Tutta la verità sugli sprechi delle auto blu
Sprechi e privilegi, c’è tanto ancora da fare, come nel caso delle auto blu e il Governo ha iniziato a tagliare anche questo settore. Si può e si deve risparmiare tanto
di Antonio Galdo
Possiamo provare a fare un punto sulla lotta contro gli sprechi delle auto blu senza demagogia e con realismo? Il governo Monti ha annunciato una nuova stretta, in continuità, bisogna riconoscerlo, con le iniziative già prese dal precedente governo e in particolare dal ministro Renato Brunetta. Le novità introdotte dal premier riguardano l’estensione dei limiti all’uso delle auto di servizio agli organi costituzionali, alle regioni e agli enti locali: una mossa impeccabile perché molti sprechi si nascondono nelle maglie grigie della spesa pubblica in periferia, laddove spesso i controlli sono più evanescenti. E i numeri delle auto blu monitorati dal ministero della Funzione Pubblica confermano il trucco. Come altro si può definire, infatti, il seguente particolare numerico: a fronte di un parco macchine di ministeri e organi costituzionali pari a 3.449 vetture, le province autonome ne hanno 2.570 e le province (a proposito: ma non sono in via di abolizione?) ne contano ben 5.840 mentre i comuni arrivano a quota 27mila.
Qualcosa in questi numeri, evidentemente, non quadra, e lo spreco del denaro pubblico continua a dilagare nonostante le strette messe in campo dai governi Monti oggi e Berlusconi ieri. Un’altra anomalia evidenziata dalle ultime decisioni di Palazzo Chigi è la bassa partecipazione al censimento delle auto blu, anche questo deciso dall’ex ministro Brunetta, da parte delle amministrazioni periferiche: hanno partecipato 5.600 amministrazioni su 8.145. Qualcuno, i numeri non sono opinioni, continua a nascondere spese, sprechi e privilegi a proposito di auto blu.
Vedremo presto i reali risultati della stretta di Monti, sperando che non si risolva tutto nella solita melina in cui sono abilissimi i potenti quando si sentono messi con le spalle al muro in materia di privilegi usurpati. Ma intanto la lotta agli sprechi rappresentati dall’uso-abuso delle auto di servizio contiene già tre elementi importanti di cambiamento, nella spesa pubblica e nello stile di una classe dirigente. Innanzitutto i risparmi, che non sono affatto irrilevanti come qualcuno vorrebbe sostenere: secondo i dati già diffusi nell’agosto scorso stiamo parlando di un taglio di costi di circa un miliardo di euro nel triennio 2012-2014 e di un ulteriore taglio, una volta completato il censimento, di 500 milioni l’anno.
Non mi sembrano piccole cifre. Il secondo elemento di novità è di natura etica: vedere un amministratore pubblico, un burocrate dello Stato, un assessore provinciale, girare in autobus o magari andare in ufficio a piedi, è un segnale importante, direi quasi un gesto necessario, di fronte ai cittadini colpiti dalla Grande Crisi e dai suoi devastanti effetti. Infine c’è l’estetica: l’auto blu, alla quale hanno diritto in tanti come avviene in tutto il mondo, è anche uno status symbol. Ridurne l’uso al necessario, tagliando gli sprechi, significa anche dare l’immagine concreta e visiva, estetica appunto, di un potere che viene esercitato senza arroganza e senza privilegi. Ma nel solco del bene comune e con una scadenza temporale che non può essere l’eternità.
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