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Palermo

PALERMO, Capitale Italiana della Cultura 2018

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Palermo

Palermo, l’incontro di differenti culture in un luogo di suggestione e meraviglia

Palermo, capoluogo dell’incantevole Sicilia. Una città in cui convivono edifici arabeggianti, memorie normanne e tracce rinascimentali e barocche , dove perdersi e restare incantati da tanto splendore.

Arabo- Normanno, la parola chiave che contraddistingue le bellezze di Palermo. Uno stile architettonico che coniuga elementi del romanico nord-europeo a tracce  bizantine, e li unisce alla tradizione ornamentale della civiltà araba.

Un grande esempio di questa eleganza artistica è rappresentato da Palazzo dei Normanni.

palermo palazzo dei normanni

Una solenne fortezza, nota anche come Palazzo Reale, prodotto di costruzioni e modifiche ad opera di arabi, spagnoli, italiani e  normanni che si sono succeduti nei secoli di storia.

Palazzo dei Normanni è l’attuale sede dell’Assemblea Regionale Siciliana e rappresenta la più antica residenza reale d’Europa. La dimora dei sovrani del Regno di Sicilia che, nei secoli, fu sede di attività amministrative, di laboratori artigianali di oreficeria e di produzione di tessuti e di attività culturali tra cui  va ricordata la Scuola Poetica Siciliana.

La fortezza divenne reggia nel 1130 per volere di Ruggero II, primo re normanno di Sicilia, ma l’opera di trasformazione da struttura fortificata a dimora reale venne proseguita dai suoi successori, Guglielmo I e Guglielmo II. Questi realizzarono un complesso dagli ambienti finemente decorati, adatti ad accogliere un pubblico nobile e cosmopolita. Il palazzo rimase reggia reale fino alla fine del Trecento per poi riprendere questa funzione solo nel Cinquecento con l’insediamento del viceré spagnolo.

Una struttura particolare, composta da edifici a forma di torre collegati tra di loro da portici e giardini.

Le quattro torri normanne,  la Greca, la Chirimbi, la Pisana, la Ioaria, furono aggiunte in seguito e oggi rimangono solo le ultime due, di forma quadrangolare.

All’interno della medievale torre Ioaria si trova  la Sala dei Venti, una delle sale più suggestive del palazzo sul cui soffitto è rappresentata una rosa dei venti. La Sala di Ruggero  è dedicata al primo sovrano normanno di Sicilia, nonostante gli stupendi mosaici con scene di caccia e immagini allegoriche del potere normanno si debbano al figlio Guglielmo I.

La sede dell’Assemblea Regionale Siciliana è Sala d’Ercole. Un nome che riconduce chiaramente all’eroe mitologico greco Ercole, qui ritratto in un ciclo pittorico settecentesco dell’artista Giuseppe Velasco, soprannominato “il Velazquez di Sicilia”

Al primo piano del palazzo accade qualcosa di mistico tanto da restare immobili ed incantati. Qui si trova l’ingresso della Cappella Palatina, un importante e splendido esempio delle architetture bizantine e saracene.

Basilica a tre navate, divise da colonne di granito con ricchi capitelli corinzi dorati, è dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Un luogo di culto edificato per volere di Ruggero II, consacrato il 28 aprile 1140, con funzioni di cappella privata della famiglia reale. Iniziata nel 1130, anno dell’incoronazione di Ruggero II a primo re di Sicilia, fu completata nell’arco di dieci anni.

La struttura e le decorazioni della Cappella Palatina sono pervase da elementi che testimoniano la politica di tolleranza e apertura nei confronti di altre culture portata avanti dal re Ruggero II. Elementi distintivi di questo luogo meraviglioso sono gli straordinari mosaici bizantini che decorano la cupola, il transetto e le absidi al suo interno e raccontano storie del Vecchio e Nuovo Testamento, con un’ eccezionale abilità nel ritrarre dettagli ed espressioni.

