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I borghi più belli d’Italia: Umbria

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Piccoli gioielli che ne rappresentano le tradizioni e la storia

Nel cuore verde dell’Italia, polmone dello stivale, si nascondono piccoli gioielli che ne rappresentano le tradizioni e la storia. Il fascino dell’Umbria si presenta attraverso le sue bellezze, divise tra le province di Perugia e Terni.

Proprio da quest’ultima inizia la scoperta dei borghi umbri.

A Monteleone d’Orvieto si ha l’impressione che il tempo si sia fermato grazie anche alla bellezza e alla tranquillità della natura che lo circonda: giardini, sentieri, boschi, fiumi.

Entrando dalla Porta Nord, ingresso principale e una delle testimonianze più antiche del paese, ci si trova nel centro storico che mostra ancora la sua veste medievale con resti di mura fortificate, ruderi e camminamenti.

Lungo questo percorso si può visitare la Chiesa dei S.S. Apostoli Pietro e Paolo e il Teatro dei Rustici, uno dei più piccoli d’Italia e d’Europa, ancora oggi sede della stagione teatrale, di matrimoni civili, conferenze e assemblee.

L’importanza delle tradizioni si vive anche negli eventi culturali-enogastronomici organizzati in questa piccola località. Tra le manifestazioni di rilievo si presentano sicuramente la Festa delli Luminari, evento storico- religioso che si tiene il 29 giugno e il Corteo Storico e la Gara del Carro, il 16 agosto, che ripercorrono le vicende storiche e le sfide fra le due famiglie che si alternarono nella conquista del castello.

A queste, nei mesi di ottobre e novembre, si aggiungono gli eventi legati ai prodotti con Denominazione Comunale – De.Co. che raccolgono tutte le prelibatezze locali quali lo zafferano, la pera di Monteleone, gli umbrichelli, i cianfragnoni all’aietto, i biscotti con l’anice, le torte di Pasqua dolci e salate e il pollo alla rabbiona con l’erba.

Una menzione a parte, poi, merita #PAF Photo & Art Festival, festival delle arti visive che rende il centro storico un museo a cielo aperto con esposizioni ed installazioni artistiche nel periodo estivo

Allerona , invece, ha origini pagane, legate al culto di Cerere, dea della fertilità dei campi. E dal lavoro nei campi proviene l’evento più rappresentativo di questa piccola comunità.

La Festa di Sant’Isidoro, patrono degli agricoltori, si celebra ogni terza domenica di maggio con La sfilata dei Pugnaloni, carri allegorici che rappresentano scene di vita agreste. I personaggi, gli animali e gli attrezzi agricoli che riproducono scene di vita e di lavoro nei campi sono costruiti in legno e argilla dai contadini.

Dall’arbusto di pioppo pendono, come ornamenti, i prodotti della campagna, quadretti, santini, nastri di stoffa e di carta colorata. I carri vengono esposti il giorno della festa fino al momento della premiazione del più bello.

Tra gli altri eventi tradizionali si ricordano il Presepe vivente che si svolge il 26 dicembre nel centro storico, mentre nel periodo estivo, tra le fine di luglio e la metà di agosto, ha luogo il Festival Nazionale di Teatro Amatoriale “Stella d’Oro” con compagnie provenienti da tutta Italia.

Sempre nel mese di Agosto si svolge “La notte delle storie” evento di lettura e narrazione dedicato ai bambini. Nelle vie del borgo, illuminate dalle torce, vengono allestiti angoli di lettura dove vengono raccontate storie a tema.

Montecchio è un borgo rurale fortificato, edificato attorno al XII secolo, con l’abitato che si sviluppa ad anelli attorno al centro storico.

Due sono le frazioni che lo caratterizzano. La frazione di Tenaglie apparteneva alla famiglia dei Baschi che nel 1412 vi costruì un ospedale per pellegrini.

Tutta in pietra, la frazione di Melezzole è un castello medievale a pianta circolare, con un torrione che riporta dal 1557 l’aquila Tuderte. Circondata dal bosco, la frazione fonda la sua economia sui prodotti della montagna

Uno dei monumenti di interesse sicuramente degni di nota è la necropoli del Vallone San Lorenzo, una delle più vaste dell’Umbria, che doveva afferire ad un importante centro abitato ancora non individuato.

Qui sono state ritrovate oltre 3.000 sepolture nella roccia, nella gran parte dei casi costituite da un corridoio d’accesso, e da una stanza quadrangolare. In alcuni casi le tombe sono costituite da due stanze, una destinata ai corpi, e l’altra ai corredi votivi. I ritrovamenti attestano sepolture che coprono in maniera continuativa un periodo che va dal VII secolo a.C., fino al III secolo a.C., quando il sito dovette essere abbandonato.

Un altro luogo da visitare è il Museo dell’Olio, presso il Frantoio Bartolomei, che raccoglie macchinari e utensili sulla coltura dell’olio d’oliva, fonte di lavoro e sostentamento per generazioni. Durante la festa patronale e la Festa dell’Olio, sfila per le vie del borgo il corteo storico con dame, cavalieri e popolani. Ma Montecchio è anche Città del Vino con vitigni autoctoni quali Sangiovese, Malvasia e Grechetto.

Dal colle a forma di luna su cui sorge Lugnano in Teverina le stelle sono vicine, come nello stemma comunale. Ma dal colle si guarda anche in giù e si vede l’ansa del Tevere, fiume che scorre nella bellissima campagna ed evoca antiche dolcezze.

Nel borgo si entra da viale Regina Margherita, che conduce in piazza Santa Maria dove si incontra subito il monumento più importante, la chiesa collegiata di Santa Maria, gioiello d’arte romanica che da solo vale il viaggio a Lugnano.

L’interno a tre navate è ricco di colonne e capitelli variamente decorati, mentre il pavimento è in mosaico alessandrino-cosmatesco. Avvolta nel mistero di immagini scultoree e preziosità stilistiche, la collegiata si presenta come una Bibbia dei poveri che, al pari delle altre cattedrali romaniche, consentiva ai fedeli di leggere i messaggi della fede attraverso simbologie conosciute.

Sulla stessa piazza Santa Maria si nota il palazzo Pennone, costruito intorno al 1650. L’edificio ha pianta rettangolare e si articola su tre piani, mentre gli angoli del palazzo, le balaustre e il bugnato dei portali sono realizzati in travertino.

Il nome Pennone, che in realtà è quello del primo proprietario, sembra far riferimento all’immagine suggestiva del pennone di una nave: infatti, come punto più alto di Lugnano svetta imponente sul borgo. Recentemente ristrutturato, è oggi sede del Comune..

Il sentiero che segue l’antico percorso che collegava Lugnano alla valle del Tevere consente una bella vista sulla campagna circostante. Intorno alla vasca che raccoglie le acque odorose di zolfo che escono a 15 gradi da una fontana, una serie di passerelle in legno delimitano un percorso naturalistico basato sulla vegetazione locale in una delle più belle valli del Tevere.

Ma Lugnano appartiene anche alla rete delle Città dell’Olio e Andar per Frantoi e Mercatini è l’evento che si svolge ogni fine settimana di ottobre con degustazione e vendita di olio nei frantoi locali. Sempre ad ottobre ha luogo la Festa di San Francesco, in cui trova spazio anche la sagra del “bocconcello” di San Francesco, una sorta di ciambella al formaggio, mentre un altro prodotto tipico è il pane col mosto nel periodo della vendemmia.

Acquasparta rappresenta il Rinascimento umbro, illustrato dalle architetture di palazzo Cesi, intorno al quale si snoda tutto il percorso urbano, e della chiesa di Santa Cecilia, in cui si trovano le tombe dell’illustre famiglia.

Il palazzo fu sede dell’Accademia dei Lincei voluta da Federico II Cesi, una delle più antiche accademie scientifiche del mondo. La natura che quegli studiosi indagavano, si faceva bella appena oltre la “Porta Vecchia” della cinta muraria che racchiude il borgo: dolci colline coperte di ulivi, faggi, castagni, e anche vigne, dai colori sempre diversi a seconda delle stagioni.

Nel borgo si entra da due accessi principali. Il primo, attraverso la “Porta Vecchia”, immette alla parte più antica e sale per i “cordoni”, via ripida e tortuosa fino alla sommità del centro storico. Il secondo è quello di Corso dei Lincei, la via principale che porta direttamente al cuore di Acquasparta, la piazza intitolata a Federico Cesi.

La chiesa di Santa Cecilia, invece, fu innalzata sul luogo della basilica romanica. Lo spazio liturgico è caratterizzato da un’unica navata centrale e da otto cappelle che accolgono opere pittoriche di artisti dell’Italia centrale. Nella cappella funebre delle famiglie Liviani e Cesi, realizzata nel 1581 per volere di Isabella Liviani, riposano i resti del nipote Federico Cesi detto “il Linceo”.

Oggi Museo della Comunità, la chiesa del Santissimo Sacramento conserva al centro del pavimento un mosaico romano del I secolo proveniente da Carsulae e lì collocato nel 1928, mentre la chiesa del Crocefisso, costruita agli inizi del XVII secolo, apparteneva alla Compagnia della Madonna del Giglio, che nel contiguo Hospitalis Sanctae Mariae de Lilio accoglieva poveri e malati.

