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CAGLIARI: Capitale Italiana della Cultura 2015

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Cagliari, splendida porta d’ingresso di una regione straordinaria

Una città attraversata da vicende millenarie. Il capoluogo della Sardegna custodisce nei suoi quattro quartieri storici, Castello, Stampace, Villanova e Marina, le tracce di un racconto che ne caratterizza i suoi aspetti.

A partire dalle testimonianze della civiltà nuragica che a Cagliari non mancano di certo.

Tra le colline e il litorale di Quartu Sant’Elena si trovano oltre trenta insediamenti nuragici, tra cui il più bello è il Nuraghe Diana, che risale a metà del II millennio a.C. , nella prima età del Ferro.

La costruzione si trova su una collinetta in località Is Mortorius, da cui si gode un ampio panorama sul Golfo di Cagliari. Il nuraghe è formato da una torre centrale con copertura a thòlos a cui si aggiungono altre due torri circondate da una cortina muraria.

Attorno al nuraghe si vedono scavi e cunicoli opera dei cercatori del tesoro del pirata saraceno Giacomo Mugahid che, si diceva, lo avesse sotterrato tra queste mura prima di lasciare l’isola nell’attesa di rientrarvi per recuperalo e riunirsi con la propria donna.

Non vi ha fatto più ritorno e mai si è saputo se un tesoro sia stato davvero trovato.

Continua a vivere, però, la leggenda tramandata oralmente dello spirito della donna che vaga tra le mura del nuraghe, sorvegliando il nascondiglio e osservando il mare in attesa che il veliero del corsaro faccia ritorno nelle acque del Golfo degli Angeli.

I vari episodi che si sono alternati nei secoli arrivano sino all’era contemporanea.

Il Nuraghe Diana, durante la seconda guerra mondiale, fu nuovamente una sentinella sul mare, questa volta a protezione delle batterie antisbarco e anti aree mimetizzate sui ruderi di una vecchia tonnara.

La storia e la cultura di Cagliari conducono nel centro del capoluogo isolano, tra Castello e Stampace. Qui sorge il più importante e maestoso edifico pubblico della Sardegna romana. Un capolavoro architettonico, centro culturale e sociale dell’antica Carales.

Si tratta dell’Anfiteatro romano di Cagliari, che fu riscoperto nel Romanticismo, epoca di passione per le rovine di grandi civiltà.

Durante la prima età imperiale, a Carales, sorsero quartieri, edifici pubblici e, tra fine I e inizio II secolo d.C., l’anfiteatro, costruito sulle pendici meridionali del colle di Buoncammino.

In origine occupava più di mille metri quadri, aveva un perimetro di 120 metri e una facciata alta venti metri, abbellita da colonne e statue. Oggi è possibile ammirare parte della cavea, le stanze per gladiatori, le celle per gli animali e l’infermeria.

Le gradinate, di tre ordini, accoglievano diecimila spettatori di tutte le classi sociali, che assistevano agli eventi programmati per tutta la giornata. Al mattino le lotte tra uomini e belve importate dall’Africa, a pranzo le esecuzioni capitali e, di sera, dopo i banchetti, le lotte tra gladiatori, lo spettacolo più atteso.

Con l’avvento del Cristianesimo queste ultime furono sempre più impopolari, tanto da essere proibite per legge nel 438 d.C. Da allora l’edificio divenne cava d’estrazione e serviva anche per il recupero di acque piovane.

La forma a imbuto della cavea permetteva che defluissero in un pozzetto.

Poco distante, nel quartiere Castello, tra Porta Cristina e Piazza Indipendenza, sorge l’antica sede del regio arsenale. Dal 1979, dopo un lungo restauro, è diventata la Cittadella dei Musei. Sorta su iniziativa dell’Università di Cagliari è il complesso museale più grande e completo della Sardegna, in cui compiere un viaggio fra reperti archeologici, opere pittoriche e arte orientale.