I mosaici di datazione più antica sono quelli della cupola, risalenti alla costruzione originaria, in cui accanto al Cristo Pantocratore sono raffigurate le gerarchie di angeli, profeti e santi. Un’altra particolarità della Cappella Palatina è il suo particolarissimo soffitto ligneo in stile muqarnas, una  decorazione propria dell’architettura musulmana. In ogni spicchio sono presenti stelle lignee con rappresentazioni di animali, danzatori e scene di vita della corte islamica.

Un’altra fondamentale struttura di rilevanza storica è la Cattedrale, principale luogo di culto nella città di Palermo.

Palermo cattedrale

Fondata nel tardo XII secolo,  è uno dei monumenti più caratteristici della città, in particolar modo per l’originale fusione armonica di stili diversi. Qui si alternano elementi di arte greca, romana, araba, normanna, gotica, diretta conseguenza delle differenti culture e  popolazioni che, nel corso dei secoli, hanno abitato il  suolo siciliano.

Costruita nel 1170 per opera dell’arcivescovo Gualtiero Offamiglio, nel luogo in cui si trovava un’antica basilica fondata da San Gregorio, divenne poi una moschea durante il periodo saraceno.  Questo è il primo nucleo dell’attuale cattedrale, mentre il suo aspetto odierno è il risultato di innumerevoli modifiche e ristrutturazioni avvenute nel corso del tempo.

Gli interventi architettonici ed ornamentali dal 1170 fino ai nostri giorni si possono ammirare seguendo un breve itinerario che, dal prospetto orientale a quello meridionale, offre una panoramica completa del grandioso esterno della Cattedrale di Palermo, riccamente decorato in stili differenti, che descrive le pagine storiche della città.

L’interno della Cattedrale di Palermo è il risultato dei lavori di trasformazione realizzati tra il 1781 e il 1801, con i quali si è sostituito l’originale impianto architettonico normanno con uno neoclassico,  in base ai gusti dell’epoca. La Cattedrale viene impreziosita ancora di più dagli splendidi affreschi e mosaici del XII e XII secolo e dalla famosa Assunzione del Velasquez che accompagna altri dipinti di autori sconosciuti

L’ampia navata centrale è affiancata da due laterali, sulle quali si aprono numerose cappelle, tra cui la Cappella delle tombe reali, luoghi di sepoltura dei monarchi siciliani e una delle maggiori attrattive per chi visita la Cattedrale di Palermo.

Famosa e sorprendente la tomba dell’imperatore Federico II, in porfido rosso, sormontata da un baldacchino e appoggiata su un basamento formato da due coppie di leoni.

In un sarcofago di marmo bianco decorato con mosaici è invece sepolto l’Arcivescovo Gualtiero Offamilio, fondatore della Cattedrale normanna, mentre un importante luogo di venerazione per i palermitani è la Cappella di Santa Rosalia, dove, in una preziosa urna d’argento, sono conservate i resti della patrona della città.

La visita alla Cappella Palatina e alla Cattedrale di Palermo rappresenta l’inizio di un grande viaggio tra arte e spiritualità cittadina, testimoniato da una serie di altrettanti edifici di culto di notevole importanza.

A partire dalla Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, che sorge sotto le mura del Palazzo dei Normanni e fu fondata  tra il 1130-1154.

palermo chiesa di san giovanni

Le sue decorazioni in  stile arabo,  i giardini dai maestosi alberi e gli eleganti piccoli conventi la elevano ad altro importante esempio di architettura arabo-normanna della città di Palermo.

Una chiesa romanica a croce commissa che esternamente richiama edifici orientali, dettaglio che viene ancor più enfatizzato dalle cupole di colore rosso acceso, restaurate nell’Ottocento dell’architetto Giuseppe Patricolo.

Il chiostro, a pianta quadrata, è la parte meglio conservata del primitivo monastero. Abbellito da colonnine con capitelli a foglie d’acanto che reggono archi ogivali a doppia ghiera, presenta un gioco di volumi di impronta islamica in cui si alternano blocchi compatti quadrangolari e cupole emisferiche.

L’interno della chiesa ha tre absidi semicircolari ed è suddiviso in cinque campate quadrate coperte da cupolette che si collegano alle pareti tramite nicchie. Dall’interno della chiesa si accede a un ambiente confinante, denominato “sala araba”, edificio originariamente costituito da tre unità architettoniche come l’aula rettangolare, il portico e un recinto.