Il Rinascimento trova la sua festa ad Acquasparta. La prima quindicina di giugno viene rievocato l’arrivo in Acquasparta del principe Federico Cesi e tra i momenti culminanti della festa spiccano il “corteo dei doni” con trecento figuranti in costumi secenteschi, la gara del “piatto rinascimentale” con riproposizione di piatti dell’epoca e il “teatro di contrada”.

Uno dei simboli di questo affascinante borgo è l’acqua dell’Amerino, minerale, curativa, conosciuta dall’antichità per la sua efficacia contro calcolosi, gotta e acidi urici. Nel medioevo era conosciuta come “acqua di San Francesco” poiché il santo, nelle numerose peregrinazioni nella zona, ne avrebbe tratto giovamento per la sua salute.

Accanto all’acqua, prodotti tipici sono l’olio, il tartufo e le castagne, mentre tra le specialità locali si annoverano i picchiarelli, una pasta tirata a mano e della grandezza di una cordicella serviti con sugo piccante, e la pizza al testo, una torta salata di acqua e farina, farcita con verdura e salsicce o prosciutto, cotta su un testo di ghisa o, nei mesi invernali, sotto il fuoco.

San Gemini è il paese delle acque, da quelle naturali e minerali per cui è noto, a quelle delle vicine cascate delle Marmore.

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Borgo medievale di viuzze, scalinate, arcate e torrioni, immerso nell’incantevole paesaggio umbro, San Gemini non si dimentica facilmente. La visita può cominciare da piazza San Francesco, cuore del paese, che collega la parte rinascimentale e moderna al nucleo più antico, arroccato sulla sommità del colle.

Sulla piazza si affacciano la chiesa di San Francesco e il settecentesco palazzo Comunale che ha sostituito palazzo Vecchio come sede del Comune. La chiesa, dedicata al santo di Assisi che qui effettuò un esorcismo nel 1213, risale a quel periodo e presenta un bel portale gotico con antica porta di legno.

Attraversando la Porta Burgi del XII secolo si apre la piazza occupata quasi completamente, data la sua imponenza, dal palazzo Vecchio, risalente al XII secolo, che fu la sede del Capitano del Popolo. Merita una visita per almeno due motivi: nella sala centrale, gli interessanti affreschi illustrano scene del lavoro nei campi, e nella torre Esperia che gli sorge accanto, la campana forgiata nel 1318 da Mastro Matteo da Orvieto, simbolo del libero Comune perché serviva a chiamare i cittadini alle adunanze pubbliche.

In piazza San Francesco si ritorna per imboccare via Roma e arrivare, prima dell’Arco di Porta Romana, alla piazza del Duomo su cui si affacciano il palazzo Santacroce e il Duomo di San Gemini, restaurato completamente nella prima metà dell’Ottocento.

Oltrepassato l’arco, continuando a destra, si raggiunge in breve la chiesa di San Nicola, dalla lunga storia, che inizia nei primi anni del Mille, e arriva sino a New York, dove certamente al Metropolitan Museum è finito il meraviglioso portale originario, dato che quello che si ammira oggi è una copia perfetta.

Il territorio di San Gemini è caratterizzato da colline ricoperte di vegetazione che si aprono su torrenti e vallate, ricco di sorgenti d’acqua naturale e minerale, colori, profumi e rovine antiche. Nei dintorni sono sicuramente da visitare la Valle del Naia e le Cascate delle Marmore con la loro profusione di acque alte 165 metri.

Una menziona a parte merita il Parco delle Terme dell’acqua minerale Sangemini, a 2,5 km dal borgo. Note sin dall’antichità romana, le sorgenti di acqua minerale hanno spiccate caratteristiche biochimiche derivanti dall’habitat naturale e incontaminato dei Monti Martani

Il Sangemini World Music Festival è la rassegna di musica etnica e popolare con artisti provenienti da diverse parti del mondo che si tiene a luglio, mentre la Giostra dell’Arme rappresenta una rievocazione storica che ha luogo dall’ultimo sabato di settembre al 9 ottobre, festa del santo patrono.

Offerta dei ceri, investitura dei cavalieri, corteo storico e sbandieratori sono le tappe della festa che vede il borgo abbellito dai colori dei due rioni, rossoblu per la rocca e biancoverde per la piazza. La manifestazione termina con la Giostra ed è allietata dalle taverne in cui si assaggiano i picchiarelli tirati a mano dalle donne e conditi con sugo piccante.

Il borgo di Arrone è posto su un colle roccioso lungo la riva sinistra del fiume Nera, a breve distanza dalla cascata delle Marmore.

Un tempo importante nodo commerciale sulla strada tra il Ducato di Spoleto e l’Abruzzo, rimane un luogo di forte fascino per il contesto ambientale in cui sono inserite le antiche testimonianze.

Arrone è formata da due antichi nuclei abitativi, chiamati La Terra e Santa Maria, e da un terzo molto più recente dislocato nella parte pianeggiante. La Terra è l’insediamento primordiale, tanto da testimoniare ancora i caratteri di rocca difensiva grazie alla presenza, appunto, del castello degli Arroni.

Fra le sue mura custodisce la gotica chiesa di San Giovanni Battista, nella cui abside poligonale si trovano mirabili affreschi quattrocenteschi che risentono dell’influenza di Filippo Lippi. Nei pressi della chiesa si trova la Porta di San Giovanni, caratterizzata da un arco gotico a sesto acuto, che collega i due antichi borghi.

Passeggiando per le strade, ad esempio via del Vicinato, si colgono i segni del tempo: la torre degli olivi, il campanile civico, la cinquecentesca chiesa di Santa Maria Assunta con portale del Quattrocento, affreschi e statue in terracotta.

Resta infine da compiere il percorso panoramico che conduce al santuario della Madonna dello Scoglio, eretto nel XVI secolo sotto un costone a strapiombo, intorno a un’immagine della Madonna dipinta su roccia. Da qui si apre una splendida vista su tutta la Valnerina.

Arrone si può definire la patria degli sport a contatto con la natura. A partire dalla scuola di mountain bike gestita da maestri federali che, tra una pedalata e l’altra, porta a scoprire le zone più belle del Parco fluviale del Nera, fino a ridosso della Cascata delle Marmore. E poi scuola di canoa e rafting adatte anche ai bambini, oltre ad una rete di sentieri da trekking che, oltre al Parco del Nera, tocca la Valserra e altri territori del Ternano.

Terra di golosi, l’area del Parco fluviale del Nera grazie alla pratica della coltivazione biologica offre prodotti di qualità. Tipici della zona di Arrone sono l’olio extravergine di oliva, il tartufo, le specie d’acqua dolce come trota e gamberi. Abbondano i frutti di bosco e ottimo è il miele. Per non parlare del formaggio pecorino e della famosa norcineria della Valnerina (salumi e insaccati, dal prosciutto alle salsicce).

Tra i primi piatti spiccano quelli legate al fiume come brodetto di gamberi, ciriole con filetti di trota e tartufo nero, tagliolini ai gamberi di fiume, mentre tra i secondi da provare lo scottadito di agnello con battuto di lardo e erbe e la trota lessata al tartufo.

Lasciata la provincia ternana si entra nel territorio perugino dove si incontra Monteleone di Spoleto

Qui, alla fine del Trecento, la chiesa di San Francesco fu divisa a metà, in altezza, da robuste volte.

La chiesa inferiore è a due navate: quella centrale mostra un soffitto a cassettoni del Settecento. Tra le opere d’arte conservate si trovano una statua lignea di Sant’Antonio Abate ed un affresco del primo Quattrocento raffigurante la Madonna del Voto.

Nel complesso di San Francesco è conservata una copia della biga etrusca, risalente al VI secolo a.C. realizzata dalla fonderia di Giacomo Manzù. La biga è in legno di noce, rivestita di lamine di bronzo, con il timone che fuoriesce dalle fauci di un cinghiale e l’estremità a testa di uccello, composta da un trittico di pannelli che mostra l’ideale di vita del guerriero: l’iniziazione con la consegna delle armi, il combattimento glorioso e l’apoteosi finale che rende l’eroe un semidio.

A Monteleone di Spoleto, dal 5 al 9 dicembre, si svolge la Mostra Mercato del Farro, l’unico Dop d’Europa, mentre la terza settimana di luglio ricorre la Fiera di San Felice. Sempre in estate, ed esattamente la mattina del 15 agosto, ha luogo il corteo storico Cybo Malaspina, che rievoca la Monteleone del 1516 con il dono alla chiesa di San Francesco del “doppiero”, il cero che arderà tutto l’anno. Nel pomeriggio, invece, il Palio del Doppiero è la disfida dei Terzieri per la riconquista del palio perduto l’anno precedente.

Vallo di Nera è un sogno medievale, una perfetta sintesi dell’incontro tra natura e cultura.

Un paese monumento, un borgo che emerge a stento dai boschi con le sue case di pietra chiara, straordinariamente conservato dal 1217.

Vallo di Nera si presenta come una fortezza medievale con un impianto urbanistico a pianta ellittica, eretta su un colle del versante sinistro del fiume Nera. Le mura possenti e le antiche torri circondano le case in pietra che sono addossate le une alle altre e interrotte solo da ripide viuzze, da archi e sottopassaggi.