Una volta superato il portone bronzeo che dal 1979 chiude la porta neoclassica, ci si ritrova in un’ampia corte con aree verdi ed una serie di edifici che custodiscono preziose collezioni storico-artistiche, oltre a sale per convegni e mostre temporanee.

Tra questi l’ex carcere di san Pancrazio, ora galleria d’arte con ‘sala pentagonale’, che dal 1991 ospita il museo delle cere anatomiche, modellate a inizio XIX secolo da Clemente Susini. Da un ‘giardino’ in pendio si accede al Museo d’Arte Siamese.

Qui è esposta la più ampia collezione del genere in Europa, creata da Stefano Cardu, a cui è intitolato il museo. Fu lui stesso, nel 1914, a donare alla città oggetti pregiati acquistati durante i viaggi in Siam ed estremo Oriente, come dipinti, manoscritti, sculture buddhiste, argenteria, monete, porcellane cinesi e siamesi.

A fianco il Museo Archeologico Nazionale.

Le sue vetrine, articolate in quattro piani, contengono un eccezionale patrimonio di reperti. Un viaggio nel tempo tra dee madri, vasi e bronzetti nuragici, gioielli fenici e monete bizantine.

Il primo piano espone gli aspetti culturali della Sardegna in un arco temporale che va dal Neolitico all’alto Medioevo. Uno spazio è dedicato alla ricostruzione del tophet di Tharros, altri due piani illustrano siti della Sardegna meridionale e dell’Oristanese, mentre il quarto ospita le statue dei Giganti di Mont’e Prama.

Poi il museo etnografico, allestito nel 1992, dove si trovano circa 1300 ‘pezzi’ esposti a rotazione tra tessuti e ricami, cassapanche, cestini, gioielli in oro e argento, ceramiche, armi antiche, stemmi nobiliari, amuleti. Questo introduce alla pinacoteca, ospitata in un edificio che si articola su tre livelli intorno alle mura spagnole ed espone dipinti che spaziano dal XIV al XX secolo, opere di artisti sardi e di scuola genovese, napoletana e romana.

Facendo visita alla pinacoteca è necessario soffermarsi sui dettagli delle raccolte di grande rilevanza storico-artistica, come i meravigliosi retabli, pale d’altare di tradizione ispanica, realizzati da pittori catalani, dal Maestro di Castelsardo e dalla bottega cagliaritana di Pietro Cavaro.

Nel cuore del capoluogo sardo si presenta il monumento più importante e famoso del quartiere Castello, la Cattedrale di Santa Maria, ovvero il Duomo di Cagliari, eretto nel XIII secolo e ristrutturato in varie fasi, luogo di culto e centro della vita politica.

Una chiesa dalla mole imponente, lunga 35 metri, larga 34 e alta 32, costruita in forme gotico-romaniche.

Tra XIII e XIV secolo i pisani la ampliarono, ma l’aspetto attuale è il risultato di interventi catalano-aragonesi durati quattro secoli. Dell’originario impianto pisano rimasero torre campanaria, controfacciata e i due portali laterali.

L’interno è costituito da tre navate e transetto, pavimento in marmo e cappelle arricchite da opere come il tabernacolo d’argento e la Sacra Spina. Appoggiato alla parete della navata centrale si trova il pergamo di Guglielmo, pulpito scolpito per la cattedrale di Pisa, poi trasferito a Cagliari nel 1312. Sotto l’altare, poi, il santuario dei Martiri, una cripta scavata nella roccia che conserva quasi duecento reliquie distribuite in nicchie.

In cima ad un famoso colle si trova un altro importante edificio di culto, il Santuario di Nostra Signora di Bonaria.

Uno dei complessi cattolici più importanti della Sardegna con il suo santuario in stile gotico-catalano risalente alla prima metà del XIV secolo, dove è custodito il simulacro di “Nostra Signora di Bonaria” protettrice dei naviganti e patrona massima della Sardegna e di Cagliari.