La Chiesa di San Cataldo , invece, rappresenta un compiuto capolavoro architettonico concepito da maestranze islamiche secondo criteri romanico-occidentali.

palermo chiesa di san cataldo

La chiesa, oggi adibita ad uso esclusivamente turistico, dal 1937 appartiene all’Ordine Equestre dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

L’edificio ,esternamente, è animato da arcate cieche che inquadrano le tre finestre con luce unica, prive di suddivisioni e aperte su ciascun lato. L’interno rettangolare è scandito dalle tre cupole che individuano le tre campate quadrate della navata centrale. Le pareti,  prive di qualsiasi decorazione, esaltano lo splendore  architettonico della chiesa, arricchita dalle colonnine angolari del santuario e dagli archi a sesto acuto.

Il pavimento in opus sectile, antica tecnica artistica che utilizza marmi per realizzare decorazioni a intarsi, rende ancora più preziosa questa chiesetta. Un chiaro esempio dell’epoca di Guglielmo I, assicurata dalla presenza di artigiani islamici capaci di interpretare in modo nuovo ed originale la tradizione orientale di matrice bizantina.

Un altro magnifico luogo di culto è la Chiesa della Martorana.

Le sua fondazione risale al XII secolo, di origine greco- ortodossa fu in seguito convertita in chiesa cattolica durante il periodo normanno. Venne fondata per volontà di Giorgio di Antiochia, ammiraglio della flotta del re Ruggero II d’Altavilla, per ringraziare la Vergine Maria della protezione che gli aveva concesso durante tutti gli anni spesi in mare.

Il nome completo, infatti, è Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, ma tutti la chiamano Chiesa della Martorana dal nome di Eloisa Martorana, fondatrice di un convento di monache benedettine che nel 1453 ereditarono la chiesa.

Proprio a queste monache si deve l’invenzione della frutta martorana, il tipico dolce di pasta reale che i siciliani usano consumare il giorno dei morti. La perfetta imitazione o riproduzione di frutta, internamente, è simile al marzapane, ma la sua ricetta a base di farina di mandorle e miele la rende molto più dolce e saporita.

Una chiesa che, dietro una facciata semplice e lineare, nasconde un’esaltazione di mosaici e decorazioni in un’armonica fusione di stili artistici, anche questi testimonianza delle diverse popolazioni che hanno vissuto e governato in Sicilia nei corsi dei secoli.

Appena entrati si resta abbagliati dalla lucentezza del suo ciclo di mosaici dorati dall’immenso valore artistico, che  fu completato prima del 1151, risultando  il più antico di tutta la Sicilia. Le caratteristiche originali dell’elegante architettura arabo- normanna sono ancora presenti, in particolare in uno dei più famosi mosaici, in cui viene rappresentata l’incoronazione di Ruggero II da parte di Cristo, e nella parte superiore delle pareti e della cupola con la rappresentazione del Cristo Pantocratore.

La chiesa non è solo unica nella sua bellezza, ma anche nella sua funzione religiosa.

Rappresenta infatti il punto di riferimento per più di 15.000 fedeli albanesi di rito greco – bizantino presenti in Italia.

Oggi la chiesa appartiene all’Eparchia di Piana degli Albanesi, diocesi cattolica con rito greco – bizantino. Una comunità che, pur appartenendo alla Chiesa Cattolica, segue il culto e le tradizioni della Chiesa Orientale Ortodossa, introdotti in Sicilia dagli albanesi che qui si rifugiarono per sfuggire alle persecuzioni turche.

Nel cuore del centro storico, in uno degli angoli più affascinanti e ricchi di storia della città, i cosiddetti “Quattro Canti”, si trova la Chiesa di San Giuseppe dei Teatini, il più significativo esempio dello stile barocco in Sicilia.

Costruita all’inizio del XVII secolo, la chiesa possiede una meravigliosa facciata in stile neoclassico  ed una grande cupola ricoperta da maiolica con classici colori blu e gialli. Una sontuosa decorazione interna caratterizza questa chiesa, in cui anche gli arredi lignei sono concepiti secondo un calibrato spirito decorativo barocco.