Due porte simmetriche, Portella e Portaranne, permettono l’accesso al paese-castello, dove il transito è consentito solo ai pedoni. Una volta dentro è più che mai medioevo: feritoie, passaggi stretti, vicoli bruniti e serrati, preziose chiese romaniche e portali in pietra.

Tre chiese romaniche, poste nel castello ai vertici di un immaginario triangolo, sono i tesori artistici di Vallo di Nera. San Giovanni Battista domina il paese sulla parte più alta del colle. Originariamente romanica e risalente al XIII secolo, fu ampliata e in parte ricostruita intorno al 1575.

La chiesa francescana di Santa Maria è stata iniziata nel 1273 e si presenta con un bel portale gotico e un campanile turrito. L’interno sorprende per la quantità di affreschi che ancora la adornano, opera di artisti di scuola giottesca. Qui sono ancora i campanari a suonare manualmente le campane, collocate nella possente torre quadrata, su scale di accordi immutati nel tempo.

La terza chiesa è quella dedicata a Santa Caterina, eretta nel 1354, in cui oggi trova spazio un piccolo auditorium. Al di fuori delle mura, si trovano il quattrocentesco borgo di Santa Maria con la chiesa francescana e il borgo dei Casali d’origine cinquecentesca con la chiesetta di San Rocco,

Vallo di Nera è inserita in una terra, la Valnerina, ricca di verde e di silenzi che invitano alla meditazione, ma anche pronta ad imbandire tavole in allegria con i prodotti del luogo. Dagli eremi e dalle abbazie benedettine alla buona cucina, la zona intorno a Vallo è in grado di soddisfare sia i bisogni spirituali sia quelli materiali.

L’offerta gastronomica è variegata. Si va dagli strengozzi col tartufo al tortino di farro con zafferano e funghi, dall’agnello locale tartufato alla trota di fiume cotta alla brace. Ottimi gli gnocchi al castrato, da assaporare in estate nelle sagre organizzate in piazza sotto il cielo stellato, e il pecorino alla griglia.

Tra i dolci, squisiti quelli con la ricotta e la ‘ttorta di Natale che si ottiene avvolgendo nella pasta sfoglia croccante mele cotte, frutta secca tritata, cioccolato, cannella e noce moscata.

L’intera Valnerina è una generosa dispensatrice di profumi e sapori, a partire da quelli inebrianti del tartufo nero pregiato a quelli inconfondibili del formaggio pecorino, dei salumi, del farro, della lenticchia, delle trote del fiume. In un posto così ricco di tradizioni, non mancano le lavorazioni artigianali, come quelle dei canestri intrecciati a mano, dei merletti, del ferro battuto, dei mobili.

Norcia è un luogo dalla doppia anima, dove sacro e profano si uniscono sapientemente per dare piacere allo spirito e alla carne.

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Oltre che per le bellezze artistiche, sopravvissute quasi per miracolo ai numerosi terremoti, a Norcia si viene sia per conoscere la profonda spiritualità benedettina, sia attratti dalla sua fama gastronomica.

Le botteghe, qui, espongono insaccati, pecorini, ricotte, tartufi, teste di cinghiale, cosce di maiale e tutte le forme e i colori della trionfale arte locale della “norcineria”. Dalle chiese, invece, affiorano le gesta di San Benedetto, il viso dolce di Santa Scolastica, umili Madonne umbre sedute sui troni o impegnate in ascensioni.

Il nucleo storico di Norcia è raccolto entro una cinta muraria del XIII secolo dalla singolare forma a cuore. Lungo il perimetro sono visibili le otto antiche porte della cittadina, che hanno conservato il nome e le caratteristiche di un tempo.

Entrando da porta Romana, percorrendo l’ottocentesco Corso Sertorio si arriva nella piazza principale, naturalmente dedicata a San Benedetto. Qui, intorno alla statua in onore del figlio più illustre di Norcia, si affacciano i più importanti edifici della cittadina.

Il palazzo Comunale, costruito nel secolo XIII, fu restaurato in varie epoche a causa dei frequenti terremoti. Sul lato destro del palazzo Comunale vi è la basilica di San Benedetto. Presenta una facciata a capanna della fine del XIV secolo in stile gotico con un bel portale a fasci di colonnine, e sorge sopra i ruderi di un edificio romano del I-II sec. d.C. identificato, secondo la tradizione, come la casa natale del santo.

Alla fiancata destra della chiesa è stato addossato, verso il 1570, il portico delle Misure, con lo scopo di creare una sorta di mercato coperto dei cereali. La rocca che occupa l’intero lato occidentale della piazza, chiamata Castellina, era una residenza fortificata ad uso dei governatori apostolici e oggi è sede del Museo Civico e Diocesano.

Al suo interno sono conservate preziose opere d’arte provenienti dalle chiese del territorio. La mostra Partire per l’Aldilà e la Collezione Massenzi, raccolgono un centinaio di reperti archeologici del VII-VI sec. a.C.

Degna di nota, in piazza Garibaldi, è la ex-chiesa di San Francesco, uno dei più significativi esempi d’arte gotica della zona, con affreschi interni del XV-XVI secolo. La chiesa, duramente colpita dal terremoto del 1859, è stata ricostruita dai francescani verso il 1385, anno di costruzione del rosone della facciata.

La celebrazione dei valori benedettini che hanno dato vita alla civiltà europea è affidata alla Fiaccola Benedettina “Pro Pace”, una staffetta simbolica della luce di San Benedetto, scortata da giovani tedofori, in viaggio dal 1964 nelle giornate precedenti il 20 e 21 marzo.

Norcia, inoltre, come già accennato è un vero paradiso gastronomico dove regnano produzioni tipiche d’eccellenza, quali il pregiato tartufo nero, la lenticchia di Castelluccio e il prosciutto. Tutte specialità che trovano la massima espressione nell’ultimo week-end di febbraio con la Mostra Mercato internazionale del Tartufo nero di Norcia e dei Prodotti tipici della Valnerina e del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Una piacevole passeggiata collega il centro storico di Preci al centro visite del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, ospitato in un mulino dei primi dell’Ottocento.

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L’Abbazia di Sant’Eutizio è uno dei complessi monastici più antichi in Italia. Sorge nel luogo dove un gruppo di eremiti siriani guidati da Spes eressero nel V secolo un oratorio dedicato alla Vergine. Il primitivo monastero sorse grazie a Eutizio, che ereditò da Spes la guida della comunità.

Il mantenimento del paesaggio agrario tradizionale è legato alla diffusione in questo territorio dell’agricoltura biologica: farro, orzo, lenticchie, cicerchia e fagiolo, colture considerate arcaiche fino a qualche anno fa, diventano oggi il simbolo di una sana alimentazione legata alla civiltà rurale.

Ma anche il celebre prosciutto di Norcia gioca un ruolo di primo piano, essendo il protagonista di Pane Prosciutto & Fantasia, manifestazione di fine settembre dedicata ai prodotti del territorio. Accanto alla rievocazione degli antichi mestieri come la lavorazione del formaggio, del pane e del maiale, sono rappresentate le abilità artigianali di canestrai, maniscalchi e contadini.

Sellano presenta una bella pieve cinquecentesca che conserva opere pregevoli fra le quali si cita una tela raffigurante la Madonna del Rosario e uno splendido tabernacolo ligneo, entrambi degli inizi del XVII secolo.

All’ingresso del paese sorge invece la chiesa di San Francesco o di Santa Maria della Croce, bel tempietto a pianta ottagonale sorto nel XVI secolo intorno ad un’immagine mariana. Lungo le vie del borgo, che conserva ancora gran parte della cinta muraria, si possono ammirare alcuni palazzetti con portali e mostre di finestre in pietra lavorata, fra cui spicca il palazzo comunale.

Oggetto in tempi recenti di un accurato e felice lavoro di recupero, il vicino borgo di Postignano consente di potersi muovere per le vie di un borgo fortificato medievale, ricco di scorci suggestivi e di testimonianze artistiche.

Gli eventi sismici hanno profondamente segnato gli edifici e i borghi del comune, accentuando in alcuni casi l’abbandono dei centri vicini, come a Montesanto e Orsano, castelli a cui il silenzio e le rovine conferiscono un grande fascino.

Il convento dell’Acqua Premula, fra Sellano e Montesanto, fu noto nel corso dei secoli per le sue acque curative, oggi sfruttate in parte per l’imbottigliamento industriale. I molti corsi d’acqua, la vegetazione varia e lussureggiante, le testimonianze geologiche, ma soprattutto un territorio segnato dall’alternarsi di montagne, valli e altipiani, con vedute suggestive e scorci sorprendenti, rappresentano la splendida cornice degli insediamenti umani.

Nel territorio fra Sellano e Villamagina fu peculiare la produzione di lime e raspe. Sebbene le fonti dirette non consentano di risalire oltre il XVII secolo, tracce di una lavorazione artigianale del ferro nel territorio si può far risalire ancora più indietro nel tempo. Il locale Museo della Produzione delle Lime e delle Raspe ne offre testimonianze, raccogliendo documenti, immagini, manufatti di questa importante tradizione artigianale del sellanese.

Tra le tradizioni culinari ed i piatti tipici, invece, sono da assaggiare la Fojata, una sfoglia di pasta salata con ripieno di verdure e formaggio, e l’Attorta, un dolce costituito da una sfoglia con ripieno di frutta secca, uva e fichi, a cui è dedicata l’omonima sagra di metà di agosto.