A questo si aggiunge la basilica risalente al XVIII secolo, in stile neoclassico, il cimitero-parco monumentale omonimo, magnifica galleria d’arte all’aperto, e il convento abitato e gestito dall’Ordine dei padri mercedari, che come sede parrocchiale celebrano le funzioni religiose.

La facciata splende su un luminoso piazzale, mentre infiniti scalini scendono dal colle quasi fino al mare de su Siccu, uno dei porti turistici di Cagliari. Ai lati della piazza risaltano monumenti bronzei, tra cui una nave in balia dei venti e la Madonna sua custode.

Nel chiostro del convento è presente anche il Museo di Bonaria. Tre sale con ex voto di marinai, doni di sovrani, prelati e personaggi illustri, in cui si possono trovare modellini di vascelli, corone d’oro e reliquie preziose, tra cui un’ancora d’argento offerta da Margherita di Savoia.

A pochi passi la più antica chiesa del capoluogo, la Basilica di San Saturnino.

Costruita in stile bizantino-protoromanico tra V e VI secolo, insieme alla vasta necropoli, sopra cui è sorta, è uno dei più importanti complessi paleocristiani del Mediterraneo.

Nel quartiere di Villanova, fede e mistero si mostrano nelle sue candide pietre, in contrasto con la tragica storia del giovanissimo Saturnino, decapitato nel 304 d.C. per non aver rinnegato la fede cristiana. Dell’antichissimo edificio a croce greca, i resti dell’abside e della cupola sono ancora intatti. All’interno si resta affascinati sia dalla quiete, che dalla finezza delle decorazioni esterne della navata centrale e dell’unica porta romanica superstite.

La Basilica di San Saturnino, nei secoli, ha subito restauri, scavi alla ricerca di reliquie di martiri, smantellamenti per ricavarne materiale per la Cattedrale di Santa Maria e il Castello di San Michele, danneggiamenti durante la seconda guerra mondiale. Le ristrutturazioni di fine XX e inizio XXI, secolo, infine, hanno riconsegnato ai visitatori una chiesa spaziosa e luminosa che si affaccia su Piazza San Cosimo.

Nel cuore e tra le strette stradine di Stampace, quartiere medioevale di Cagliari, sorge la Chiesa di Sant’Efisio Martire.

Uno dei più importanti e celebri edifici di culto, legato al santo più venerato nel capoluogo dell’isola e da cui parte una delle celebrazioni religiose più antiche e coinvolgenti della Sardegna.

L’edificio originario è duecentesco, costruito sopra una grotta che si apre nella roccia calcarea profonda nove metri che, secondo la devozione popolare, è ritenuta la prigione dove Efisio fu rinchiuso prima di essere martirizzato e decapitato sulla spiaggia di Nora nel 303 d.C. La chiesa di Sant’Efisio si affaccia su una piccola piazzetta dove si trovano anche i locali dell’arciconfraternita del Gonfalone, che cura il culto del santo.

Al centro della facciata si apre il portale affiancato da due false nicchie.

La decorazione di gusto piemontese riproduce quella della chiesa di Santa Restituta, distante pochi metri, costruita un secolo prima e modello per molte altre chiese sarde. Al fianco destro si innalza un campanile con cupolino coperto di maioliche, risalente al restauro cinquecentesco.

L’arredo è tipico di fine XVIII secolo, specie l’altare maggiore in marmi policromi, al cui centro è sistemato un tabernacolo ligneo dorato a forma di tempio che contiene le reliquie del martire guerriero.  In una cappella a destra è conservata la seicentesca statua portata tradizionalmente in processione, mentre nella cappella a lui dedicata è disposta una seconda, bellissima statua processionale del santo, opera di Giuseppe Antonio Lonis. Si presenta anche una terza statua cinquecentesca, detta Sant’Efisio sballiau (sbagliato), in quanto lo raffigura con la palma del martirio sulla mano destra invece che sulla sinistra, come da iconografia.

Cagliari è stata sempre crocevia di traffici marittimi e commerciali, oltre che teatro di scontri per la supremazia nel Mediterraneo.