L’interno è grandioso, ripartito in tre navate da altissime colonne monolitiche, che fanno da cornice a bellissimi affreschi nella navata centrale. Tra questi spicca un’opera di Filippo Tancredi come “Episodi della vita di S. Gaetano”, mentre nelle vele degli archi si presentano le “Figure degli Apostoli”, iniziate nel 1798 da Giuseppe Velasquez e completate da Vincenzo Manno.

Tra gli edifici di culto palermitani, merita una menzione particolare il Santuario di Santa Rosalia.

Uno dei monumenti più suggestivi della città dalla particolare struttura, che si raggiunge a piedi con una lunga gradinata oppure  in auto con una strada a tornanti da cui si gode di una splendida vista sulla città di Palermo.

Il santuario, costruito intorno al XVII secolo in seguito al miracoloso evento che portò alla fine della peste di Palermo, conserva la memoria del prodigioso ritrovamento delle ossa di santa Rosalia.

Un luogo sacro che si trova all’interno di un anfratto di roccia, quasi sulla cima del monte Pellegrino, il cui soffitto è attraversato da un sistema di canaline in metallo che servono a raccogliere l’acqua, considerata santa, che esce dalla grotta. Uno spazio che colpisce Per il suo significato simbolico e religioso, per la sua originalità e per la fusione perfetta di natura e costruzione umana

Una volta entrati, si attraversa un vestibolo e una sala con una cupola aperta al cielo fino a raggiungere il cuore del santuario, ovvero la grotta carsica profonda circa 25 metri. Qui, sulla sinistra e sotto un baldacchino di forme barocche, è custodita la statua della santa, ritratta al culmine dell’estasi mistica nel momento del suo trapasso con addosso una fastosa veste dorata, opera dell’artista fiorentino Gregorio Tedeschi realizzata  intorno al 1630.

L’arte a Palermo non si manifesta solo attraverso la spiritualità, ma anche grazie all’incredibile arte ingegneristica e architettonica di altri edifici, caratterizzati anche questi dai diversi stili culturali.

Un esempio è il bellissimo Palazzo della Zisa, dall’arabo al-ʿAzīza, ovvero “la splendida”.

Fondato da re Guglielmo I nel 1165 come residenza estiva dei re Normanni, il palazzo della Zisa sorgeva fuori le mura della città di Palermo, all’interno del  Genoardo, il “paradiso in terra” e parco reale che si estendeva con splendidi padiglioni, rigogliosi giardini e bacini d’acqua.

Un palazzo che rappresenta uno dei migliori esempi del connubio tra arte e architettura normanna e decorazioni e ingegnerie arabe per il ricambio d’aria negli ambienti. Il Palazzo della Zisa, infatti, è rivolto a nord-est, verso il mare, per poter usufruire delle brezze più temperate, specialmente notturne, che venivano percepite dentro il palazzo.

L’edificio, a pianta rettangolare, si sviluppa su tre livelli. Anche gli ambienti interni erano condizionati da un complesso sistema di circolazione dell’aria che, attraverso canne di ventilazione  e finestre esterne stabilivano un flusso continuo che garantiva un clima gradevole anche nella stagione estiva.

All’interno del palazzo, proprio al centro del piano terreno, si trova la sala della fontana, un particolare tipo di sala a iwan, caratteristica dell’architettura islamica, che costituisce il cuore nevralgico di tutto il palazzo.

La sala è decorata con mosaici e tarsie marmoree in opus sectile che arricchiscono il pavimento, mentre sul lato occidentale si trova un raro esempio di mosaico bizantino con temi profani e iconografie islamiche.

In molti ambienti sono frequenti le nicchie a muqarnas e ai lati della sala a iwan si presentano gli  ambienti residenziali e le scale che conducono ai piani superiori. La sala centrale del secondo piano, in origine, presentava un atrio quadrato scoperto con al centro una vasca, di cui si conservano ancora le tracce, ma è stata profondamente modificata nel XVII secolo.

Il Palazzo della Zisa è attualmente un Museo d’Arte Islamica, che costituisce una significativa testimonianza dell’incontro tra i differenti elementi  culturali che caratterizzò la civiltà della Sicilia normanna.