Ogni anno, inoltre, fra la tarda primavera e l’autunno, presso il Castello di Postignano si può assistere ai diversi eventi de “Un castello all’orizzonte” con un ricco repertorio di concerti, cineforum, conferenze, corsi di formazione, presentazione di libri.

Trevi è costruita a cerchi concentrici e sembra una chiocciola che conserva intatto il suo cuore antico fatto di pietra, coppi, legno e tonalità delle terre.

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Il centro del borgo è piazza Mazzini, chiusa ad angolo dal palazzo Comunale del XIII secolo con la torre Civica. Da qui, costeggiando palazzo Valenti, si raggiunge l’ex convento di San Francesco del XIII secolo, oggi trasformato in complesso museale. Al suo interno si trovano la pinacoteca, il Museo Civico, il Museo della Civiltà dell’Ulivo e la Raccolta d’Arte.

La chiesa di San Francesco, invece, risale al 1288 e fu modificata nel 1354-58 in forme gotiche. Vi è custodito un Crocifisso su tavola d’ispirazione giottesca, opera di uno sconosciuto artista, ricordato appunto come il Maestro del Crocifisso di Trevi

Scendendo da Trevi verso la via Flaminia in direzione sud, si incontra il rinascimentale santuario della Madonna delle Lagrime, con un bel portale a bassorilievi. L’interno, a croce latina, conserva i monumenti sepolcrali della famiglia Valenti e nel secondo altare a destra, l’ultima opera del Perugino, L’Adorazione dei Re Magi con i Santi Pietro e Paolo.

Trevi fa parte dell’Unione dei Comuni denominata “Terre dell’Olio e del Sagrantino”, ed è sede di una scuola di alta cucina improntata all’approfondimento degli usi dell’olio d’oliva nella gastronomia contemporanea.

Dal 5 all’ 8 dicembre un appuntamento da non perdere per gli amanti dell’oro giallo è la Festa dell’Olio Nuovo. E proprio per esaltare il prelibato oro giallo esige che il pranzo cominci con un antipasto misto di bruschette, pomodoro, patè di asparagi e di olive. Poi gli strangozzi al tartufo e, come secondo, la tagliata di petto d’anatra. Ad accompagnare una cucina così ricca, il Trebbiano, vino dall’aroma inconfondibile e di limitata produzione che forse da Trevi prende il nome.

Altra prelibatezza del territorio è il saporito sedano nero di Trevi, dal cuore polposo e tenero che viene celebrato nella Mostra mercato del Sedano Nero di Trevi, la terza domenica di ottobre. Una sagra del celebre ortaggio che diventa occasione per degustazioni indimenticabili, tra cui il sedano in pinzimonio e il sedano ripieno.

Montefalco, “la ringhiera dell’Umbria”, perché dal Belvedere lo sguardo spazia lontano, si caratterizza per un insieme di colori, di sensazioni, di aromi spirituali, di sapori terreni.

Montefalco da sempre insegue la perfezione: lo dimostra la sua struttura urbana, con tutte le principali vie che convergono verso la grande piazza circolare, un tempo “dei Cavalieri”, ma chiamata anche “Campo del Certame”.

Qui si affacciano il palazzo Comunale, l’ex chiesa di San Filippo Neri trasformata nel 1895 in Teatro Comunale, il piccolo oratorio di Santa Maria e significativi esempi di residenze signorili, ossia i palazzi Senili, Santi-Gentili, Langeli e Camilli, tutti cinquecenteschi.

Dalla piazza si imbocca la strada che conduce al duecentesco rione di Colla Mora, dove si trova la chiesa di San Francesco, costruita insieme al convento tra il 1335 e il 1338, ricca di opere d’arte, tra cui una Natività del Perugino, affreschi di scuola umbra del ‘400 e le celeberrime Scene della vita di San Francesco dipinte nel 1452, con grande capacità narrativa e decorativa, da Benozzo Gozzoli.

La visita procede con il giro della cinta muraria, risalente al XIII secolo, possente e ben conservata, dove spiccano per bellezza porta Federico II , porta Sant’Agostino con la trecentesca torre merlata e porta Camiano, presso la quale sorge la chiesa di Santa Lucia con le viti di Sagrantino intorno, a raccontare l’antica presenza di vigne domestiche cinte dagli alti muri degli orti.

Montefalco nel mondo significa Sagrantino, il pregiato nettare rosso Docg che nella versione passita è perfetto per accompagnare gli arrosti e i dolci. Il colore è il caratteristico granato cui tende con l’invecchiamento, dal sapore asciutto e armonico e dal profumo di more.

Per valorizzare il celebre rosso, è stato istituito un percorso enogastronomico e culturale chiamato “La strada del Sagrantino” che si snoda lungo cinque borghi che risplendono di arte, sapori e profumi unici: Montefalco, Bevagna, Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo, e Castel Ritaldi. A questo si aggiunge la Settimana Enologica, a settembre, una rassegna enogastronomica con escursioni nei dintorni e presentazione della nuova annata del Sagrantino.

Montefalco non è però solo vino. Gli uliveti danno un olio extravergine pregiatissimo, di sapore fresco e intenso che richiama fragranze fruttate o di erbe aromatiche. Frantoi Aperti, la prima decade di novembre è un evento laboratorio di sapori e degustazioni guidate che valorizza questo meraviglioso prodotto.

E per soddisfare ancora di più il palato grandi piatti a base di carne e selvaggina da accompagnare con il Sagrantino come agnello e tagliata di chianina, agli odori d’orto o di tartufo, oppure filetto di maiale.

A Bevagna il Medioevo torna ad essere l’arte della manualità e la creatività dei maestri di bottega, un tempo scandito dai ritmi lenti in cui affondano le nostre radici.

bevagna umbria

L’arte dei mattonari, la lavorazione della canapa o della carta pergamenata, la tradizione domestica delle tele fatte a telaio, rivivono attraverso il Mercato delle Gaite dal penultimo venerdì all’ultima domenica di giugno.

Una delle manifestazioni di maggior rilievo turistico dell’Umbria, che punta sulla fedeltà storica di quanto presentato al pubblico, come gli antichi mestieri e il mercato dei prodotti d’epoca. Momento centrale della manifestazione è il mercato medievale che si tiene nelle due giornate conclusive.

Ogni Gaita allestisce il proprio mercato nelle strade e piazze poste sotto la propria giurisdizione. Luogo d’incontro per tutti sono le taverne, dov’è possibile assaggiare piatti medievali. Ogni Gaita, poi, propone il suo piatto, con il quale partecipa alla gara gastronomica.

Un altro evento importante è In Chartis Mevaniae, a luglio. Una bella iniziativa che coniuga l’antica tradizione della carta bambagina fatta a mano con i lavori di artisti contemporanei. All’interno della mostra figurativa, è organizzato un ciclo di conferenza sul tema prescelto, che deve caratterizzare tutti i lavori.

Bevagna ha conservato quasi intatto il suo assetto urbanistico medievale che ricalca in larga parte la pianta della città romana. Basta recarsi in piazza Silvestri, sublime nella sua irregolarità, per capire come l’armonia possa nascere dal caos apparente di stili, storie, tempi che si mescolano.

Questa è una delle meravigliose piazze d’Italia, dove espressione dell’egemonia comunale è il palazzo dei Consoli col suo elegante prospetto in travertino e arenaria. Ad esso si contrappone il potere ecclesiastico con ben tre chiese. Quella di San Michele del XII secolo ha la facciata in travertino a coronamento orizzontale e custodisce all’interno un bel crocifisso del XV secolo.

Anche la chiesa di San Silvestro è del XII secolo e presenta una facciata incompiuta in blocchetti di travertino nella parte inferiore e in pietra del Subasio in quella superiore. Il bel portale di fine ’300 della chiesa di San Domenico aggiunge grazia alla dissimmetrica piazza che include altri stili come il finto gotico ottocentesco della fontana e la colonna romana a capitello corinzio

Ammirato il settecentesco palazzo Lepri, sono ancora le chiese a rivelare il bel corpo mistico di questo borgo: quella di Santa Maria in Laurenzia, oggi sconsacrata, conserva un bel portale con il rilievo della Madonna del latte, la chiesa con annesso monastero di Santa Margherita custodisce interessanti pitture, così come la chiesa di Sant’Agostino, fondata insieme all’originario convento nel 1336, i cui affreschi pieni di grazia e luminosità risalgono al XIV e XVI secolo.

Spello la “splendidissima colonia Iulia”, con gli archi, l’anfiteatro e le mura augustee che stanno lì a testimoniarlo, è come un libro prezioso composto da tante pagine da sfogliare con calma e desiderio di bellezza.

spello umbria

Partendo dalla zona meridionale si ripercorre visivamente la storia di un luogo in cui si respirano le antichissime presenze umbre, romane, medievali e rinascimentali. La maestosa Porta Romana introduce nel popolare Terziere Porta Chiusa, uno dei tre quartieri, gli altri sono Mezota e Posterula, in cui dal medioevo è suddivisa Spello.