A difendere la città dalle invasioni si ergeva un sistema di torri e bastioni che nel tempo è rimasto pressoché intatto.

Oggi si possono intravedere rilevanti tracce del sistema difensivo che cingeva Castello e dominava gli altri tre quartieri storici di Villanova, Stampace e Marina. Le fortificazioni, testimoni della travagliata storia della Sardegna, regalano suggestivi scorci e spettacolari panorami sulla città e sul Golfo degli Angeli.

Parte della cinta muraria fu demolita a fine XIX secolo, dopo che Cagliari cessò di essere una roccaforte. Di molte porte restano solo i nomi, mentre delle quattro torri rimaste in piedi la più antica, eretta dai pisani nel 1293, è la torre dello Sperone. Dallo spianamento di quest’ultima e del baluardo della Zecca sorse a inizio XX secolo il maestoso Bastione di Saint Remy, scenografica porta d’accesso tra Villanova e Castello.

Uno dei simboli del capoluogo sardo, il Bastione di Saint Remy.

Deve il nome al barone di Saint Remy, primo viceré piemontese, si affaccia su piazza Costituzione, all’incrocio tra due vie storicamente destinate a passeggiate e shopping come via Garibaldi e via Manno.

L’imponente struttura è composta da colonne in calcare di colore bianco e giallo con capitelli in stile corinzio. Lo scalone principale si distende dalla piazza con diverse rampe che si riuniscono a mezza altezza in un ampio pianerottolo.

Da qui si accede alla passeggiata coperta, che si sviluppa con vasti e luminosi ambienti dai colori vivaci. Sotto un grande arco, che domina tutta la costruzione, si trova un’ulteriore scala con due rampe circolari che conduce fino alla terrazza Umberto I da cui si gode di un magnifico panorama su tutta la città e verso il mare.

A Cagliari si trovano anche palazzi storici di notevole importanza.

Primo fra tutti Palazzo Regio, antica residenza del rappresentante del re durante le dominazioni aragonese, spagnola e sabauda e attualmente sede della Prefettura della Città metropolitana di Cagliari.

Il palazzo ha origini trecentesche e divenne sede del viceré dal 1337, per volere di Pietro IV d’Aragona. Nel corso dei secoli l’edificio subì diverse modifiche e ampliamenti. Particolarmente significativi furono i restauri settecenteschi.

Nel 1730, ad opera degli ingegneri piemontesi de Guibert e de Vincenti fu realizzato lo scalone d’onore che conduce al piano nobile. La facciata ovest, col portale principale in asse con lo scalone, venne sistemata entro il 1769, come si può osservare dall’iscrizione posta sulla lunetta della porta finestra che si apre sul balcone centrale.

Tra il 1799 e il 1815 il palazzo fu residenza ufficiale della famiglia reale e della corte, in esilio da Torino, occupata da Napoleone. Poi, nel 1885, il palazzo divenne proprietà della Provincia, che vi stabilì la sua sede di rappresentanza e curò i restauri degli ambienti interni, al fine di adeguarli alla nuova funzione.

Palazzo Accardo, invece, fu realizzato tra il 1899 e il 1901 su progetto dell’ingegnere Dionigi Scano.

Una serie di arcate formano le aperture del piano terra, riprese in asse dalle finestre dei tre livelli superiori, ciascuno con un ricche decorazioni e con balconi in parte sporgenti, in parte a filo della facciata. Molto particolare la fascia decorativa sottostante il cornicione, realizzata in cotto con dentelli e figure femminili. Di singolare interesse è il legame tra materiali differenti come pietra, cemento e cotto.

Un altro bellissimo edificio si trova nel quartiere della Marina ed è Palazzo Civico, che si erge di fronte al porto come un baluardo di pietra bianca, elegante per forme e colori e in perfetta sintonia con gli altri antichi palazzi vicini. Palazzo Civico ha rappresentato un cambiamento epocale della città di Cagliari.