I giardini rigogliosi e gli elementi tipici dell’arte araba in un edificio di carattere normanno si ritrovano anche nel Palazzo della Cuba.

Quest’ultimo, dall’arabo Qubba, “cupola”, era uno dei più sontuosi e celebri Sollazzi Regi, edifici utilizzati dai re Normanni per lo svago.

Costruito nel 1180 per  re Guglielmo II e  definito  padiglione di delizie, era destinato ad accogliere il re e la sua corte che qui trascorrevano piacevoli momenti al fresco delle fontane e dei giardini di agrumi, riposandosi nelle ore diurne o assistendo a feste e cerimonie serali.

Viene chiamato anche “Cuba sottana” per distinguerlo dalla Cuba soprana, oggi inglobata nella settecentesca villa Di Napoli e dalla Piccola Cuba, entrambe un tempo situate nell’antico parco reale del Genoardo.

L’esterno dell’edificio si presenta in forma rettangolare e al centro di ogni lato si presentano quattro corpi a forma di torre, di cui il  più sporgente costituiva l’unico accesso al palazzo dalla terraferma. I muri spessi e le poche finestre erano dovuti ad esigenze climatiche e offrivano maggiore resistenza al calore del sole. La maggior superficie di finestre aperte, inoltre, era sul lato nord-orientale, perché meglio disposta a ricevere i venti freschi provenienti dal mare.

L’interno della Cuba era diviso in tre spazi allineati e comunicanti tra loro. Nonostante non siano rimaste molte decorazioni che un tempo adornavano il palazzo, al centro dell’ambiente interno si presentava un grande spazio quadrato e scoperto. Una specie di atrio con due fontane in nicchia sui lati nord e sud, una vasca centrale, decorazioni musive sul pavimento e quattro colonne poste in corrispondenza dei quattro angoli, molto simile sia all’atrio del piano superiore della Zisa che alla Sala dei Venti di Palazzo Reale.

Proprio alla Cuba, Boccaccio ambientò una delle novelle del suo Decameron, la sesta della quinta giornata, la vicenda d’amore del giovane Giovanni da Procida per una giovane fanciulla destinata a Federico II d’Aragona e chiusa nel palazzo reale.

Nel tempo, le destinazioni d’uso di Palazzo della Cuba furono molteplici, da lazzaretto a residenza privata, fino a passare sotto l’amministrazione della Regione Siciliana. Negli anni’80 iniziò una serie di interventi di restauro che riportarono all’antico splendore questo straordinario edificio, una tra le più originali creazioni di architettura civile della gloriosa epoca normanna.

Un’altra residenza civile, ma di epoca più recente è Palazzo Abatellis.

Dimora di Francesco Abatellis, maestro Portulano del Regno, ufficiale regio preposto alla gestione e al coordinamento dei porti in ampie circoscrizioni territoriali, risale alla fine del XV secolo ed è un magnifico esempio di architettura gotico-catalana.

Dopo essere stato un’abitazione nobiliare, nel 1527, l’edificio divenne il convento delle benedettine appartenenti alla vicina chiesa di Santa Maria della Pietà, che lo adattarono alle esigenze della clausura.

Oggi, invece, è la sede della Galleria Regionale d’Arte Moderna della Sicilia, uno dei musei più noti in tutto il mondo. Appartenente al complesso museale è la grande ala settecentesca che si trova sul retro dell’edificio, che venne realizzata a partire dal XVI secolo dalle benedettine della vicina Chiesa della Pietà.

Il complesso presenta due piani e si sviluppa intorno ad un ampio atrio caratterizzato sul lato occidentale da un doppio loggiato e da una scala esterna che conduce al piano nobile. L’obiettivo del progetto era quello di creare armonia tra la struttura e le  opere che conservava al suo interno. L’esposizione presenta , per la gran parte, una raccolta di opere scultoree al piano terreno, mentre il primo piano è destinato alle opere pittoriche.

