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Procida: Capitale Italiana della Cultura 2022

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Procida, colori e vivacità in un’isola ancora da scoprire

Procida, una perla naturale della Campania, che conserva ancora la sua identità mediterranea.

La più piccola e meno conosciuta tra le isole partenopee. Procida, rispetto a Ischia e Capri, si presenta ancora oggi come un luogo da scoprire, pieno di un fascino particolare per il silenzio delle stradine, i colori vivaci degli antichi edifici, i quartieri affacciati a grappoli sulle marine.

Un vero e proprio insieme di colori in mezzo al mare.

Una particolare architettura tradizionale con archi, scale esterne e balconi. Un mare limpido e splendente ed una costa alta e frastagliata dove  trovare calette silenziose protette da falesie, spiagge di ciottoli e insenature mozzafiato. Tutti elementi che generano e descrivono scorci paesaggistici di straordinaria suggestione.

Le case a schiera di due o massimo tre piani si allineano lungo il mare e si contraddistinguono dal loro colore, dipinte con gruppi di tonalità pastello ben definite. Una particolarità derivata dal desiderio dei pescatori di voler riconoscere la propria casa tornando dal mare.

Legata alla tradizione marinara, questo singolare quartiere-città, racchiude casette medioevali con corti, giardini, chiese e palazzi. Procida va vissuta ed esplorata con calma, in modo da comprendere appieno un luogo dove le tradizioni sono più vive che mai e il tempo sembra essersi fermato.

L’isola si può raggiungere via mare da Pozzuoli, da cui partono traghetti che impiegano circa 40 minuti, oppure da Napoli, e precisamente dai porti di Calata di Massa e Molo Beverello. Dal primo partono solo traghetti che impiegano circa un’ ora, mentre dal secondo partono solo aliscafi e la durata della traversata è di circa 45 minuti.

Il principale porto e punto di attracco dell’isola è Marina Grande, chiamata anche Marina di Sancio Cattolico.

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Ed è proprio qui che si viene subito catturati dal fascino delle tipiche case color pastello che si affacciano sul lungomare.

Nei pressi del porto si trova la spiaggia delle Grotte, così chiamata per via delle tantissime grotte di tufo, oggi adibite a semplici magazzini, scavate secoli fa con lo scopo di ripararvi le barche durante la brutta stagione.

Appena sbarcati dal traghetto ci si trova di fronte ad un suggestivo e variopinto esempio di architettura locale, rappresentato in modo pregevole dall’imponente Palazzo Montefusco. Detto anche Palazzo Merlato per via della splendida merlatura che lo caratterizza, questo edificio del XII secolo è stato un tempo la residenza estiva del re.

Pur conservando l’atmosfera tipica di un villaggio di pescatori, Marina Grande è il centro economico e sociale di Procida, luogo ideale per acquistare oggetti di artigianato come le ceramiche dipinte a mano e i quadri originali con vedute di Procida.

Le piccole imbarcazioni da pesca fanno da colorato contorno alla vivace Via Roma, dove ogni pomeriggio viene venduto il pesce fresco direttamente dalle barche.

Percorrendo la stessa strada fino alla piazzetta Sancio Cattolico si può intravedere la Chiesa di Santa Maria della Pietà, uno dei simboli religiosi dell’isola molto caro ai procidani.

Santa Maria della Pietà è uno dei primi elementi visibili dal mare una volta arrivati a Procida.

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La chiesa domina la piazza della Marina Grande e fu eretta nel 1760 sulle fondamenta di una preesistente cappella fondata nel 1616 dai marinai.

L’edificio è caratterizzato all’interno da una sola navata lungo il cui perimetro si aprono una serie di cappelle laterali arricchite da altari in marmi policromi. Rivolgendo lo sguardo in alto non passa inosservata la decorazione della grande cupola dipinta con quattro diversi affreschi che ritraggono gli Evangelisti.

L’altare maggiore, sul fondo, è sovrastato da una statua lignea ottocentesca che raffigura Santa Maria della Pietà. All’esterno, accanto alla bellissima cupola che disegna e rende unica la fisionomia della Marina Grande, si erge una torre campanaria in stile barocco con un orologio a quattro quadranti.

Nelle vicinanze si trova il Museo del Mare, situato nel palazzo storico dell’Istituto Nautico “Francesco Caracciolo” di Procida.

Il Museo del Mare nasce nel 1996 con l’obiettivo  di esaltare e promuovere le radicate tradizioni marinare dell’isola.