Incassate nei vicoli stretti e fioriti si notano le case-torri, che utilizzano nelle murature la pietra calcarea rosa e bianca estratta dal vicino Monte Subasio. Poco oltre la catena che divide Porta Chiusa dal Terziere Mezota, sulla destra appare la chiesa principale del paese, Santa Maria Maggiore, nota già nell’XI secolo, ma terminata nel 1285.

L’intervento seicentesco ne ha allungato il corpo originario e sostituito la facciata che conserva nel portale i fregi romanici. L’interno è una vera galleria d’arte, a cominciare dalla cappella Baglioni affrescata nel 1501 dal Pinturicchio, pittore umbro celebre per il suo senso decorativo, festoso e cortese.

Attiguo alla chiesa, palazzo dei Canonici ospita la pinacoteca Civica, in cui è conservata un’importante raccolta di opere dal XII al XX secolo. Tra le più importanti si segnalano la straordinaria scultura lignea della Madonna con Bambino realizzata tra il XII e il XIII secolo, la Croce astile in argento dorato di Paolo Vanni e la tela della Madonna in trono con Bambino attribuita al Pinturicchio

Al cuore della città si arriva da via Cavour dove sono concentrate le più antiche botteghe ricche dei prodotti locali. Eccoci quindi in piazza della Repubblica, un po’ frammentaria a causa delle molte manomissioni, che hanno coinvolto anche il palazzo Comunale

Da via Garibaldi, passando accanto a palazzo Cruciani, il maggiore edificio privato, oggi sede del Comune, si arriva a piazza Mazzini, dove sorge la seconda collegiata, San Lorenzo, edificata nel XII secolo e poi trasformata nel 1540.

A via Giulia termina il Terziere Mezota e inizia la passeggiata verso la parte alta del paese attraverso il Terziere Pusterola, che prosegue fino all’oratorio di San Biagio, sede di un ospedale retto da laici. Al termine della via, chiusa dalle mura trecentesche, si inserisce il complesso delle Clarisse con chiesa e convento, risalente al 1320.

Per gli amanti della natura, da queste parti è d’obbligo una gita al Monte Subasio, che tocca i 1290 metri di altitudine restando, però, isolato rispetto alla catena appenninica. Sulle sue pendici più basse si ammira l’ampio manto di uliveti sistemati a terrazze, che sono all’origine del celebre olio di Spello.

Proprio l’olio extravergine d’oliva, tra i più pregiati d’Italia grazie alle sue qualità organolettiche è il prodotto del borgo, celebrato il primo weekend di dicembre con la Festa dell’Olivo e la Sagra della Bruschetta.

Eccellenti anche il tartufo nero raccolto nei boschi della zona, il miele millefiori che si distingue per limpidezza e profumo e i vini Grechetto, Merlot e Sangiovese ricavati da uve selezionate.

Bettona è un paese dal sangue etrusco che se ne sta appollaiato su un colle lungo la strada tra Perugia e Assisi.

Il borgo, però, non si limita ad essere ideale punto di appoggio per mete più famose, perché ha anche del suo da far vedere.

In primo luogo il centro storico, interamente circondato dalle mura, le quali poggiano in parte su quelle originarie etrusche, composte da grosse pietre squadrate in arenaria. Poi il Medioevo, che a Bettona parla ovunque. Tra i monumenti più antichi da visitare la chiesa di San Crispolto, fatta costruire dai monaci benedettini agli inizi del XIII secolo per conservare il corpo del primo vescovo e martire dell’Umbria, patrono di Bettona.

Dello stesso periodo, ma più volte rimaneggiato fino a perdere le forme originarie, è l’oratorio di Sant’Andrea, con bel soffitto ligneo a cassettoni del XVI secolo, altare settecentesco e un interessante ciclo pittorico di scuola giottesca raffigurante la Passione di Cristo.

Ma la chiesa più importante è la collegiata di Santa Maria Maggiore, edificata agli albori del cristianesimo, ingrandita e riconsacrata nel 1225 e restaurata nell’attuale stile neoclassico negli anni 1803-1816.

Per quanto riguarda l’architettura civile, spiccano il palazzetto del Podestà, costruito nel 1371, oggi sede della pinacoteca Comunale e palazzo Biancalana, della prima metà dell’Ottocento. Nelle sale di questi due palazzi sono custodite opere importanti quali la Madonna della Misericordia e il Sant’Antonio del Perugino, una pala d’altare di Jacopo Siculo, l’Adorazione dei pastori di Dono Doni e altre del Della Robbia e di Giuseppe di Ribera per lo più provenienti da chiese locali. Nella raccolta archeologica della pinacoteca si conservano anche una lapide con iscrizioni etrusche e frammenti di sarcofagi romani.

La bellezza del paesaggio, la ricchezza di opere d’arte, la vicinanza a centri culturali, la salubrità dell’aria insieme con la compattezza del borgo arroccato all’interno delle sue mura, creano la giusta armonia. Il territorio comunale è compreso nella Comunità Montana Monti del Trasimeno, che provvede alla realizzazione di percorsi verdi attrezzati.

Vino e olio di qualità, assieme a prodotti legati all’allevamento e alla lavorazione delle carni suine descrivono la parte gastronomica di Bettona, mentre il piatto del borgo è la celebre Torta al Testo che prende il nome da una padella di pietra refrattaria detta “testo”. Si tratta di una sorta di focaccia cotta su questa speciale padella e farcita con affettati e formaggi locali.

Torgiano ha saputo preservare la sua naturale vocazione agricola, incentrandola sulla coltivazione della vite e dell’olivo, che ha permesso la protezione di un ambiente rurale sapientemente indirizzato verso un turismo alternativo e di qualità.

Vigneti e oliveti si confondono, si contendono lo spazio per disegnare un paesaggio che è un’opera d’arte. Torgiano, infatti, vuol dire vino. I suoi gioielli sono il Torgiano Rosso Riserva, unica Docg dell’Umbria insieme al Sagrantino di Montefalco, e la Doc Torgiano. Ma dove c’è la coltura della vite, spesso è presente anche quella dell’ulivo: così è per Torgiano, che produce un olio ricercato.

All’olio e al vino sono dedicati due musei. Il Museo del Vino presenta venti sale allestite in palazzo Baglioni, e attraverso disegni, incisioni, testimonianze archeologiche, ceramiche artistiche e una ricca biblioteca, il museo ripercorre la cultura del vino nel tempo, illustrando gli utensili e le tecniche di viticoltura e vinificazione.

Il Museo dell’Olivo e dell’Olio, di proprietà, come il Museo del Vino, della Fondazione Lungarotti, è suddiviso in sezioni che evidenziano le tecniche tradizionali della coltivazione dell’ulivo. A questi si aggiunge la Strada del Vino e dell’Arte, un parco di scultura contemporanea allestito sulla collina di Brufa.

Un’ originale esperienza artistica che indaga il rapporto tra arti plastiche e paesaggio, celebrando il vino come elemento di continuità con la cultura. Gli scultori che hanno disseminato di opere il percorso, intervengono sulla natura trasformandola allo stesso modo dell’agricoltore, ma con consapevolezza e finalità diverse.

Ogni anno dal 23 agosto al 5 settembre si svolge Scultori a Brufa, rassegna di arte contemporanea che contribuisce ad aumentare la dotazione del Parco delle Sculture di Brufa lungo la Strada del Vino e dell’Arte, esposizione permanente a cielo aperto, testimonianza dell’incontro tra arte e ambiente naturale.

Ma oltre ai due simboli che valorizzano ancora di più Torgiano c’è spazio e tempo per visitare il borgo. Entrando nel centro storico da piazza Matteotti, dove un tempo si trovava l’antica Porta del Forno, e percorrendo Corso Vittorio Emanuele II, si osserva sulla sinistra l’oratorio della Misericordia, al quale si affianca la mole della chiesa di San Bartolomeo riedificata nel Settecento sulla pieve duecentesca.

Di fronte si trova il secentesco palazzo Manganelli, già proprietà della famiglia Baglioni, oggetto di restauro integrale. Sulla destra, invece, ecco il palazzetto delle Manifatture Stocchi e l’antica residenza della famiglia Falcinelli.

Proseguendo lungo via di Mezzo, in leggera pendenza si incontra sulla sinistra il palazzo Comunale, che si presenta nelle forme d’inizio Novecento, in angolo con piazza Baglioni, mentre sull’altro lato della piazza il barocco palazzo Graziani Baglioni è una delle principali emergenze architettoniche della città, sede del Museo del Vino.

Giunti in piazza della Repubblica, sulla destra si può visitare il Macc (Museo arte ceramica contemporanea) in palazzo Malizia, con la mostra permanente delle Vaselle d’Autore e la donazione Nino Caruso, noto ceramista la cui Fonte di Giano in piazza Baglioni rende omaggio alla divinità romana dalla quale la tradizione popolare fa derivare il nome di Torgiano.

In direzione nord della regione, tra Umbertide e Città di Castello, si trova Montone che guarda già verso l’Appennino umbro-marchigiano, verso i rilievi boscosi, superati i quali si distende in lontananza il mare.

Oggi Montone è l’immagine della pace. La collegiata è il primo monumento da vedere e le sue origini risalgono al 1300. Guidata da un capitolo di canonici, fu eretta a dignità di cattedrale con trono e cattedra vescovile.

Il rione detto di Borgo Vecchio fa da splendida cornice ad uno dei monumenti più insigni di Montone: la chiesa e l’annesso convento di San Francesco. Una costruzione tipicamente gotica, del primo decennio del Trecento, delle cui origini restano molte tracce.

