Coronavirus, Consulenti lavoro: “Crollo turismo a Venezia, 2 mld in meno da stranieri”

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Venezia, 18 dic. (Labitalia) – Lo scoppio dell’emergenza sanitaria da coronavirus ha impattato pesantemente sull’economia di Venezia. Nei primi 9 mesi del 2020, infatti, a Venezia si sono registrati 5 milioni in meno di arrivi (-59,5%) e 18,5 milioni in meno di presenze (- 53,5%). La componente straniera ha registrato un calo del 73,1% degli arrivi. Si stima che la spesa turistica degli stranieri sia passata da quasi 3 miliardi a meno di 1, generando un calo di entrate di 2 miliardi. E’ quanto emerge dalla ricerca ‘Impatto occupazionale dell’emergenza Covid-19 nella realtà metropolitana veneziana’ della Fondazione studi consulenti del lavoro, presentata questo pomeriggio nel corso del convegno online ‘Venezia Vive. Dalla crisi verso un nuovo inizio’.

Il convegno è stato organizzato dal consiglio provinciale dell’ordine dei consulenti del lavoro di Venezia in collaborazione con il consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro e la sua Fondazione Studi, con il patrocinio della Regione Veneto e del Comune di Venezia. Al dibattito, infatti, hanno preso parte la presidente del consiglio nazionale dell’ordine, Marina Calderone, e il presidente della Fondazione Studi, Rosario De Luca. Con un valore aggiunto di 8 mld nel 2019, la filiera turistica (comprendendo alloggi e ristorazione, commercio e attività artistiche, intrattenimento e divertimento) genera, spiega la ricerca, quasi un terzo (32,7%) del valore aggiunto provinciale veneziano. Nel 2019, Venezia ha raccolto il 7,6% degli arrivi nazionali e l’8,7% delle presenze, con un incremento rispetto al 2015 rispettivamente del 15,3% e 11%. Determinante il flusso di stranieri, che nel 2019 hanno rappresentato il 76,6% degli arrivi e il 73,9% delle presenze.

Ma lo scoppio dell’emergenza ha prodotto un crollo dei flussi turistici. Nei primi 9 mesi del 2020, infatti, si sono registrati 5 mln in meno di arrivi (-59,5%) e 18,5 mln in meno di presenze (- 53,5%). La componente straniera ha registrato un calo del 73,1% degli arrivi. L’aeroporto di Venezia ha registrato tra gennaio e ottobre un calo del 68,7% di passeggeri, rispettivamente nazionali (-32,7%) e internazionali (70,5%). Il crollo dei flussi turistici sta avendo un impatto rilevante sull’economia cittadina e della provincia.

Si stima, spiega la ricerca dei consulenti del lavoro, che la spesa turistica degli stranieri sia passata da quasi 3 miliardi a meno di 1, generando un calo di entrate di 2 miliardi. Il sistema delle imprese ha retto, ma permangono forti criticità per alberghi e ristorazione. Secondo l’indagine di monitoraggio sulle imprese italiane, diffusa da Istat il 14 dicembre, un quarto delle imprese del settore è al momento chiusa, ma il 21% conta di riaprire. Solo il 15% è a pieno regime, mentre il 60% è aperta parzialmente, solo alcune ore a giornata o giorni a settimana. Tale situazione si ripercuote sui fatturati, in calo significativo per i mesi di giugno-settembre e previsti in ulteriore peggioramento per i prossimi. Il 29,2% delle aziende segnala una riduzione superiore al 50% nei mesi di giugno-settembre; percentuale che sale al 44,6% con riferimento al periodo dicembre-febbraio 2021. La gestione del personale ha visto ricorrere le aziende di settore alla cassa integrazione, alla riduzione dell’orario di lavoro o rimodulazione delle giornate; ancora, più di 2 aziende su 10 hanno rinviato le assunzioni previste e ridotto il personale a termine.

Data la situazione, ben il 51,4% delle aziende di settore, spiega la ricerca dei consulenti del lavoro, segnala l’esistenza di seri rischi operativi per il proseguimento dell’attività (contro una media nazionale del 31,8%). Ridotti drasticamente i nuovi contratti, passando, nei primi 3 trimestri dell’anno, in provincia da 161 mila del 2019 a 94 mila del 2020 (-67 mila, 41,6%).

In città la contrazione più rilevante con il 56,2% delle attivazioni in meno: un valore doppio rispetto al calo del 27,1% registrato a livello regionale. Il crollo ha riguardato soprattutto il secondo trimestre, quanto la contrazione è arrivata all’80,9%, per effetto principalmente del calo della domanda turistica. Il numero delle cessazioni è in diminuzione rispetto agli anni precedenti, ma il blocco dei licenziamenti non consente di valutare appieno le dinamiche relative a tale indicatore.

E sono quasi 100 mila (su un totale di 366 mila) gli occupati nella provincia di Venezia, che si trovano in situazione di forte criticità occupazionale, perché occupati in quei settori della filiera turistica più colpiti dalla crisi: 12,6mila nelle attività alberghiere, 21mila in quelle di ristorazione, 22 dei trasporti e agenzie di viaggio, 6,6 nelle attività culturali e del tempo libero e 37 mila nel commercio al dettaglio.

I quasi 100mila lavoratori rappresentano il 27,1% del totale dell’occupazione: un valore molto alto se comparato a quello medio del Veneto (19,9%) e dell’Italia (21%). Si tratta di un’occupazione ad alta vocazione femminile, più giovane di quella media provinciale, ma al tempo stesso meno ‘strutturata’. Le donne rappresentano infatti più della metà (53,7%) degli occupati nella filiera, con punte del 70% nel commercio al dettaglio e 55% nell’ambito della ristorazione. Quasi 4 lavoratori su 10 hanno meno di 40 anni (37,6%), mentre negli altri settori, la quota di occupati appartenenti a tale fascia d’età è molto più bassa (24,5%).