Creato inizialmente  a scopo didattico per gli studenti dell’Istituto, oggi è un prezioso museo della memoria che custodisce l’essenza di quella devozione e passione per il mare che caratterizza da secoli gli abitanti di Procida, popolo di capitani, marinai e pescatori.

Il Museo del Mare presenta due sezioni. La prima, bibliografica, comprende un archivio storico che documenta la storia della tradizione marinara isolana. La seconda è dedicata alla tradizione religiosa legata all’attività marinara procidana e ad alcuni proverbi e canti popolari aventi come oggetto il mare.

Continuando a scoprire lentamente l’isola si fa visita a Casale Vascello, antico borgo fortificato e zona più autentica dell’isola.

Il complesso si sviluppa attorno ad un grande cortile centrale, spesso in estate utilizzato come piccolo teatro di eventi culturali, su cui si affacciano numerose abitazioni e si congiunge un sistema di stretti vicoli.

Il Casale Vascello conserva, oggi, tutto il fascino dell’epoca, grazie all’architettura delle sue colorate case, addossate l’una all’altra, proprio per impedire il passaggio dei nemici e contraddistinte dalla presenza del vefio, tipico di Procida, piccolo balcone coperto da una volta ad arco che ricorda il mondo arabo. Entrare in questo complesso suscita l’emozione di vivere in un piccolo mondo a parte e sospeso nel tempo, in cui il silenzio contribuisce a creare un’atmosfera unica.

Poco distante ecco Semmarezio, la piazza conosciuta anche come Terrazza di Procida.

Il nome non è riferito soltanto alla piazzetta dall’incantevole panorama, ma anche ai quattro Casali che delimitano l’area, primi insediamenti urbani, risalenti al XVI secolo, nati al di fuori delle mura. Abitazioni a più piani, anche esse color pastello, che si susseguono in viuzze strette e tortuose e passaggi coperti e sono raggruppate intorno ad un ampio cortile o a un vicolo cieco.

Sulla piazza regnano il Palazzo De Iorio, costruito nella seconda metà del XVIII sulle fondamenta di un edificio gotico,  e il Santuario di Santa Maria delle Grazie. La chiesa è situata in Piazza dei Martiri e sorse nel 1679 per volere dell’arcivescovo Innico Caracciolo, su una preesistente cappella dedicata al culto alla Madonna delle Grazie.

Un edificio religioso realizzato in stile barocco con pianta a croce greca. Sull’ingresso si presenta il coro e a sinistra la sagrestia, arredata con pregevoli armadi in noce ricchi d’intarsi e un prezioso dipinto del Settecento di scuola napoletana che raffigura l’Immacolata con Santa Lucia e San Gaetano da Tiene.

L’interno è decorato da disegni floreali e stucchi dallo stile settecentesco, mentre sull’altare centrale è possibile ammirare una tela che rappresenta la Madonna delle Grazie, arricchita d’oro e d’argento nel 1854 per volere degli abitanti dell’isola, come ringraziamento  alla Vergine per aver liberato Procida dalla peste. Oltre a quello maggiore, la chiesa è caratterizzata da altri quattro altari, intitolati all’Addolorata, a San Giuseppe, a Santa Maria Goretti e a San Francesco d’Assisi.

Da Piazza dei Martiri, continuando a risalire lungo via Principe Umberto, si raggiunge  il borgo di Terra Murata, cuore storico di Procida che sorge sul promontorio più alto dell’isola a 90 metri d’altezza.

Da un lato protetta da pareti a picco sul mare, dall’altro lato dalle mura fortificate, Terra Murata, pur essendo stata da sempre un centro abitato, appare una vera e propria fortezza. Un intero borgo costruito in funzione difensiva per proteggere i cittadini dalle numerose invasioni, prima da quelle barbariche dell’alto medioevo, poi dai saccheggi saraceni che finirono solo agli inizi del ‘600.

Centro storico e culturale dell’isola, letteralmente a picco sul mare, Terra Murata è raggiungibile attraverso una dura salita dalla quale è possibile ammirare un panorama mozzafiato su tutto il golfo di Napoli. Una passeggiata faticosa, ma che non lascia delusi all’arrivo. A rendere particolare questo luogo non sono solo le fortificazioni medievali e le vedute scenografiche, ma anche i due cannoni a lunga gittata risalenti alla Repubblica napoletana del 1799.