Delle meravigliose opere d’arte che l’arricchivano, due si trovano attualmente a Buckingham Palace ed alla National Gallery di Londra: la Madonna in trono con Bambino e Santi di Berto di Giovanni e la Madonna in gloria di Luca Signorelli.

L’annesso convento con l’elegante chiostro cinquecentesco è la sede del Museo Civico che, tra le opere di maggior pregio, custodisce il gruppo ligneo della Deposizione databile tra il 1260 e il 1270, il Gonfalone dipinto da Bartolomeo Caporali nel 1482, l’Annunciazione realizzata dal cortonese Tommaso di Arcangelo detto il Papacello e da Vittore Cirelli nel 1532.

Situata nella piazza principale del borgo, la chiesa di Santa Croce è di origine monastica e fra le più antiche, mentre la pieve di San Gregorio, fuori le mura castellane, esisteva già intorno all’anno 1100. In stile romanico, a tre navate, fu parzialmente trasformata dal cardinale Vitelli quando era signore di Montone.

Dalla tradizione vengono le lavorazioni artigianali che ancora caratterizzano Montone: dalla bottega del ferro battuto accanto alla porta di Borgo Vecchio, alle falegnamerie artigiane dove si pratica l’arte del restauro di mobili antichi, alle ricamatrici al tombolo e all’uncinetto, che seguono un percorso iniziato dalle suore di clausura di Santa Caterina.

Un sapere pratico che l’ultimo fine settimana di maggio viene illustrato con la Rassegna dei MastriFabbri Forgiatori. Un’esposizione di opere in ferro battuto e forgiatura estemporanea dei mastri fabbri, seguita da concerti e mercatini di prodotti tipici.

L’ultima domenica di ottobre è tempo della Festa del Bosco. Evento tradizionale che celebra ogni autunno i prodotti del bosco e sottobosco con una mostra-mercato, durante la quale è possibile acquistare tartufi ed altre prelibatezze della zona e gustare i prodotti della cucina locale.

I piatti conservano la sapienza di un popolo legato ai sapori di un tempo, dalla semplicissima torta bianca cotta sul panaro, accompagnamento ideale e insostituibile dei saporiti salumi locali, all’imbrecciata, che si serviva tradizionalmente nei mesi invernali, fino ai piatti di pasta fatta in casa e impreziositi da tartufo, funghi di bosco e asparagi.

A questi vanno aggiunti i favolosi arrosti d’agnello e d’anatra, seguititi da oca, coniglio, faraona, piccioni e selvaggina d’ogni genere. Ad accompagnarli ci pensano i vini che rappresentano un’altra voce importante del territorio, dal momento che gli assolati ed asciutti terreni collinari costituiscono la premessa migliore per la produzione di uve di gran pregio.

Nel nord della regione, quasi al confine con la Toscana, si incontra Citerna posizionata in cima ad un colle dal quale domina l’Alta Valle del Tevere.

La sua collocazione ne denota la caratteristica di fortilizio con funzioni di avvistamento dei flussi militari provenienti dalle terre circostanti. Proprio per questo motivo fu contesa ripetutamente conservando ancora nella cinta muraria, nei camminamenti medievali e nell’acropoli sovrastante il borgo, la memoria della sua ricca storia.

Due gli accessi principali al nucleo storico di Citerna: a sud Porta Romana e a nord Porta Fiorentina. Subito a ridosso della prima si sviluppa il monastero di Santa Elisabetta, nella cui chiesa a forma esagonale si trova una Vesperbild, iconografia tedesca raffigurante una Pietà del XIV secolo.

Dal corso principale si accede a Casa Prosperi – Vitelli, al cui interno si ammira il camino del XVI secolo detto degli Innamorati. Proseguendo, oltre l’ingresso del palazzo Municipale si incontra la parte conventuale della chiesa di San Francesco, una chiesa-museo per il gran numero di opere d’arte che vi si conservano.

Arrivati sulla piazza principale Scipione Scipioni si ammira in tutta la sua bellezza l’anfiteatro naturale che si stende ai piedi di Citerna: il bacino idrografico del Tevere e la corona appenninica che lo delimita come un enorme catino, dal monte de La Verna a nord ai Monti Sibillini a sud.

Sulla parte occidentale del nucleo di Citerna si erge la Rocca, la parte più antica del castello. Di origine longobarda, ricostruita nel XIV secolo, era la residenza dei signori del luogo. Il bastione occidentale e il torrione rotondo, divenuto simbolo del paese, completano il lato occidentale della cinta muraria.

Il borgo, in realtà, è costituito da due strutture urbane sorte in tempi diversi: l’acropoli, che è il nucleo originario del paese, e il burgus, aggiunto nel Duecento e dislocato lungo l’asse viario del corso principale.

Dal punto di vista urbanistico si presentano così due livelli, uno corrispondente all’isolato incluso tra Porta Romana e piazza Scipioni, l’altro consistente negli ammassi, situati sotto l’ex convento di San Francesco, in cui sono stati recuperati spazi espositivi, camminamenti di grande suggestione e un complesso sistema di cunicoli sottostanti il corso principale. Qui si trovano alcune delle cisterne che danno nome al borgo, alcuni recipienti costruiti o scavati sotto terra per il recupero delle acque piovane.

La spiritualità francescana è un altro aspetto di questi luoghi Il fervore religioso seminato da Francesco ha lasciato molti segni a Citerna, dove nel corso dei secoli hanno prosperato diversi ordini monastici e recentemente il flusso di pellegrini che ripercorrono l’itinerario La Verna – Assisi ha ripreso con vigore sul modello del Sentiero di Santiago de Compostela.

A Citerna si conserva la tradizione del vinsanto, un passito amabile tipico umbro. Un vino potente, ottenuto da uve scelte raccolte da vigne vecchie e poste sui graticci o attaccate sulla soffitta fino a Natale, per compiere il necessario appassimento.

Un prodotto che amabilmente accompagna i dolci tipici come torcolo, castagnole o crostini ‘briachi a Carnevale. Tra i piatti tipici, invece, ecco le tagliatelle fatte a mano con uova e farina che si possono offrire in due modi: precedute da antipasto di crostini al tartufo e condite con tartufo; oppure crostini con impasto di interiora di pollo a cui seguono le tagliatelle condite con sugo d’oca.

Dirigendosi verso il Parco regionale del Trasimeno, a due passi da questo, si incontra un luogo come Passignano sul Trasimeno.

passignano sul trasimeno umbria

Un luogo la cui antica Rocca è stata restaurata per fare spazio al museo delle barche delle acque interne italiane. Dalla sua torre, alta 22 metri, si scorge tutto il territorio fino alla Toscana.

Un altro monumento di interesse è il santuario di Maria Santissima di Castel Rigone, eretto alla fine del XV secolo in seguito a un miracolo, che presenta una facciata in arenaria scandita da fasce orizzontali, abbellita dal portale maggiore e minore, dal rosone e dalle finestre.

Poi spazio agli eventi e alle specialità. Tutti a base di pesce di lago i piatti da richiede nei ristoranti e nelle feste: gli agoni fritti, la regina in porchetta e il tegamaccio. L’ultima settimana di luglio, il Palio delle Barche rievoca, con l’incendio al castello, i fuochi d’artificio sul lago e le taverne aperte, la lotta tra le famiglie perugine dei Baglioni e degli Oddi a cavallo tra Medioevo e Rinascimento.

Tra luglio e agosto, invece, si svolge il Festival internazionale dei giovani concertisti, con concerti nella piazza Sant’Agostino di Castel Rigone, mentre la Festa della Padella, l’ultima settimana di agosto, premia la padella più grande del mondo, in grado di friggere due quintali di pesce all’ora.

A poca distanza Castiglione del Lago che offre un paesaggio ricco di colori, di luce e tranquillità, in equilibrio tra natura e quotidianità.

castiglione del lago umbria

Una grande rilevanza storico-artistica viene offerta dall’imponente complesso monumentale di palazzo della Corgna, ampliato fra il Cinque e il Seicento da Galeazzo Alessi sul preesistente nucleo del palazzetto Baglioni,

Il palazzo racchiude uno dei maggiori cicli pittorici del tardo manierismo umbro-toscano. Oggi la maggior parte degli affreschi di Niccolò Circignani, detto il Pomarancio, che ornano le sale del palazzo, sono restituiti al loro antico splendore grazie a un attento lavoro di recupero e restauro.

Dopo la visita delle sale affrescate si arriva, attraverso un suggestivo camminamento, alla Rocca del Leone e al Mastio, l’antico bastione difensivo di forma triangolare dal quale si gode una indimenticabile vista sul lago Trasimeno e le isole.

La Rocca del Leone è una fortezza medievale dalla singolare forma a cinque punte che ricorda la costellazione del Leone. Edificata per volontà di Federico II a partire dal 1247, costituisce uno dei migliori esempi dell’architettura militare del Medioevo umbro.

La sua collocazione su uno sperone calcareo che domina il Trasimeno si è rivelata di grande importanza strategica durante le numerose guerre per il dominio del territorio combattute dalle signorie toscane e perugine.

