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Per il 2023 attesa crescita economica dello 0,6%

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Roma, 28 dic. (Adnkronos/Labitalia) – Tra ripresa post pandemica e recessione dovuta al conflitto in Ucraina, come si chiude il 2022? Cosa dobbiamo aspettarci per il nuovo anno? Per rispondere a questi interrogativiEY Italian Macroeconomic Bulletin analizza le principali variabili macroeconomiche, le dinamiche internazionali, gli indicatori congiunturali, elaborando un quadro della situazione attuale dell’economia italiana e fornendo previsioni a medio termine, sulla base di un nuovo modello macroeconometrico proprietario, realizzato in collaborazione con il dipartimento di scienze economiche dell’università di Bologna. Ecco qualche anticipazione dei principali dati del report per il nostro Paese: la crescita attesa per il 2023 è dello 0,6% contro il 3,8% del 2022, il tasso d’inflazione l’anno prossimo dovrebbe scendere dall’8,2% al 7,1%, il deficit pubblico stimato passerebbe dal 5% al 4,1%, il tasso di disoccupazione si attesterebbe appena sotto l’8%.

L’economia mondiale si trova in un periodo di grande incertezza emersa con la guerra in Ucraina con conseguenze che si riflettono sui principali indicatori macroeconomici. Ad esempio, il Prodotto Interno Lordo (PIL) reale mondiale nel 2023 dovrebbe crescere dell’1,3%, a fronte di una crescita del 3,1% nel 2022 e di una media dell’ultimo decennio del 2,7%.

Non di meno il tasso di crescita dei prezzi, che nei Paesi Ocse registra un aumento atteso nel 2022 del 9,4%, circa sei volte superiore alla media del periodo 2013-2019. Il peso di un’inflazione così elevata incide particolarmente sui costi di produzione delle imprese, porta alla riduzione del reddito reale delle famiglie e costringe le Banche centrali a politiche monetarie restrittive con conseguente rallentamento dell’attività economica.

Tra le principali sfide da affrontare c’è quella delle tensioni sul mercato energetico, caratterizzato dal netto aumento dei prezzi di petrolio e gas naturale, che dall’inizio del 2019 a fine novembre 2022 sono aumentati rispettivamente del 54% e del 392%, nonostante una recente flessione dovuta alla diminuzione della domanda complessiva di gas, ma anche ad un piano di azioni a livello europeo per cercare di contrastare le fluttuazioni dei prezzi.

L’aumento generale dei prezzi è connesso anche alle problematiche lungo le catene del valore che hanno caratterizzato l’economia mondiale durante la fase acuta della pandemia e che hanno creato delle strozzature nella supply chain. Tali problematiche risultano negli ultimi mesi in parziale diminuzione grazie, ad esempio, alla riduzione dei tempi di consegna delle merci e allo smaltimento degli ordini arretrati.

Incertezza economica e aumento dei prezzi hanno causato un cambio di rotta nella politica monetaria delle maggiori banche centrali che ha portato un aumento del tasso di interesse di riferimento, tale da rendere più onerosi gli investimenti per le imprese e influenzare negativamente la domanda di beni e servizi. A ciò si aggiunge il termine di alcuni programmi di acquisto di titoli da parte della Bce, con il conseguente aumento dei tassi di interesse pagati sul debito pubblico, come evidenziato dall’analisi del rendimento dei titoli di stato italiani a 10 anni. L’aumento registrato avrà in futuro un impatto sulle emissioni di debito pubblico con una maggiore pressione sulle finanze dello stato e sulla sostenibilità del debito stesso, che in Italia si attesta a un valore attorno al 150% del Pil.

A novembre 2022 l’inflazione complessiva in Italia si attesta all’11,8% rispetto allo stesso mese del 2021, in Germania al 10%, in Francia al 6,2%. Riguardo al peso delle singole componenti sull’andamento dell’indice dei prezzi al consumo (Ipc), i dati del report evidenziano come nonostante la componente energetica sia quella che ha registrato l’aumento maggiore, questa abbia un peso pari a circa il 10% del totale, motivo per il quale tali dinamiche si riflettano solo in parte sull’Ipc.

Nella definizione del tasso di inflazione, infatti, influisce molto di più il settore servizi (per il 38,7% al 2022) rispetto a quello dell’energia. Un altro indicatore influenzato da un’elevata inflazione è la crescita del valore nominale dei salari che dovrebbero aumentare in modo da poter contrastare la riduzione del potere d’acquisto dei consumatori, rischiando di innescare ulteriori pressioni al rialzo sui prezzi.

“L’economia italiana ha mostrato una forte dinamicità nei primi tre trimestri del 2022, trainata soprattutto dalla domanda interna dei consumi delle famiglie e degli investimenti, proseguendo nel percorso di ripresa dalla crisi pandemica intrapreso già nel 2021. Gli indicatori però evidenziano una prospettiva incerta per il trimestre in corso e per quelli successivi, come conseguenza dell’elevata inflazione e del suo effetto sul reddito disponibile reale delle famiglie e sui costi delle imprese. I consumi sono attesi in leggero aumento dal secondo trimestre del 2023 e le esportazioni, seppur in rallentamento, torneranno ad apportare un contributo netto positivo alla crescita. Gli investimenti saranno in crescita, ma stimiamo un rallentamento a causa di un quadro economico più debole e incerto, oltre a tassi d’interesse più elevati. Infine, il Pnrr giocherà un ruolo fondamentale perché il PIL si mantenga su un sentiero di crescita”, ha commentato Mario Rocco, Partner EY, valutation, modelling and economics leader.

In Italia i dati indicano una costante crescita economica che prosegue consecutivamente da sette trimestri, seppur con un rallentamento registrato nel terzo trimestre del 2022. In questo periodo, infatti, il PIL è cresciuto dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto allo stesso trimestre del 2021. Il principale contributo alla crescita registrata già l’anno scorso e proseguita nei primi 9 mesi del 2022 è dovuto ai consumi delle famiglie e agli investimenti. Nello specifico, gli investimenti rappresentano la componente più dinamica del PIL con un aumento di circa il 20% rispetto al terzo trimestre del 2019. Anche i consumi hanno avuto una crescita considerevole, tornando ad allinearsi con la fase pre-pandemia.

Il modello econometrico di EY stima per il quarto trimestre dell’anno una lieve contrazione del Pil rispetto al trimestre precedente, dovuta in particolare a una riduzione dei consumi delle famiglie che dovrebbe protrarsi anche nei primi mesi del 2023 e poi stabilizzarsi nel corso dell’anno. Le previsioni indicano un rallentamento anche delle esportazioni e degli investimenti, dovuti allo scenario economico incerto e ai tassi di interesse elevati. In questo senso gli investimenti pubblici previsti dal Pnrr avranno un ruolo centrale nel sostenere la crescita degli investimenti complessivi e quindi del Pil.

Il report EY indica per l’Italia una crescita del Pil reale del 3,8% nel 2022 e dello 0,6% nel 2023, mentre il tasso di inflazione dovrebbe passare dall’8,2% del 2022 al 7,1% nel 2023. Il deficit pubblico dovrebbe attestarsi al 5% nel 2022 e 4,1% nel 2023, mentre il debito pubblico dovrebbe scendere al 145% del Pil, mentre per il mercato del lavoro si prevede una leggera espansione con il tasso di disoccupazione che dovrebbe scendere poco al di sotto dell’8%.

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