L’interno della Terra Murata ha un tutt’altro aspetto, nonostante da fuori appaia come una cittadella fortificata.  Le abitazioni mostrano numerose aperture, terrazzi, scale esterne ed archi e le facciate sono tenute nei tipici colori pastello che si trovano anche in altre zone dell’isola.

Edificio dominante di Terra Murata è Palazzo d’Avalos, costruito nel ‘500 insieme alle mura dalla famiglia D’Avalos, governatori dell’isola fino al ‘700. Nel 1830 la struttura fu trasformata in carcere e fu chiusa definitivamente solo nel 1988. Attualmente il Palazzo d’Avalos si può vedere solo dall’esterno e rappresenta un complesso monumentale dai caratteri peculiari che assume anche il valore di testimonianza della storia politica, militare e urbanistica dell’isola.

Il nucleo religioso e culturale del borgo di Terra Murata, invece, è l ‘Abbazia di San Michele Arcangelo, la cui attuale architettura è del ‘500, ma venne fondata dai monaci Benedettini intorno al XI secolo.

L’imponente complesso abbaziale testimonia il ruolo che aveva in passato come centro religioso e culturale dell’isola. Dal punto di vista architettonico, è un impianto costituito da molteplici stratificazioni e trasformazioni avvenute nel corso dei secoli.

All’interno dell’ abbazia si possono ammirare altari, dipinti e statue, mentre i piani inferiori custodiscono il complesso museale con ossario ed una biblioteca dotata di 8.000 libri e manoscritti antichi. L’Abbazia di San Michele Arcangelo è tra le chiese più prestigiose e ricche del meridione d’Italia in cui è possibile visitare anche il Presepe permanente composto prevalentemente da antichi pastori di scuola napoletana del XVIII secolo, in legno e terracotta.

Un altro importante edificio religioso è Santa Margherita Nuova, costruita verso la seconda metà del XVI secolo, quando i monaci domenicani che possedevano l’antico Cenobio di S.Margherita Vecchia alla Chiaolella, si trasferirono a causa delle incursioni saracene.

Nonostante i crolli subiti dalla chiesa e dal convento, anche a seguito del cedimento dei grandi archi che lo sorreggevano, alcuni ambienti dei livelli inferiori sono riusciti a restare quasi intatti e si sviluppano attorno all’interessante sistema delle cisterne per la raccolta delle acque piovane.

Attualmente la chiesa è sede di mostre ed eventi culturali, mentre la sua posizione, a metà tra l’abitato della Corricella all’ingresso del complesso e il borgo di Terra Murata, si trova in un luogo di straordinaria suggestione paesaggistica, la terrazza che si apre sul borgo della Corricella

E proprio in questa zona prosegue la visita dell’isola.

Caratteristica, affascinante e romantica, Marina Corricella è il borgo marinaro più antico di Procida. Disposto ad anfiteatro sul mare e circondato dalle reti adagiate sulla banchina, questo piccolo villaggio di pescatori è un rifugio tranquillo e seducente.  L’odore di mare, le stradine caratteristiche, la singolare architettura e l’assenza totale di autoveicoli rendono la Corricella un mondo a parte.

Unico patrimonio di architettura popolare del Settecento, Marina Corricella è un porticciolo famoso e apprezzato per la sua peculiare architettura. Qui è possibile scorgere un intreccio di archi, cupole, finestre, gradinate, logge e facciate variopinte che danno vita a un complesso edilizio più unico che raro per forme, colori e disposizione delle abitazioni.

Marina Corricella è raggiungibile via mare o attraverso quattro gradinate che disegnano differenti itinerari.

La Gradinata del Pennino e la Gradinata Scura rappresentano il percorso principale per arrivare al borgo. Dalle estremità del porticciolo è invece possibile risalire il borgo percorrendo altre due gradinate, di cui una termina nei pressi del Santuario di Santa Maria delle Grazie, mentre l’altra è il luogo ideale per ammirare l’isola di Capri e il promontorio di Terra Murata.

Sulla parte opposta dell’isola, invece, si trova Marina di Chiaiolella, il luogo preferito dai bagnanti, una bella insenatura semicircolare chiusa dal promontorio di Santa Margherita Vecchia. Il lungomare è la passeggiata turistica per eccellenza dell’isola. La spiaggia sabbiosa della Chiaiolella guarda verso Ischia, con vista a perdita d’occhio sul mare aperto

Nonostante il vivace turismo estivo che l’ha indotta ad apportare qualche necessario cambiamento, la Chiaiolella ha sempre mantenuto il suo carattere di borgo di pescatori, con case centenarie perfettamente incorniciate nel paesaggio.

