Una cella solare impermeabile

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Creata una nuova cella solare che continua a generare energia anche dopo essere stata allungata, compressa o lavata

Grazie al lavoro dell’Istituto di ricerca giapponese RIKEN e all’Università di Tokyo, è stato possibile produrre una nuova cella fotovoltaica che funziona anche dopo un bel bagnetto. La cella ultra-sottile è rivestita su entrambi i lati con una pellicola impermeabile e continua a funzionare anche dopo essere stata allungata, compressa o lavata: in pratica, potrebbe fare un giro in lavatrice.

Per creare questa cella solare impermeabile in grado di sopportare un lavaggio e continuare a generare energia, i ricercatori giapponesi hanno sviluppato delle cellule fotovoltaiche flessibili, super-sottili e organiche basate su PNTz4T, un materiale che essi stessi aveva sviluppato in passato. Entrambe le parti della cella sono state poi coperte da un elastomero a base acrilica che mentre permette alla luce di raggiungere le cellule, impedisce ad aria e acqua di entrare.

A quel punto, i ricercatori hanno provato le celle solari impermeabili per vedere se riuscivano a mantenere l’efficienza. Il dispositivo aveva un’efficienza iniziale del 7,9% – generava una corrente di 7,86 milliwatt per centimetro quadrato – e dopo essere stato a bagno per due ore la diminuiva del 5,4%. Dopo averlo sottoposto a compressioni – di quasi la metà – per 20 cicli, mentre era immerso in acqua, hanno trovato che si aveva l’80% dell’efficienza iniziale.

I fotovoltaici che in passato erano integrati nel settore tessile subivano una caduta di efficienza o perché non erano robusti abbastanza o perché non resistevano alle deformazioni o perché non riuscivano a rimanere stabili nel lungo termine in acqua o in aria o in una combinazione delle due. Questa nuova cella, invece, impermeabile e resistente alla compressione, potrebbe aprire molte opzioni per i dispositivi indossabili: le celle solari potrebbero alimentare sensori che registrano la temperatura corporea e i battiti cardiaci o forniscono avvisi precoci di problemi sanitari.

Lo studio è stato pubblicato dalla rivista «Nature Energy».

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