Rispetto alle modalità di impiego, si registra, secondo i consulenti del lavoro, una maggiore precarietà derivante dalle caratteristiche del settore: il 22,3% ha un contratto a termine (contro una media del 12,1% negli altri settori), e ben il 34% degli occupati lavora part time (contro il 15% degli altri settori. Il quadro regionale, tra crollo del lavoro autonomo e crisi del turismo e commercio.

Secondo i dati recentemente pubblicati dall’Istat, nei primi nove mesi del 2020 in Veneto si è registrato un calo del 2% dell’occupazione (42 mila occupati in meno), in linea con l’andamento nazionale. Sono soprattutto gli autonomi a registrare le perdite più rilevanti, con una contrazione del 7,4% (36 mila lavoratori in meno), di molto superiore a quella registrata a livello nazionale (-3%) e a quanto avvenuto nella componente di lavoro dipendente, ridottasi ‘solo’ dello 0,4%.

A livello settoriale, spiega la ricerca dei consulenti de lavoro, mentre si registrano incrementi positivi sia in ambito agricolo che manifatturiero, vanno registrate le negativissime performance del settore commercio e alberghi e ristoranti (-10% contro un calo del 5,6% a livello nazionale) e delle costruzioni che, in totale controtendenza con l’andamento nazionale di crescita (+1,7%) registrano invece in Veneto una riduzione del 6,7% di occupati.

Con 29 mila occupate in meno (-3,1% rispetto ad una riduzione a livello nazionale del 2,8%), le donne hanno contributo per il 67% alla perdita di posti di lavoro registrata nei primi 9 mesi del 2020 rispetto al 2019 nella regione. L’occupazione maschile, di contro, si è ridotta in misura molto meno significativa, dell’1,1%.

Secondo l’indagine condotta su un campione di quasi 100 consulenti del Lavoro di Venezia, la ripresa dell’economia veneziana e di quella italiana arriverà non prima di un altro anno: l’8,3% guarda al 2021 come possibile anno di recupero per le imprese veneziane, mentre il 51,7% guarda all’orizzonte del 2022. Le imprese restano nel frattempo per lo più in attesa della ripresa: secondo le stime dei consulenti, il 62,5% si trova in tale condizione, mentre un 22% sta utilizzando l’attuale situazione per innovarsi, rilanciarsi e crescere. Il 15,5% era in una situazione critica già prima della crisi e potrebbe non riuscire a superarla. Lo sblocco dei licenziamenti, previsto al momento per fine marzo, rischia di avere pesanti ricadute occupazionali.

Il 39,1% dei consulenti pensa che con il venire meno del divieto ci sarà una riduzione degli organici delle aziende fino al 9%, mentre un altro 20,3% colloca la soglia tra il 10 e il 14%. Si stima che da inizio 2020, la perdita di organici delle aziende potrebbe essere del 10%. Le attività di alloggio e ristorazione sono quelle dove è previsto il calo più significativo (il 60,3% dei consulenti pensa che alla fine potrà essere superiore al 15% degli organici a inizio 2020); ma anche nel settore legato a cultura e tempo libero e commercio, le previsioni sono negative.

“Prima Disneyland, ora museo a cielo aperto? No! Venezia è viva e il suo cuore pulsa dietro le porte chiuse. Pulsa la tenacia degli abitanti e la determinazione di tutti coloro che l’amano di un amore profondo”, commenta la presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Venezia, Patrizia Gobat. “I consulenti del lavoro veneziani vogliono accendere un faro sulla grave crisi economica e lavorativa che sta paralizzando la città, per questo abbiamo fortemente voluto organizzare la giornata odierna. Nonostante la crisi abbia interrotto e cambiato bruscamente i ritmi di vita e i modelli economici e sociali di tutto il mondo, Venezia ripartirà se la politica, le istituzioni, il mondo accademico, della cultura e tutti gli attori pubblici e privati riusciranno a lavorare insieme ad un grande progetto di rilancio che proietti Venezia quale modello nel mondo”, spiega ancora.

“Noi consulenti del lavoro lavoreremo per questo, per preservare il tesoro che abbiamo la fortuna di vivere, per dare un futuro ai residenti e per attrarre le migliori energie. Ringrazio i partecipanti al webinar per gli spunti di riflessione che ci hanno dato e per la sentita partecipazione, auspicando che i decisori politici ne tengano conto. Perché Venezia è e sarà sempre Viva!”, conclude. Fondamentale sarà anche la gestione del Recovery Plan, che potrà incidere in modo significativo sul futuro dell’intero Paese secondo il presidente della Fondazione studi consulenti del lavoro, Rosario De Luca.

“Una visone prospettica di quello che serve all’Italia e una ripartizione mirata delle risorse finanziare messe a disposizione dall’Europa, per fronteggiare gli effetti della crisi economica scaturita dall’emergenza sanitaria da Covid-19, saranno il banco di prova per lo sviluppo futuro dell’intero territorio nazionale”, ha sottolineato nel corso del convegno.

“C’è bisogno di interventi strutturali, da attuare attraverso un piano efficace di misure a sostegno delle imprese e del sistema economico italiano, e al tempo stesso di un cambio di rotta repentino e assoluto, che tuteli anche il lavoro autonomo oltre a quello dipendente, uscendo dalla logica miope dei provvedimenti emergenziali adottati finora, che hanno dimenticato l’importante apporto che professionisti e imprenditori possono dare allo sviluppo e alla ricchezza dell’Italia”, ha precisato De Luca.

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