Costruzione principale dell’intero borgo è il Santuario di San Giuseppe, edificato nel 1836 e restaurato nel corso degli anni. Oltre alla torre campanaria con il grande orologio che si affaccia su tutti i lati del campanile, meritano la dovuta attenzione anche le splendide tele custodite all’interno della chiesa.

Il caratteristico porticciolo, costituito da un antico cratere vulcanico ormai spento, è circondato a ovest dall’altura di Solchiaro, un tempo meta preferita dai Borbone per la caccia, e ad est dal promontorio di Santa Margherita, sede nell’VIII secolo di un monastero Benedettino.

Da Marina di Chiaiolella si può raggiungere anche un altro piccolo tesoro come l’ Isola di Vivara, misteriosa e affascinante porzione di terra collegata a Procida da un vecchio ponte percorribile a piedi. Un’oasi protetta dal 1974 e riserva naturale dello Stato dal 2002, che è possibile visitare accompagnati da guide naturalistiche autorizzate.

L’isola di Vivara è ciò che resta di un cratere vulcanico circolare un tempo legato a Procida da una falesia.

Piccolo, selvaggio e incontaminato, l’isolotto, oltre a essere popolato da piante rare, conigli selvatici e numerosi uccelli acquatici, è sede di importanti ritrovamenti archeologici di origine micenea.

L’unico edificio presente a Vivara è la casa fatta realizzare dal Duca De Guevara nel 1681 che divenne Casino di Caccia Borbonico adiacente alla Casa Colonica. Splendida la terrazza dalla quale è possibile ammirare scorci mozzafiato sulla vicina Ischia e su tutto il litorale campano.

L’isola di Procida, oltre a rappresentare un incantevole cornice naturale in mezzo al mare, è anche protagonista di un romanzo. Nel 1849 lo scrittore Alphonse de Lamartine scrisse Graziella, una storia d’amore nata sull’isola dove, Graziella, una giovane fanciulla dagli occhi neri e dalle lunghe trecce, fa perdutamente innamorare il protagonista, grazie alla sua semplicità e alla sua bellezza.

Un legame nato durante le lunghe giornate trascorse insieme a lavorare il corallo o a leggere storie d’amore nella piccola casetta di pescatori procidani, che viene interrotto dalla partenza improvvisa di lui per la Francia, costretto a lasciare la sua amata Graziella con la promessa che sarebbe ritornato presto da lei.

La ragazza, nell’attesa, si ammala di tubercolosi e prima di morire, gli spedisce una lettera contenente una treccia dei suoi capelli. Alphonse conserverà per tutta la vita quella lettera e quella treccia insieme al ricordo di quell’amore che non riuscirà più a trovare in nessun’ altra donna.

A duecento anni da quest’evento l’associazione culturale “La casa di Graziella”, in unione col Comune di Procida, ha voluto ricostruire un’ipotetica casa- museo di Graziella, che si trova al secondo piano del Palazzo della cultura, ex conservatorio delle orfane, a Terra Murata.

La riproduzione si presenta molto più ricca rispetto ad un casa di pescatori e tutto il corredo dell’abitazione è datato tra 1800 e 1900, ma nulla è appartenuto a Graziella. Il museo ha lo scopo di salvaguardare e tramandare la storia di Procida alle future generazioni, attraverso il mito di Graziella che visse e morì per amore.

In più  tra luglio e agosto, durante la festa della sagra estiva, in un concorso di bellezza viene eletta la Graziella, una giovane procidana che indossa il costume tradizionale dell’isola, rifacendosi alla storia raccontata nell’omonimo romanzo di Alphonse De Lamartine.

Quasi un secolo dopo Procida raggiunge di nuovo fama internazionale con un libro.

Nel 1957 Elsa Morante vince il Premio Strega con il romanzo L’isola di Arturo, ambientato a Procida negli anni  che precedono la seconda guerra mondiale.

La storia di un ragazzo, Arturo, che trascorre un’infanzia felice sull’isola spezzata, però, dalle prime disillusioni della vita e dalla crudele realtà dell’età adulta. Nelle pagine del libro Elsa Morante descrive gli assolati e silenziosi paesaggi procidani, la marina con le sue viuzze strette, le case variopinte, il castello che domina completamente l’isola, ma resta allo stesso tempo affascinata dagli usi e costumi di questa terra, ancora oggi fortemente radicati nell’animo dei procidani.

