Proteine e dieta mediterranea, 8 cose da sapere
(Adnkronos) – Perché le nostre scelte a tavola sono centrali per noi e per il mondo in cui viviamo? Perché nella nostra dieta le proteine sono fondamentali, e perché la dieta mediterranea è il modello alimentare ideale per assumerle? A queste domande risponde la Fondazione Istituto Danone, da sempre impegnata nella divulgazione di temi nutrizionali legati alla salute, con il volume ‘Proteine nella dieta mediterranea’, in 8 punti chiave, a cura di Federico Mereta, edito da Gribaudo e realizzato da un board scientifico di esperti: i professori Lorenzo Morelli, Andrea Ghiselli, Maurizio Muscaritoli e Michele Sculati, la Professoressa Elisabetta Bernardi e l’Ingegnere Assunta Filareto. Il libro, pensato per il benessere, senza rinunciare ai gusti della tradizione e per contribuire a diffondere, nel dibattito sull’alimentazione, messaggi fondati sul rigore della scienza – si legge in una nota – sfata il mito che la dieta mediterranea sia un modello nutrizionale rigido e unico. È infatti un modello alimentare vario ed equilibrato in termini di quantità e densità energetica degli alimenti, sia di origine vegetale sia animale, in una combinazione di diverse consuetudini alimentari storicamente seguite nei Paesi del bacino del Mediterraneo. Si tratta però di modello un po’ abbandonato dagli italiani. Secondo uno studio del Crea Alimenti e Nutrizione, pubblicato sulla rivista scientifica ‘Frontiers in Nutrition’ e basato su un campione di 2869 persone, in Italia solo il 13%, una percentuale minoritaria della popolazione, segue oggi i principi della dieta mediterranea, con forti spaccature geografiche. Le proteine sono correlate anche alla longevità per la loro funzione plastica fondamentale: costruiscono, riparano, mantengono il benessere di cellule e tessuti che, anche e proprio grazie a loro, sono costantemente rimpiazzati. Esiste una connessione certa tra il consumo di proteine e la salute, in particolare con la sopravvivenza complessiva: l’aumento dell’assunzione di proteine può essere inversamente associato alla mortalità. In particolare, negli over 60 grazie ai loro effetti protettivi sulla forza muscolare, sulla fragilità e sulle risposte immunitarie. Analizzando i dati, queste affermazioni non sono generalizzabili a tutte le fonti proteiche.Le proteine, inoltre, contrastano l’invecchiamento del muscolo e la sarcopenia della terza età. I muscoli impattano per il 40% del nostro peso corporeo (a meno che con l’allenamento la loro massa non aumenti) e ne possediamo più di 600. L’invecchiamento è fisiologicamente associato a una riduzione della massa muscolare: dopo i 40 anni il tasso di perdita è stimato intorno all’8% ogni dieci anni e, dopo i 70 anni è al 15%. Aldilà dell’ambito fisiologico, vi sono fattori che accelerano la perdita di massa muscolare progressiva e generalizzata, con conseguente riduzione della forza e della prestazione fisica, nonché della qualità di vita: è la sarcopenia. Un’adeguata distribuzione della quota proteica ai pasti, con un apporto di proteine in almeno due pasti principali e una riabilitazione fisica rappresentano una strategia potenzialmente efficace nel contrastare la sarcopenia nella terza età. Nel libro si chiarisce anche la differenza tra proteine animali e vegetali. Le Linee Guida per una corretta alimentazione in Italia ne raccomandano un consumo equilibrato che, salvo altre indicazioni, è del 45% di animali e del 55% di vegetali. Tra le fonti di proteine animali, l’apporto maggiore dovrebbe arrivare dai prodotti lattiero-caseari, per il loro fondamentale apporto di calcio, e dai prodotti della pesca, mentre le carni dovrebbero far parte per il 10% della nostra alimentazione. Le proteine di origine animale hanno un elevato valore biologico (più facilmente digeribili e assorbibili dall’organismo) e un’importante quantità di aminoacidi essenziali (costituenti che l’essere umano può trarre solo alimentandosi). Le proteine vegetali sono collegate a una minore mortalità̀ complessiva, in particolare cardiovascolare, e a una migliore sensibilità̀ insulinica (ovvero l’organismo risponde meglio alla regolazione insulinica della glicemia). Va comunque tenuto presente che non si può isolare il nutriente – la proteina – dalla fonte che lo apporta – l’alimento. Noi mangiamo alimenti e non nutrienti. Quindi è più corretto parlare di fonti proteiche. Il testo spiega anche il perché le proteine ci rendano sazi, in 5 mosse. La prima è perché la quantità di proteine presenti in un alimento aumenta il tempo di permanenza nello stomaco, e questo diventa un potenziale condizionamento per la lavorazione orale (dal primo morso alla deglutizione), con conseguente maggiore stimolo saziante. Inoltre, un pasto ricco di proteine, combinato con una giusta quantità di carboidrati, stimola il rilascio dell’ormone Glp-1 che rallenta lo svuotamento dello stomaco, aumenta il senso di sazietà e riduzione dell’appetito. L’entità dell’energia dispersa in calore è maggiore dopo aver assunto proteine. È stata avanzata l’ipotesi che la sazietà possa essere indotta con efficacia dagli aminoacidi ramificati (leucina, isoleucina e valina) presenti nelle proteine di elevata qualità. Infine, per spiegare l’effetto saziante delle proteine si parla anche del loro ruolo nell’induzione della gluconeogenesi (produzione di glucosio) postprandiale. Le proteine hanno anche un ruolo nel micobiota intestinale (miliardi di microrganismi i appartenenti a migliaia di specie differenti) che molti studi dimostrano avere un ruolo essenziale per la salute dell’intero organismo. Le proteine vegetali sono importanti per il microbiota, perché lo modulano attraverso effetti prebiotici e sostengono la crescita di lactobacilli e bifidobatteri, diminuendo la proliferazione dei batterioidi. Le proteine animali modulano il microbiota grazie a un rapporto più ‘corretto’ tra gli aminoacidi essenziali e la facilità di digestione. Infine, anche nello sport le proteine hanno un ruolo centrale.Il loro fabbisogno infatti aumenta nello sportivo, in una percentuale che va dal 20% fino al 100% negli atleti a livello agonistico, in particolari situazioni di allenamento. Per chi fa sport, l’aumento del dispendio energetico – e quindi delle calorie consumate ogni giorno – porta a un aumento sistematico della quota proteica. Ma questo – conclude la nota – deve avvenire in una dieta varia e bilanciata, con una corretta proporzione tra carboidrati, proteine, grassi, fibre e altri nutrienti chiave che si raggiunge solo attraverso la varietà e non focalizzandosi solo su un nutriente. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)