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Governo, Meloni insiste su tecnici: Lega rivendica Viminale

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Roma, 4 ott. (Adnkronos) – Nulla è definito, ma, al di là del totonomi, una cosa sembra certa: nel governo di centrodestra i tecnici ci saranno e, come assicura Ignazio La Russa, “non saranno in maniera preponderante”, ma presenti quanto basta. Con buona pace di Matteo Salvini che pure oggi al ‘Federale’ è tornato a chiedere un “governo tutto politico”, rivendicando per sé il Viminale. Giancarlo Giorgetti mette in chiaro la priorità della Lega: “Salvini è il candidato naturale al Viminale”. Secondo gli ultimi rumors, i tecnici potrebbero occupare quelle che da sempre sono considerate le caselle strategiche del risiko ministeriale e dovranno avere il via libera finale del Colle.

Innanzitutto l’Economia e il Viminale: se per via XX settembre in pole resta Domenico Siniscalco, per gli Interni sembra ormai assodato che ci vada un prefetto (sono in corsa Matteo Piantedosi e Giuseppe Pecoraro). Quanto agli Esteri e alla Difesa, raccontano che Giorgia Meloni voglia tenerli ‘per sé’ e affidarli a figure di alto profilo, di natura tecnica appunto, a lei gradite. Per la Farnesina ci sarebbe sempre in ballo Elisabetta Belloni, anche se questo ‘spostamento’ potrebbe comportare una serie di avvicendamenti all’interno dei Servizi segreti non di poco conto.

A questo punto per Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia (dato in lizza per la Farnesina) dovrebbe profilarsi un altro dicastero di prima fascia, come chiesto da Silvio Berlusconi: il Mise, su tutti, o le Infrastrutture, visto che il numero due azzurro è stato commissario Ue per i Trasporti. Ma c’è chi dice che per Tajani si sia riaperta la strada del più alto scranno di Montecitorio, visto che gli ultimi boatos assegnano al centrodestra le presidenze di Camera e Senato.

Se pure alla Difesa dovesse prevalere una scelta non politica, si porrebbe il problema della ‘sistemazione’ del presidente del Copasir Adolfo Urso considerato tra i favoriti. Nel gioco delle compensazioni ci sarebbe in ballo l’ipotesi del doppio vicepremierato. Tutto è legato anche alla elezioni dei vertici del Parlamento. Nel ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio il nome forte è uno solo: quello del senatore Giovanbattista Fazzolari, fedelissimo di Giorgia, che potrebbe assumere la delega per i Servizi segreti, considerato, in realtà, il classico jolly spendibile per qualsiasi ruolo apicale.

Tra i papabili meloniani resterebbe per le Infrastrutture, Ambiente o Cultura, Fabio Rampelli, mentre l’eurodeputato e copresidente dell’Ecr, Raffaele Fitto, ‘tornato’ in Parlamento il 25 settembre, potrebbe lasciare Bruxelles per spendere le sue competenze agli Affari europei. Allo stato, viene dato sempre out Guido Crosetto. Per la Giustizia Fdi Meloni pensa sempre all’ex pm Carlo Nordio (l’altra contendente per lo stesso posto, la leghista Giulia Bongiorno, viene data alla Funzione pubblica) mentre per il Sud si fa il nome del governatore siciliano uscente, Nello Musumeci e dell’ex questore anziano della Camera, Edmondo Cirielli, e per il dicastero delle Riforme quello dell’ex presidente del Senato, Marcello Pera. Daniela Santanchè, altro esponente di Fdi, corre per il ministero del Turismo (che farebbe gola anche alla Lega). Rimane top secret, invece, chi guiderà il neo ministero del Mare.

Berlusconi non molla sui suoi ‘desiderata’: Tajani, Licia Ronzulli, Anna Maria Bernini, Alessandro Cattaneo e Andrea Mandelli sono gli azzurri che il Cavaliere vorrebbe a palazzo Chigi. Il nodo Ronzulli, nato per i dubbi manifestati da Fdi sulla sua promozione a ministeri chiave come la Salute, potrebbe sciogliersi, dirottando la fedelissima di Arcore a un dicastero di fascia medio-alta, come la Famiglia. Non è chiaro chi tra i governativi azzurri farà il capo delegazione, anche qui ci sarebbe una partita in corso. Così come tutta da giocare è un’altra partita, quella dei nuovi capigruppo di Fi: se al Senato circola il nome di Gianfranco Miccichè, non è escluso che a Montecitorio possa aprirsi una corsa per contendere la riconferma a Paolo Barelli.

Dalla Lega, che oggi ha riunito a Roma il Consiglio federale per ribadire che il nascente governo deve essere “politico” perché è “finita la stagione dei tecnici”, si leva di nuovo la richiesta del Viminale per Salvini. Incassato il nuovo via libera dai suoi (“ha fatto già bene agli Interni, ci deve tornare”, è il refrain), il numero uno di via Bellerio esce dagli uffici della Camera con gli appunti raccolti nella riunione.

Nel foglio i ministeri dell’Agricoltura, le Infrastrutture, gli Affari regionali, e appunto l’Interno, unica casella accoppiata al nome – il suo -. Restano in campo i nomi di Gian Marco Centinaio per l’Agricoltura, di Edoardo Rixi per il Mit, di Erika Stefani per gli Affari regionali. Ma nella lista figurano anche Giustizia e Sanità. “Ora c’è un lista di ministeri di interesse per la Lega, ma non abbiamo parlato di nomi”, dice Giancarlo Giorgetti: “Il Viminale solo per Salvini? Mi sembra il candidato naturale…”. E sulla strada del ministero dell’Interno al leader della Lega, nemmeno Forza Italia si mette di traverso: “Nessun veto su Matteo Salvini”, assicura Tajani.

Come tradizione, il rebus dei ministri, dunque, si risolverà solo quando saranno eletti i vertici del Parlamento. Per la guida di palazzo Madama nelle ultime ore è tornato a circolare con insistenza il nome di Ignazio La Russa, uno dei fondatori di Fdi e vicepresidente uscente. Del resto, fanno notare, ci sono già dei ‘precedenti’ che giocano a favore di La Russa: con Berlusconi premier la seconda carica dello Stato è rimasta al centrodestra ben due volte: con Marcello Pera nel 2001 e Renato Schifani nel 2008.

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