La sistemazione delle opere è innovativa attraverso l’uso di supporti metallici o lignei su fondi colorati di pannelli in tessuto, in stucco veneziano o in legno, che esaltano la bellezza dei quadri. Questi ambienti espositivi presentano una significativa raccolta della pittura siciliana, dal tardo manierismo al realismo e al barocco, distribuita cronologicamente nella “Sala Verde” al primo piano e nella “Sala Rossa” al secondo piano.

Nelle meravigliose stanze del palazzo storico si trovano importanti capolavori di Domenico e Antonello Gagini, Filippo Paladini, Antonello da Messina, Francesco Laurana, mentre è  famosissima la sala che ospita lo splendido affresco “Il Trionfo della Morte”, staccato nel 1944 dal cortile di Palazzo Sclafani.

Un altro edificio civile degno di nota è il Teatro Massimo,  il più grande complesso lirico d’Italia e uno dei teatri più grandi d’Europa, classico esempio di Art Nouveau.

Costruito nel 1875 dall’architetto Giovan Battista Filippo Basile e portato a termine dal figlio Ernesto, questo splendido edificio neoclassico è divenuto un simbolo di Palermo

All’esterno affascina la sua monumentalità, con un’enorme cupola e una magnifica scalinata ai lati della quale risaltano due fieri leoni in bronzo. Passeggiando tra le sue sale si scoprono i segreti della sua  produzione artistica, in cui rivivere l’atmosfera raffinata di altri tempi, anche se il modo migliore per gioire della magia di questo luogo storico è assistere a uno degli spettacoli in programma.

L’atrio principale del Teatro Massimo è una magnifica anticipazione della bellezza che caratterizza  le sale interne. Una sala rettangolare decorata con statue e candelabri in bronzo dal colore rosso che  ricorda le foglie autunnali, e per questo viene anche chiamato “ottobrino”.

La Sala Grande è la celebre sala principale del Teatro Massimo. A forma di ferro di cavallo, adornata da magnifiche decorazioni, da sempre viene esaltata  dagli appassionati di teatro di tutto il mondo per la sua acustica perfetta.  Dal magnifico Palco del Re i nobili di un tempo potevano godersi lo spettacolo, mentre oggi tutti possono ammirare questa meraviglia di mogano e broccato, specchi e lampadari in vetro di Murano.

L’elegante Sala Pompeiana, anch’essa riservata ai nobili della Palermo di fine Ottocento, si presenta con la sua forma circolare e le sue decorazioni che rimandano al numero 7 e ai suoi multipli. Una simbologia legata ai sette pianeti e ai sette giorni del periodo lunare, ai sette peccati capitali e alle sette virtù così come alle sette note musicali

Una piccola curiosità sul teatro riguarda proprio la sua costruzione, che avvenne abbattendo la chiesa di San Francesco delle Stimmate e l’annesso convento e la chiesa di San Giuliano.

La tradizione narra che sia stata involontariamente profanata la tomba di una suora, detta “la monachella”, la prima Madre Superiora del convento, e che il suo fantasma si aggiri ancora per le sale del teatro.

Dal 1974 al 1997 il Teatro Marcello rimase chiuso per lavori di ristrutturazione; lo spettacolo scelto per la riapertura del teatro fu un concerto della Filarmonica di Berlino diretta da Franco Mannino e Claudio Abbado.

Cultura e tradizione a Palermo non si esauriscono, però, nelle meravigliose strutture che raccontano epoche e stili diversi, ma si manifestano anche all’interno di un’anima popolare, quotidiana e  verace rappresentata dagli antichi mercati.

Primo fra tutti la Vucciria.

Un nome che deriva dal francese “boucherie”, macelleria. Il mercato, infatti, era inizialmente destinato al macello e alla vendita delle carni, ma in seguito diventò anche luogo per la vendita del pesce, della frutta e della verdura.

Ma “Vuccirìa”, in palermitano, significa confusione. Oggi, proprio questa viene rappresentata distintamente  dalle voci che si accavallano e dalle grida dei venditori, diventando uno dei tratti peculiari che maggiormente caratterizza questo mercato palermitano.