Nel 1896 il consiglio comunale deliberò che la sede della principale istituzione cittadina uscisse dalle mura e scendesse verso il porto. I lavori furono realizzati in pietra calcarea e su modelli gotico-catalani, con decori in stile Liberty.

Il trasferimento fu espressione di una nuova idea politica, tipica della borghesia commerciale.

Cagliari si propose come città moderna, in cui confronto e apertura presero il posto dell’atteggiamento aristocratico orgoglioso e diffidente dell’epoca.

Il palazzo si può visitare come un museo. Sette arcate più quella centrale, da cui si accede al cortile, caratterizzano l’ingresso che si apre con un porticato. Sulla sommità regnano due torrette ottagonali, alte 38 metri, mentre agli angoli si innalzano quattro obelischi decorati con le teste dei Quattro Mori. I prospetti sono ornati da opere bronzee di Andrea Valli e raffigurano un’aquila che regge lo stemma della città, due leoni e le rappresentazioni allegoriche di Agricoltura, Commercio e Industria.

Nella sala del Consiglio si possono ammirare tre imponenti tele di Filippo Figari. La vicina sala della Giunta ospita il Gonfalone e il retablo dei Consiglieri, Nella sala dei Matrimoni un’altra opera del Figari che raffigura il matrimonio in Sardegna e pregevoli arredi artigianali. Nella sala del Sindaco, poi, si presenta un grande arazzo fiammingo e in quella Sabauda tre opere del Marghinotti: i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Carlo Alberto e il suo arrivo a Cagliari nel 1840.

La passeggiata culturale può essere brevemente interrotta da una piccola visita alle spiagge di Cagliari.

Il Poetto è l’immensa e bellissima spiaggia cittadina, otto chilometri di litorale tra Cagliari e Quartu Sant’Elena con sabbia soffice, mare azzurro e fondale basso per decine di metri.

Il Poetto, oggi, è l’indiscusso mare dell’hinterland cagliaritano, una delle spiagge cittadine maggiori d’Europa, oltre che più belle e frequentate dell’Isola. Una delle mete preferite dei visitatori del capoluogo, sia in estate che in qualsiasi giornata di sole nel resto dell’anno.

A pochi chilometri dal centro cittadino si viene conquistati da Calamosca.  Una spiaggia di sabbia e ciottoli racchiusa in un’incantevole insenatura bagnata da un mare cristallino e riparata da due imponenti promontori.

A est Capo sant’Elia, dominato da un antico faro, a ovest l’affascinante Sella del Diavolo, nome derivante dalla sua particolare forma che la leggenda attribuisce alla caduta di Lucifero sulla sua sommità dopo la cacciata dal Paradiso.

La vicinanza con le decine di attrazioni culturali e monumentali del centro storico di Cagliari fa apprezzare ancor di più la meravigliosa insenatura. E poi, a Calamosca, si trovano locali notturni all’aperto, ideali per il divertimento estivo, oltre ai ristoranti dove assaggiare specialità di mare.

Proprio queste fanno parte della cultura gastronomica di Cagliari.

La cucina cagliaritana è ricca di influenze genovesi e catalane, e si basa su materie prime offerte principalmente dall’immensa risorsa costituita dal mare.

I piatti tipici della cucina di mare sono la fregula cun cocciula, (vongole con la fregola, pasta tipica della Sardegna, costituita da piccole palline di grano duro e acqua, lavorate a mano e tostate nel forno) e le cocciula e cozzas a schiscionera, vongole e cozze cucinate in tegame con aglio, olio d’oliva e prezzemolo e spolverate con pan grattato.

Seguono altri piatti di mare come sa cassola, una gustosa zuppa di pesce, l’aragosta alla campidanese, bollita e condita con olio d’oliva e succo di limone, sa burrida, pesce gatto lessato in salsa di pomodoro e aceto, o in salsa agrodolce con prezzemolo e noci, e su scabbecciu, pesce fritto e condito con salsa agrodolce.