Le sale affrescate dal Pomarancio sono anche il luogo in cui, nella seconda metà di agosto, si svolge il Festival di musica classica, a cui prendono parte maestri di livello internazionale. Sempre ad agosto, nello splendido scenario del teatro all’aperto della Rocca medioevale, ha luogo la Rassegna Internazionale del Folklore.

Facilmente raggiungibile in auto e in treno, Castiglione può essere punto di partenza per escursioni nelle vicine città d’arte dell’Umbria e della Toscana. Ai piedi del borgo, che si trova all’interno del Parco del Trasimeno, si estendono spiagge di erba e sabbia attrezzate per il relax.

Il pesce d’acqua dolce è padrone nella cucina locale, in particolare la “regina in porchetta”, cioè una carpa di grandi dimensioni cotta al forno, insaporita con finocchio, aglio, pepe e sale e servita con l’ottimo vino rosso dei Colli del Trasimeno. Tra i primi, i “pici co’ la nana”, una pasta fatta in casa con acqua e farina e condita con sugo di anatra e parmigiano.

La fagiolina del lago, invece, trova intorno al Trasimeno il suo terreno ideale. Un un fagiolo di minuscole dimensioni con una buccia così sottile che quasi non si vede, di sapore delicato e facilmente digeribile.

Luogo di cerniera tra Umbria e Toscana, Paciano sorge sul monte Petrarvella, a 391 metri sul livello del mare.

Un borgo racchiuso nella cinta muraria trecentesca lunga circa 600 metri, in cui sono incluse otto torri e tre porte di accesso: la Fiorentina, la Perugina e la Rastrella.

Entrando da porta Rastrella ci si trova di fronte palazzo Cennini, una costruzione che risale al 1300, dimora privata, nell’ultimo secolo proprietà dei fondatori del marchio italiano Buitoni, i cui discendenti ancora vivono a Paciano. Edificio dalla pianta irregolare, è diviso in due corpi collegati da un camminamento che si trova sopra la porta stessa.

Ecco due chiese vicine, la chiesa di San Carlo Borromeo che è stata costruita nel Seicento per opera del cardinale Cennini, ha un bel portale in pietra serena dell’epoca e la chiesa di San Giuseppe, oggi Museo Parrocchiale, che risale al Trecento, in cui sono conservati l’antico gonfalone comunale, una tela del 1450 con la Madonna delle Grazie della bottega di Benedetto Bonfigli, reperti etrusco romani, arredi e paramenti sacri.

TrasiMemo-Banca della Memoria del Trasimeno, invece, è una banca speciale, dove i valori conservati sono quelli antichi e contemporanei del sapere locale, con sale museo, esposizioni e laboratori. L’artigianato locale del ferro, legno, tessile e cotto viene raccontato in questo particolare museo delle attività degli uomini e delle donne sul Trasimeno.

Grazie al vicino lago Trasimeno, il clima mite e la dolcezza del paesaggio unite all’ospitalità della sua comunità invitano a stare all’aria aperta: passeggiate, trekking, jogging, mountain bike, escursioni a cavallo sono supportate da percorsi di ogni genere.

E altrettanti sono anche gli eventi che si svolgono a Paciano. La settimana di Ferragosto sfilate storiche, sfide rionali, musica, eventi culturali caratterizzano Millennium Paciano, nata per celebrare i mille anni della chiesa parrocchiale, è una settimana di attività ludiche ed enogastronomia, accompagnata dal folclore della festa storica.

Ad inizio settembre, Mille & Una Umbria, ItinerArte è un pranzo di degustazione per le vie del centro storico. Dalla mattina al tardo pomeriggio viene accompagnato da musica, laboratori creativi, visite guidate, spettacoli e seminari sui prodotti locali.

Da queste colline, dove è sovrano l’ulivo, proviene un magnifico olio extravergine, apprezzato sulle tavole di tutto il mondo per aroma, gusto, proprietà organolettiche. Un prodotto che viene celebrato a fine ottobre con la Festa dell’Olio, in cui si possono degustare varietà di olio appena estratto nella raccolta annuale.

Un’altra specialità locale è il torciglione, tipico dolce natalizio a forma di serpente caratterizzato da ingredienti quali mandorle dolci e amare, uova, zucchero, frutta candita, pinoli, chicchi di caffè e liquore alchermes.

Panicale conserva ancora la struttura del castello medioevale, un tempo circondato dal fossato, con i due ingressi verso Perugia e verso Firenze, e con le sue tre piazze inglobate in un giro di ellissi concentriche.

panicale umbria

Entrando da porta Perugina, si incontra subito piazza Umberto I, dove spicca la bella cisterna ottagonale in travertino del 1473, poi trasformata in fontana, di fronte al trecentesco palazzo Pretorio. Questo è il primo dei tre livelli su cui si sviluppa il borgo, ognuno con le sue stradine che convergono verso la piazza.

Al secondo livello si trova la piazza del potere religioso, che prende nome dalla maestosa collegiata di San Michele Arcangelo. La chiesa, di origine longobarda, più volte ampliata e infine ricostruita in forme barocche nel 1618, racchiude pregevoli opere d’arte, prime fra tutte la tavola dedicata alla Natività di Giovan Battista Caporali, allievo del Perugino

Scendendo attraverso le viuzze del borgo, si raggiunge in breve il piccolo e prezioso teatro Cesare Caporali, costruito nel XVIII secolo e totalmente ristrutturato dall’architetto Giovanni Caproni nel 1858 secondo la tipologia classica del teatro all’italiana: pianta a ferro di cavallo, due ordini di palchi e un loggione.

Appena fuori Porta Fiorentina, si arriva alla cinquecentesca chiesa di Sant’Agostino, dal 2001 adibita a Museo del tulle. Al suo interno, resti di affreschi attribuiti alla scuola del Perugino e il pregevole altare in pietra serena di Giambattista di Cristoforo da Cortona (1513) fanno da cornice ai manufatti ricamati su tulle, tipici esempi di ars panicalensis.

L’arte, d’altronde, è di casa a Panicale: basti vedere, poco oltre Sant’Agostino, l’elegante facciata della chiesa della Madonna della Sbarra, così chiamata perché sorta nel luogo dove si praticava il controllo del dazio. L’altare maggiore è caratterizzato da quattro imponenti angeli dorati e l’edificio oggi ospita una raccolta di oggetti e paramenti sacri.

Tutto quello che è stato visitato finora non è che il preludio al grande capolavoro custodito in questo piccolo borgo umbro: l’affresco dipinto dal Perugino nel 1505, Il martirio di San Sebastiano, che decora la parete di fondo dell’oratorio di San Sebastiano.

La grandiosa scenografia architettonica sul fondo, dove si ammira il paesaggio che ispirò il Perugino, esalta la gestualità ritmica: più che a una scena di martirio, l’atmosfera fa pensare a una performance teatrale, alla danza degli arcieri intorno al corpo nudo e (poco) sofferente di San Sebastiano.

Tra Perugia ed il lago Trasimeno ecco Corciano posizionato sulla cima di un colle.

Sul punto più alto del borgo svetta la torre comunale del XIII secolo edificata in pietra calcarea e blocchi di travertino reimpiegati.

L’attuale palazzo Municipale, sorto nel Cinquecento, era l’antica residenza dei duchi della Corgna, nobile famiglia perugina, mentre il palazzo del Capitano del Popolo è un’elegante costruzione quattrocentesca, un tempo residenza della magistratura che amministrava Corciano per conto della dominante Perugia.

Tra le chiese, la parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta merita una menzione speciale. Risale al XIII secolo e all’interno, totalmente rinnovata nell’Ottocento, custodisce due capolavori: l’Assunta dipinta dal Perugino nel 1513 e il Gonfalone di Benedetto Bonfigli datato 1472.

La chiesa e il Convento di Sant’Agostino, edificati nel 1334, sorgono su una verdeggiante altura di fronte alla porta Santa Maria, l’ingresso meridionale al borgo. Chiesa e convento subirono un radicale restauro nel corso del Settecento. Nell’abside della chiesa si può ammirare il bel coro ligneo realizzato nel 1746.

A breve distanza dal luogo dove sorgeva porta San Francesco, l’accesso settentrionale al castello distrutto alla fine del XIX secolo, si trovano la chiesa e l’ex Convento di San Francesco. La bella facciata è un alternarsi armonico di pietra calcarea bianca e rosa; l’interno, a croce latina, restaurato nel 1968, conserva ancora tracce di affreschi umbro-senesi databili tra il XIV e il XV secolo.

Il Torrione di Porta Santa Maria, costruito nel 1482 come struttura difensiva di Corciano, è il simbolo del borgo ed ospita oggi tre piccoli ambienti espositivi: la “Sala dei Massari”, dove sono conservate parti di abbigliamento militare ed armi utilizzate in un tipico castello del territorio perugino tra il XV e XVI secolo.

Poi la “Sala delle Bertesche”, che ospita sculture lignee del XV-XVI secolo, gli atti della comunità e lo statuto del castello di Corciano e la “Sala della Chiave”, dove è custodita l’antica chiave di accesso alla città e dove sono esposte alcune immagini raffiguranti i cambiamenti di Corciano nel tempo.

Corciano vanta anche un’importante offerta naturalistica. Il suo cuore verde è certamente costituito dai fitti boschi di Monte Malbe, presso la cui cima, detta Colle della Trinità, Corciano raggiunge la sua massima altitudine a 652 metri s.l.m.