Ogni settembre, in ricordo della scrittrice e del suo libro, il comune di Procida organizza una settimana della cultura durante la quale viene anche conferito il noto Premio Elsa Morante,  assegnato annualmente ad opere letterarie italiane pubblicate nell’anno di riferimento.

Ma Procida è anche luogo di eventi tradizionali, in cui sono molto seguite le manifestazioni religiose legate al periodo della Settimana Santa.

Molto suggestive, tra queste, la Processione degli Apostoli del Giovedì Santo e la Processione dei Misteri del Venerdì Santo.

La processione degli “Apostoli Incappucciati” è organizzata dall’Arciconfraternita dei Bianchi, fondata nel 1581 dal cardinale Innico d’Avalos d’Aragona. Terminata la celebrazione della lavanda dei piedi, i dodici “apostoli”, con la veste di confratello, si incappucciano e, con una croce sulla spalla e una corona di spine sul capo, sfilano in processione per le strade dell’isola, seguiti dai cerimonieri e dagli altri confratelli.

La mattina del Venerdì Santo, invece, rappresenta il momento culminante dei riti della settimana. L’evento più famoso e suggestivo a Procida è la Processione dei Misteri, talvolta anche indicata come Processione del Cristo morto.

Le origini del rito risalirebbero alla fine del XVI secolo, organizzata dalla Confraternita dei Turchini, fondata nel 1629 dai Gesuiti.

Fino alla metà del XVIII secolo si presentava essenzialmente come una processione di flagellanti, trasformata in seguito in una cerimonia in cui sfilavano esclusivamente i Misteri.

Questi sono carri allegorici di carattere religioso costruiti artigianalmente di anno in anno dai Procidani, composti da una o più tavole di legno, sulle quali vengono allestite interpretazioni simboliche della Passione di Cristo e di passi del Nuovo o del Vecchio Testamento.

Un tratto distintivo della processione è la partecipazione quasi totale della popolazione isolana, ed in particolare, dei giovani procidani che, lungo un percorso che va dal borgo di Terra Murata fino al porto della Marina Grande, portano a braccia i Misteri indossando un saio bianco con mantello turchese, classica veste di “confratello dei Turchini”.

Nel generale silenzio, il suono della tromba e del tamburo caratterizza il passaggio della processione, che si conclude con l’esposizione della statua del Cristo morto, opera realizzata nel 1728  dallo scultore napoletano Carmine Lantriceni.

Un altro aspetto da non tralasciare è sicuramente la cultura gastronomica di Procida.

Il mare, qui,  è un elemento imprescindibile e i protagonisti naturali della cucina procidana sono proprio i pesci ed i frutti di mare, sempre freschissimi.

Una ricetta in particolare è il calamaro ripieno alla procidana, in cui i tentacoli del mollusco vengono tagliati a pezzetti e passati in padella con aglio tritato e olio, per poi  diventare parta della farcitura, che si compone di pane ammorbidito in acqua, formaggio grana e pecorino grattugiati, uovo, basilico, prezzemolo, sale e pepe. I calamari, imbottiti in questo modo, vengono fatti rosolare dolcemente e poi sfumati col vino, fino a proseguire lentamente la cottura con l’aggiunta di pomodori tagliati a pezzi.

Ma anche i prodotti della terra svolgono un ruolo importante.

Tra tutti il limone procidano, che ha la particolarità di essere molto grande e poco acre. Uno dei piatti più particolari in cui viene utilizzato è la tradizionale insalata di limoni, preparata appunto con limoni di Procida a tocchetti, cipolla, olio, peperoncino, sale e menta.

Un secondo piatto molto gustoso è, invece, il coniglio alla procidana con aglio, olio extravergine di oliva , pomodorini datterini maturi,  vino bianco, rosmarino e sale. La Falanghina, bianco, e l’Aglianico, rosso, sono i vini locali che, per il loro gusto leggero si sposano molto bene con i sapori della cucina procidana.

Tra i dolci della tradizione si presenta il casatiello dolce, una soffice ciambella tipicamente pasquale preparata con il lievito madre, sulla cui superficie, a volte, viene posto uno strato di glassa e canditi.

Poi le lingue procidane, preparate con due strati di pasta sfoglia tirata a mano, alla quale viene conferita una forma ovale. Il ripieno è a base di crema pasticcera al limone e la copertura è realizzata con lo zucchero, per rendere la superficie croccante. Chiamate anche lingue di bue sono ottime per la colazione, per la merenda o per un delizioso dopo cena.

Alessandro Campa

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