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Csm: “La pm molestata doveva denunciare, no a giustizia fai da te”

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Palermo, 30 mar. (Adnkronos) – La pm della Dda di Palermo Alessia Sinatra “ha ritenuto più opportuno, anziché denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria nell’immediatezza dei fatti, utilizzare tale impropria e obliqua modalità di reazione rivolgendosi, in prossimità della votazione del plenum del Csm, all’amico Palamara affinché condizionasse dall’esterno l’attività consiliare”. Ricorrendo “in una sorta di ‘giustizia fai da te’ intesa dall’incolpata come unica modalità suscettibile di darle soddisfazione e riparare in qualche modo il danno subito”. E’ quanto scrive la Sezione disciplinare del Csm nelle motivazioni della condanna alla censura inflitta lo scorso 21 febbraio alla pm di Palermo Alessia Sinatra. Una vicenda che risale al 12 dicembre 2015, quando l’allora procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo avrebbe molestato sessualmente la pm in un corridoio dell’albergo in cui si trovavano per un convegno di Unicost. Condotta punita, sempre in sede disciplinare, con la perdita di due mesi di anzianità per Creazzo. Ma se lui è stato ritenuto colpevole, lei non è stata ritenuta innocente. Il nuovo Csm ha “censurato” Sinatra per gli sms che ha scambiato con Luca Palamara in cui chiamava Creazzo “il porco”. Una sentenza arrivata nonostante La Pg della Cassazione Gabriella De Masellis volesse la pm Sinatra innocente. Ma i giudici no.

Secondo il Csm, in tal modo “la dottoressa Sinatra, nonostante il suo status da magistrata, ha dimostrato evidente e profonda sfiducia nell’istituzione giudiziaria così direttamente colpendone il prestigio e, contestualmente, ledendo la sua stessa immagine di magistrata attraverso l’indebita via dell’appartenenza correntizia, ponendo in essere una condotta che rileva anche sul più generale versante deontologico”.

Secondo il Csm “il tenore delle comunicazioni intercorse tra la dottoressa Sinatra e il dottor Palamara non è quello di una mera provata conversazione su quanto potesse essere condivisibile che il dottor Creazzo andasse a ricoprire l’ufficio cui aspirava, ma è sintomatico dell’intesa tra i due soggetti che a qualunque costo avrebbero dovuto condizionare negativamente i componenti del Csm nella votazione”.

La condotta di Alessia Sinatra, sempre secondo il Csm, “ha oggettivamente leso non solo l’immagine di magistrato della dottoressa Sinatra ma anche quello di tutto il Csm rappresentato pubblicamente quale organo orientabile al di fuori delle corrette e trasparenti dinamiche istituzionali, in base alle esigenze personali dei singoli e delle loro improprie relazioni correntizie”. Ecco come si era difesa Alessia Sinatra davanti ai suoi ‘giudici’ de Csm: “Il 12 dicembre 2015 ho subito un atto orribile, improvviso e imprevedibile, che ha violato la mia sfera sessuale e al contempo ha tradito la fiducia e il rispetto riposti nei confronti di chi, più maturo ed autorevole di me, conosceva la mia storia personale e professionale, riceveva premuroso le mie confidenze, dispensando saggi consigli e preziose rassicurazioni”. Fu un comportamento del tutto inatteso. “Non ci sono giustificazioni per sostenere un’iniziativa tanto invasiva, reiterata e violenta, a fronte di un disagio manifesto, una visibile sofferenza e un dissenso esplicitato lungo tutta la drammatica e convulsa sequenza dove, privata di ogni pur minima capacità di reazione, credo di aver mantenuto il rispetto dei miei principi più saldi, invocando a mia difesa i valori dell’amicizia, della solidità del matrimonio e del rispetto della famiglia, per farlo desistere da un assalto inappropriato, sgradito, del tutto ingiustificato”. “Ho tentato di difendere me stessa proponendo un’immagine esteriore di apparente e assoluta normalità, che non tradisse emozioni, non lasciasse mai trapelare indizi di quanto ingiustamente patito, mantenendo il doveroso rispetto delle istituzioni”, aveva aggiunto la pm. (di Elvira Terranova)

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