consumatori per aiutarle a prendere decisioni strategiche accurate e che rispondano alle esigenze dei propri clienti. Un bel giorno mi sono chiesto, ma niente niente questa intrusa, che ascolta h24, mi sta fregando il lavoro? E ho cominciato a fare delle riflessioni.

La maggior parte delle aziende oggi effettua una continua profilazione dei propri clienti, in modo da poter offrire un servizio sempre più personalizzato e che risponda ad esigenze individuali.

Come avviene questa profilazione? Mediante due tipi di dati.

I dati demografici, che individuano il consumatore (età, sesso, stato di famiglia, località di residenza, etc.), e i dati psicografici, cioè quelli comportamentali, che ci dicono cosa ci piace e cosa non ci piace, e descrive il nostro stile di vita. E dunque Alexa che fa?

Alexa ha già i nostri dati demografici. Li abbiamo dati quando ci siamo iscritti ad Amazon, per creare il nostro utente. E i dati psicografici? Quelli sono faticosi da ottenere. Io impiego giorni, settimane per osservare i consumatori per capire il loro stile di vita. Spesso devo interagire con loro di persona, con interviste, focus groups, osservazioni etnografiche, per capirne comportamento.

Alexa non ha bisogno di chiederci nulla, siamo noi che di continuo, e senza accorgercene, le raccontiamo la nostra vita, i nostri gusti e le nostre preferenze.

Ogni volta che effettuiamo un acquisto su Amazon stiamo, inconsapevolmente, condividendo informazioni sui nostri gusti. Quando la utilizziamo per comandare la nostra casa, le stiamo inconsapevolmente dicendo a che ora andiamo a letto (molto probabile se spengo la luce alle 23 e contestualmente il termostato cambia la temperatura), e quando ascoltiamo la musica, le stiamo raccontando del nostro temperamento, tramite il genere musicale e forse anche le parole contenute nelle canzoni che ascoltiamo. E questa è solo una piccola lista delle occasioni in cui raccontiamo la nostra vita ad Alexa. Tutte informazioni legali e utilizzabili, poiché trattate in forma anonima.

In passato, però, è successo che Amazon fu costretta ad ammettere che le conversazioni non venivano solo utilizzate per creare dati aggregati anonimi, ma venivano addirittura registrate e conservate, con la scusa del miglioramento del riconoscimento vocale.

Nel 2018, in Germania, è successo che Amazon ha inviato per ‘errore umano 1.700 registrazioni audio effettuate con Alexa alla persona sbagliata.

I file includevano anche le registrazioni audio della persona sotto la doccia, secondo il racconto. La richiesta era stata avanzata da un utente per conoscere le conversazioni memorizzate da Amazon, ma un dipendente di quest’ultima sbagliò il destinatario e commise una grave violazione della privacy. Amazon si scusò con entrambi gli utenti per l’errore umano. Se viene mantenuto l’anonimato, Alexa, dunque, registra anche quando non direttamente interpellata?

Se così fosse, siamo davanti ad una banca di dati comportamentali dei consumatori di dimensioni mai avute prima.

Quando una azienda produttrice di bevande deciderà di lanciare un nuovo gusto, avrà ancora bisogno di fare ricerche sui consumatori per valutare il gradimento del prodotto? Oppure interrogherà semplicemente un algoritmo di Alexa, che grazie a tutte le informazioni già raccolte, può dire che al 99% il nuovo gusto sarà un prodotto di successo per il target specifico X (età 20-30, regioni del sud, prevalentemente donne che ascoltano musica pop, indossano prevalentemente jeans e seguono una dieta vegetariana). Eh, si, dimenticavo di dire che Amazon possiede anche la catena di supermercati Wholefoods, quindi sa anche cosa mangi.

In effetti Alexa si sta candidando ad essere l’oracolo delle aziende, ma con un briciolo di orgoglio mi sono detto: vero, ma avrà sempre un approccio passivo, non può porre domande ai consumatori. La settimana scorsa mi si illumina una luce su Alexa. Quella che indica che ci sono notifiche da ascoltare. Chiedo ad Alexa di leggere la nuova notifica, ed ecco che con la sua voce robotica mi dice: “Di recente hai acquistato un riduttore per il gas. Su una scala da 1 a 10, come giudichi la qualità del prodotto?”

Come dicono a Roma: eccalla’! Me la sono tirata.

Ora i dati a disposizione ci sono tutti. Le grandi aziende avranno ancora bisogno di conoscere i propri consumatori? Oppure chiederanno ad Alexa come comportarsi?

Marcello Sasso
Vice President – Aimpoint Research

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