Il monte, caratterizzato da una macchia mediterranea che presenta una grande quantità di specie arboree, propone una ricca rete di sentieri escursionistici. Uno dei percorsi più affascinanti è quello che attraversa la cosiddetta Troscia del Melo, un piccolo stagno d’importanza vitale per la fauna selvatica del luogo che vanta ancora la presenza di esemplari di Tritone maculato.

A pochi km di cammino, sul fianco nord del monte, l’eremo di San Salvatore meglio conosciuto come “Romitorio”, conserva ancora intatti il fascino e l’intimità dell’antico edificio, fondato tra l’XI e il XII secolo.

A Corciano sono ottime le produzioni tipiche con possibilità di visita alle aziende produttrici: miele (con apiario didattico), zafferano, grani antichi, lumaca di terra (con fattoria didattica), olio e vino. Diversi, invece, sono i piatti tipici del borgo.

A partire dalla Torta al Testo, una focaccia bassa tipica della gastronomia umbra. A base di farina, sale e acqua, ha origini molto antiche e il suo nome deriva dal tradizionale disco in ghisa alto circa 3 cm sul quale si cuoce l’impasto, chiamato appunto “testo”.

A Corciano la torta al testo si serve in due modi: farcita, principalmente o con salsicce “umbre” ed erbe di campo o con prosciutto crudo, che viene affettato a mano. Il secondo impiego è invece quello di accompagnamento ad un piatto principale ed in particolare al “pollo all’arrabbiata”, altro piatto tipico corcianese.

La Torta di Pasqua al formaggio è una ricetta tipica umbra del periodo pasquale. A Corciano, in particolare, se ne realizza un tipo che ha la forma di un piccolo filone. La Torta di Pasqua al formaggio è ottima per accompagnare i salumi, ma è buonissima anche da sola e a Corciano è usanza farci colazione la mattina di Pasqua, insieme alle uova benedette.

Poi il Palombaccio alla ghiotta: parente stretto del piccione, è anch’esso un piatto tipico di Corciano, qualora ancora si riesca a trovare in qualche negozio o ristorante. Durante lo spiedo va insaporito con una salsa favolosa che raccoglie tutti i profumi dell’Umbria.

Il territorio di Deruta è segnato dai depositi argillosi che hanno consentito ai suoi abitanti di procacciarsi la materia prima con cui realizzare le ceramiche.

Tutto nel borgo parla di vasai e dell’arte della ceramica, a partire dal Museo Regionale della Ceramica.

Situato nell’ex convento di San Francesco, il più antico museo italiano per la ceramica conserva oltre 6 mila opere, e più di 1500 volumi sull’argomento. Il museo descrive l’evoluzione della maiolica di Deruta dalla produzione arcaica al Novecento. Tra i pezzi più pregiati, per delicatezza cromatica, i vasi in lustro dorato del primo quarto del XVI secolo, i vassoi istoriati del XVII secolo, il pavimento proveniente dalla chiesa di San Francesco.

Nel centro storico di Deruta si entra dalla porta di San Michele Arcangelo, ai cui lati si notano resti delle mura di cinta. La fontana a pianta poligonale del 1848 accoglie in piazza dei Consoli, che ha forma allungata e ospita i principali edifici pubblici e religiosi.

L’odierno palazzo municipale, al cui interno si trova anche la pinacoteca comunale, è l’antico palazzo dei Consoli, sobria architettura trecentesca ammodernata nel XVIII secolo lasciando inalterate le bifore ogivali che, con il portale, abbelliscono la facciata.

Sulla stessa piazza si affaccia il complesso francescano, ossia il convento, fondato nel 1008 dai Benedettini e la chiesa di San Francesco, in stile gotico, restaurata e consacrata nel 1388 dopo un terremoto che l’aveva quasi distrutta.

Opera tutta particolare, appena fuori dal paese, è il santuario della Madonna dei Bagni, costruito a pianta centrale subito dopo l’evento miracoloso del 1657, originato dal ritrovamento di un’immagine della Madonna su un frammento di ceramica, tuttora custodito nell’altare maggiore.

La forza della fede si esprime qui in oltre 600 mattonelle votive, realizzate dai ceramisti di Deruta su commissione dei fedeli che hanno ricevuto la grazia. Gli ex voto in maiolica illustrano disgrazie, malattie, incidenti felicemente risolti grazie all’intervento della Madonna.

A Deruta non sono solo le maioliche ad illuminare gli occhi. Una grande firma della pittura come il Perugino, in una sua opera, illustra una panoramica di Deruta come appariva nel 1476: compatta, perfetta, in un mondo di vasai con la loro patrona, Santa Caterina d’Alessandria, affrescata nella chiesa di San Francesco.

Monte Castello di Vibio conserva chiaramente l’aspetto di castrum medievale.

Sorge su un colle, dal quale si gode un panorama unico sulle colline umbre e la media valle del Tevere.

Da lontano, non fosse per qualche costruzione recente e casale sparso, il borgo sembra quasi immerso nel verde, con il cappellino rosso dei coppi antichi che ancora ricoprono le belle dimore di pietra. Qui tutto è piccolo, contenuto, discreto con sprazzi di luce, rade ombre, bagliori del crepuscolo che investono chiunque percorra i suoi vicoli, attardandosi davanti alla torre di Porta di Maggio del XIV secolo, al pozzo cisterna di epoca medievale, al portale dell’ex complesso monastico cinquecentesco e a tutti i particolari che attirano l’attenzione.

Nella chiesa di Santa Illuminata, che ha rivestito di forme ottocentesche un oratorio del Seicento, si venera un crocefisso ritenuto miracoloso già in un manoscritto gotico. Quanto a miracoli, non è da meno l’ottocentesca chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, che custodisce la statua della Madonna dei Portenti, così chiamata per le proprietà taumaturgiche che la devozione popolare le riconosce.

Parte del territorio di Monte Castello è inserita nel Parco Fluviale del Tevere che comprende, oltre il corso del fiume, il lago di Corbara, le gole del Forello e l’oasi naturalistica di Alviano. Nell’area del Parco, inoltre, sono comprese notevoli testimonianze culturali, archeologiche e monumentali. Il Tevere, infatti, ha visto fiorire sulle sue rive le civiltà degli Umbri e degli Etruschi, ed è stato decisivo nella romanizzazione del territorio.

L’agnello allo scottadito è la specialità locale che si può apprezzare anche durante la festa della Madonna delle Carceri, nella settimana a cavallo tra giugno e luglio. Il territorio di Monte Castello di Vibio, inoltre, è inserito nella Strada dell’olio extravergine d’oliva DOP Umbria e, pertanto, il suo prodotto principale è l’olio che proviene dagli uliveti delle colline intorno al borgo.

Il tour nei borghi più belli dell’Umbria si conclude a Massa Martana  

Una località che si presenta compatta dentro le vecchie mura castellane, con il suo dedalo di vicoli, le chiese romaniche, rinascimentali e barocche, e i palazzi in bella mostra carichi anch’essi della gloria dei secoli.

Seriamente danneggiata dal terremoto del 1997, in una decina d’anni Massa Martana ha chiuso quel drammatico capitolo e recuperato tutto quello che serviva per ridare dignità all’antico borgo di origine romana. Si accede al centro storico dalla grande porta che affaccia su piazza Umberto I, decorata nella parte destra da pietre scolpite e in quella superiore dallo stemma comunale.

Oltre la porta, subito a destra si trova la chiesa di San Felice e dalla parte opposta della piazza il palazzo che ospitò Giuseppe e Anita Garibaldi nel 1849. Proseguendo per via Regina Margherita, si incontra sulla destra la chiesa di San Sebastiano e, poco distante, il cinquecentesco palazzo Comunale, che si presenta con l’aspetto del recupero di fine Ottocento.

Sono tutte fuori dal centro storico le chiese più belle, come l’abbazia di San Fidenzio e Terenzio e la vicina chiesa di Santa Illuminata. La prima è di origine remota ed opera dei monaci benedettini che la ressero fino alla fine del Trecento. Santa Illuminata, invece, con il suo contiguo monastero, risale all’XI secolo e reca in facciata un portale a tutto sesto.

La zona in cui è inserito il borgo, alle falde dei Monti Martani, è di grande interesse naturalistico. Alture non elevate, ma che riservano seducenti sorprese come, ad esempio, l’esistenza sulle pendici dei Monti Martani di una delle più grandi foreste di lecci d’Europa.

Il territorio dei Monti Martani regala di tutto: vino Doc Colli Martani, olio extra vergine d’oliva Dop Colli Martani, salsicce, prosciutti, porchetta, formaggi pecorini e tartufi. Nelle Giornate Massetane, inoltre, la prima quindicina di agosto, si svolge la principale manifestazione del borgo che dura una decina di giorni e prevede spettacoli teatrali e musicali, mostre d’arte e gastronomia.

Quest’ultima viene rappresentata da alcuni piatti tipici come i picchiarelli alla massetana, sorta di fettuccine con sugo di interiora di pollo, la palomba alla ghiotta, piccione selvatico in salmì e la nociata, una specie di torrone fatto con noci, miele, albumi d’uovo, bucce d’arancia e poi avvolto in foglie d’alloro

Alessandro Campa

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