Muovendosi all’interno del fitto intreccio di vicoli e piazzette del mercato della Vucciria si possono ritrovare tutti gli ingredienti della cucina siciliana tra le coloratissime bancarelle che traboccano di magnifica merce fresca. A partire dagli anni 2000 la Vucciria è diventata una delle sedi della movida palermitana, dal tardo pomeriggio  fino a notte inoltrata

A questo segue Ballarò, il più antico e pittoresco tra i mercati di Palermo.

Il nome deriverebbe da Souk el Ballarak, mercato degli specchi in arabo, ma anche da Bahlara, villaggio presso Monreale da dove provenivano i mercanti arabi.

Famoso per la vendita delle primizie che provengono dalle campagne del palermitano e frequentato giornalmente da centinaia di persone,  viene animato dalle cosiddette abbanniate, chiassosi richiami dei venditori che cercano di attirare l’interesse dei passanti.

Due luoghi davvero speciali e  perfetti per assaggiare  le prelibatezze del tradizionale cibo da strada, eredità delle diverse influenze del capoluogo siciliano. Il cibo di strada è una tradizione che viene da lontano, ma più viva che mai ed illustra un modo facile e rapido per attraversare millenni di  arte, profumi, sapori e civiltà diverse.

Un grande esempio sono le famose arancine, palle di riso impanate e fritte, del diametro di 8–10 cm, farcite generalmente con ragù, piselli e caciocavallo. Il nome deriva dalla forma originale e dal colore dorato tipico, che ricorda appunto un’arancia

Poi a quarumi ( il caldume), letteralmente “pietanza calda”. Uno dei tipici piatti da strada di Palermo, composto da vari parti della trippa di vitello bollite nella tipica quarara con cipolle, sedano, carote, prezzemolo e servito caldo con il brodo di cottura o asciutto, con sale, pepe, e olio.

Da provare pani câ meusa (panino con la milza) la cui preparazione finale viene eseguita sul momento e consiste in un panino morbido superiormente spolverato di sesamo, imbottito con pezzetti di milza, polmone e, talvolta, trachea di vitello. Questi, precedentemente bolliti o cotti al vapore interi, vengono poi tagliati a fettine sottili e soffritti.

Il panino può essere schettu, ossia semplice e senza condimenti, accompagnato da limone o pepe, oppure maritatu, integrato con caciocavallo grattugiato o ricotta .

Lo spuntino più popolare a Palermo è sicuramente rappresentato da pane e panelle, ovvero un panino imbottito con una frittella di farina di ceci. Le panelle sono generalmente accompagnate dai cazzilli o crocchè, crocchette fritte di patate e prezzemolo.

Panelle e cazzilli vengono spesso mangiati insieme in unico panino e si possono acquistare in moltissimi luoghi della città, in particolare nelle “friggitorie”, anche ambulanti, presenti nelle strade di Palermo.

La stigghiola, invece, è un piatto che viene generalmente preparato e servito per strada dal cosiddetto stigghiularu.

Budella di agnello, ma anche capretto o vitello, lavate in acqua e sale, condite con prezzemolo, infilzate in uno spiedino o arrotolate attorno a un cipollotto, e cucinate direttamente sulla brace, da  mangiare calde e condite con sale e limone.

Da provare anche lo sfinciùni ( sfincione) una sorta di pizza morbida dalla base alta, farcita con pomodoro, cipolle e acciughe, origano e caciocavallo. Una prelibatezza da gustare solo a Palermo e dintorni.

Ma oltre al cibo da strada, Palermo è nota per altre specialità che caratterizzano la sua cucina. E sulla tavola ecco che si presentano gli anellètti ô furnu (anelletti al forno).Un tipo di pasta a forma di anello di circa un centimetro e con uno spessore simile a quello del bucatino accompagnati da un ragù di carne con l’aggiunta di piselli.

Altre pietanze squisite sono la celebre pasta chî sardi ( pasta con le sarde) rigorosamente preparata con l’aggiunta di finocchietto selvatico e la pasta chî vròcculi arriminàti, cioè con broccoli , uva passa, pinoli e pan grattato tostato.

Tra i secondi ecco le sardi â beccaficu (sarde a beccafico). Sarde al forno arrotolate intorno a un composto di pan grattato, aglio e prezzemolo tritati, uva sultanina, pinoli, sale, pepe e olio d’oliva. Le sarde a beccafico sono considerate un secondo, ma vengono anche servite come ricco antipasto soprattutto nei pranzi cerimoniali.

