Mafia: giudici, ‘da La Barbera abusi e forzature ma non era vicino a Cosa nostra’
Palermo, 6 apr. (Adnkronos) – “Non vi è dubbio alcuno che” l’ex dirigente della Squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, a capo del gruppo investigativo Falcone e Borsellino, “fu interprete di un modo di svolgere le indagini di polizia giudiziaria in contrasto – non solo oggi ma anche nel tempo – prima ancora che con la legge, con gli stessi dettami costituzionali”. Lo scrivono i giudici di Caltanissetta nelle motivazioni del processo sul depistaggio Borsellino. La Barbera, secondo i giudici, “pose consapevolmente in essere una lunga serie di forzature, abusi e condotte certamente dotate di rilevanza penale”.
Però “gli elementi probatori analizzati non consentono di ritenere che La Barbera fosse concorrente esterno all’associazione mafiosa o che l’abbia agevolata favorendo il perdurare dell’occultamento delle convergenze dell’associazione con soggetti o di gruppi di potere cointeressati all’eliminazione di Paolo Borsellino e dei poliziotti della sua scorta”. Per i giudici La Barbera era “anche egli una anello intermedio della catena e sarebbe stato importante potere risalire quella catena per potere apprendere appieno scopi e obiettivi dell’attività di cui si discute”.