E poi una regina delle tavole sarde come la bottarga, uova di muggine, cefalo o tonno salate, pressate ed essiccate, servite a fette sottili e condite con olio d’oliva o grattugiate come condimento.

I primi piatti della cucina cagliaritana sono presentati da su mazzamurru, a base di pane raffermo e sugo di pomodoro, i celebri malloreddus, tipici gnocchetti di semola aromatizzati con verdure o zafferano, e quasi sempre conditi con sugo di pomodoro, pecorino sardo grattugiato e salsiccia a pezzetti.

Poi le impanadas, calzoni farciti con carne e verdure.

Gli angiulottus o culurgiones, una specie di ravioli ripieni di ricotta e verdure oppure carne, e il succu, una minestra di semola condita da zafferano. I secondi a base di carne, invece, sono legati alla tradizione contadina, come su porceddu, il maialino arrosto, l’agnello arrosto o in umido, condito con una salsina a base di pomodori secchi tritati, aglio e olio di oliva,

I dolci più rinomati sono le pardulas a base di formaggio, i candelaus, confezionati con sfoglie di pasta di mandorle aromatizzate all’arancia, le seadas, ravioli dolci fritti ricoperti di miele, e le pabassinas, dolcetti a base di uva passa.

I piatti tradizionali vengono rigorosamente accompagnati da vini locali come il Nuragus, il Nasco, il Malvasia e  il Girò.

Un’altra tradizione culturale è rappresentata da un evento che chiama a raccolta partecipanti da tutta la regione. Dal primo al 4 maggio la festa di Sant’Efisio è la celebrazione più sentita dell’intera isola, una coinvolgente processione di costumi, canti e preghiere.

Cagliari viene attraversata da un corteo di 3500 persone in abiti tradizionali e al loro seguito oltre duecento cavalieri, i Campidanesi, i Miliziani e la Guardiania. Un incontro di colori e suoni delle launeddas e de is goccius, i canti devozionali.

Efisio, nato in Asia Minore nel III secolo d.C, fu un ufficiale dell’esercito romano.

Secondo la tradizione, si convertì in seguito alla visione di una croce splendente nel cielo e sentendo la voce di Cristo che lo rimproverava per la sua missione sanguinaria.

Di stanza in Sardegna, mentre i suoi soldati combattevano i barbari, divenne difensore del cristianesimo, disobbedendo a Diocleziano. L’imperatore ne comandò il martirio nel 303 d.C. Prima di essere giustiziato, come estremo atto di fede, promise di proteggere per sempre Cagliari e i suoi cittadini.

Durante questo particolare evento si rievocano le vicende di inizio IV secolo del santo guerriero e si scioglie il voto perpetuo a lui rivolto durante la pestilenza del 1652. Inizia così un viaggio nella cultura di un popolo, tra fede e autenticità, con una processione maestosa di 65 chilometri, tra le più antiche e lunghe del mondo, che appassiona i sardi che la vivono da sempre e migliaia di turisti sedotti dall’atmosfera di passione.

La processione parte a mezzogiorno dalle viuzze del quartiere storico di Stampace.

Il corteo sfila su un tappeto colorato di fiori rosa, rossi e gialli ed essenze profumate seguendo il rituale de sa ramadura. Il cigolio delle traccas, i carri ornati da fiori e frutta, e i canti delle confraternite accompagnano il cocchio, trainato da due buoi con le corna addobbate di corone di fiori. I confratelli del Gonfalone sfilano in abito penitenziale, col saio azzurro, mentre le consorelle in nero, col velo in testa.

Tante le tappe del tragitto che si snoda dal luogo di prigionia sino a quello del martirio, la spiaggia di Nora, dove è presente la chiesetta romanica intitolata al santo.

Il rientro, dopo varie celebrazioni, avviene il 4 maggio in tarda serata. E a Stampace vicoli e stradine si riempiono di nuovo di migliaia di fedeli, che al termine della festa  si lasciano con un augurio.

Alessandro Campa

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