A queste seguono altri secondi come le purpètt’i sardi ( polpette di sarde), il crapèttu chî patati ( il capretto con le patate) e i babbalùci ( lumache) condite con abbondante soffritto d’aglio, peperoncino e prezzemolo. Secondi piatti accompagnati da uno squisito contorno come la capunata, ortaggi fritti, specialmente melanzane, conditi con sugo di pomodoro, sedano, cipolla, olive e capperi, in salsa agrodolce.

Il palato continua ad essere deliziato con i dolci siciliani.

A partire da un’abbondante colazione a base di granita al caffè, alla mandorla o al pistacchio e accompagnata dall’inseparabile brioche, ma anche un tipico e squisito cannolo con ricotta di pecora può dare la giusta carica per rendere la giornata più allegra.

Tra i dolci da provare non possono mancare le paste di mandorla, dolcetti tipici domenicali, ma che si possono assaggiare in un qualunque giorno della settimana. A questi segue la cassata,  regina delle specialità dolciarie siciliane. Una torta tradizionale a base di ricotta zuccherata pan di Spagna, pasta reale e frutta candita.

La cuccìa, invece, è un altro dolce tipico siciliano, a base di grano bollito e ricotta di pecora o crema di latte bianca o al cioccolato. Viene guarnito con cannella, pezzetti di cioccolato e scorza di arancia grattugiata, tradizionalmente preparato e consumato il 13 dicembre,  in occasione della festa di Santa Lucia.

Nel periodo natalizio si presenta anche un altro tradizionale dolce come il buccellato.

Un impasto di pasta frolla, steso a sfoglia non sottile e farcita con un ripieno di fichi secchi, uva passa, mandorle, scorze d’arancia e poi chiuso a forma di ciambella. Il buccellato casereccio viene solitamente ricoperto di glassa, mentre  quello di pasticceria è ricoperto di zucchero a velo o di frutta candita.

Legata ad un’altra festività è la sfinc’i San Giusieppi ( sfincia di San Giuseppe) che viene consumata tradizionalmente il 19 marzo, durante la festa di San Giuseppe, considerata in tutta la Sicilia come  la prima festività della nuova stagione primaverile, oltre che la festa del papà.

Col tempo, il prodotto ha perso il legame con la stagione primaverile ed è diventato disponibile al consumo in tutti i giorni dell’anno. Si tratta di un dolce fritto, grande quanto un pugno, che una volta  acquisita la doratura, viene tolto dalla padella e ricoperto con una crema di ricotta di pecora, pezzetti di cioccolato e zuccata e guarnito da scorza d’arancia candita.

L’esperienza gastronomica siciliana non può dirsi conclusa se non comprende anche un buon bicchiere di vino. Il clima ventoso e secco, con temperature miti, unito alla fertilità del terreno, fanno della Sicilia una terra ideale per la coltivazione della vite. Un ottimo accompagnamento ai prodotti più famosi della pasticceria siciliana sono i vini dolci tipici della Sicilia, come il Malvasia, il Moscato di Noto, il Passito di Pantelleria e lo Zibibbo..

Alcune specialità gastronomiche descritte in precedenza sono anche le vere protagoniste di un evento che rispecchia le tradizioni ed il folclore di Palermo come la Festa di Santa Rosalia.

U fistinu, come viene comunemente chiamato, è la festa dedicata alla santa patrona che dal 1624 in poi rappresenta ogni anno un evento a cui prendono parte migliaia di persone che si svolge con la processione dei carri trionfali .

Ancora adesso il “festino” è un grande evento popolare che ha luogo dal 10 al 15 luglio. Ogni anno viene sviluppato un tema differente. Dalla fine degli anni novanta lo spettacolo, un tempo sfarzosa sfilata che includeva tutte le autorità civili, militari e religiose, è divenuto una rappresentazione teatrale a tutti gli effetti, con giochi di luce spettacolari e danze acrobatiche, mantenendo però di base la storia del miracolo della vittoria sulla peste.

Alessandro Campa

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