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RAVENNA: Capitale Italiana della Cultura 2015

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Ravenna, la città del mosaico dal fascino mistico

Una regione dalle autentiche tradizioni come l’Emilia Romagna presenta un luogo di particolare importanza. Ravenna, la città del mosaico a due passi dal mare Adriatico, è un centro antico colmo d’arte e cultura.

Il considerevole valore storico ne caratterizza i suoi aspetti. Una città che per ben tre volte è stata eletta capitale, prima dell’Impero Romano d’Occidente, poi del Regno ostrogoto sotto Teodorico, ed infine dell’Impero bizantino in Europa.

La magnificenza di quei periodi ha lasciato una grande eredità di monumenti e testimonianze culturali, diventati in seguito patrimoni dell’umanità, che vale sicuramente la pena visitare per la loro incredibile bellezza e unicità.

A partire dalla Basilica di San Vitale, uno dei monumenti più importanti dell’arte paleocristiana in Italia, in particolar modo per i suoi incantevoli mosaici.

Una basilica a pianta ottagonale che fu finanziata da Giuliano Argentario su ordine del vescovo Ecclesio e consacrata nel 548 d.C. dall’arcivescovo Massimiano.

L’influenza orientale assume qui un ruolo dominante sia da un punto di vista architettonico, perché unisce elementi della tradizione orientale e occidentale, sia della decorazione musiva che illustra in modo chiaro l’ideologia e la religiosità del periodo imperiale di Giustiniano.

Appena entrati nella basilica di San Vitale si viene conquistati dagli alti spazi, dalle stupende decorazioni musive dell’abside e dagli affreschi barocchi della cupola. Nel presbiterio, su un lato del pavimento ottagonale, è rappresentato un labirinto. Le piccole frecce partono dal centro e attraversoun precorso tortuoso si dirigono verso il nucleo centrale della Basilica.

Il labirinto, nei primi anni della cristianità, era spesso usato come simbolo del peccato e del percorso da intraprendere verso la purificazione. Trovare la via d’uscita dal labirinto rappresentava un atto di rinascita. Una volta completato il percorso del labirinto del pavimento di San Vitale si possono alzare gli occhi verso l’altare e ammirare i mosaici, tra i più belli della cristianità.

Una menzione importante merita la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, fatta costruire da Teodorico, re degli Ostrogoti, accanto al suo palazzo tra il 493 e il 526 d.C.

In origine fu adibita a Chiesa palatina di culto ariano, ma dopo la riconquista bizantina e la consacrazione al culto ortodosso, a metà del VI secolo, fu intitolata a San Martino, vescovo di Tours.

Secondo la tradizione, la basilica assunse il suo nome attuale solo intorno al IX secolo dopo che vi furono traferite le reliquie di sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna, dall’omonima basilica di Classe per sottrarle al pericolo delle scorrerie dei pirati. In quell’occasione ricevette la sua intitolazione a Sant’Apollinare, detta “Nuovo” per distinguerla da un’altra chiesa dallo stesso nome presente in città.

La Basilica presenta una facciata timpanata, contornata da lesene e ricamata da una grande e larga bifora in marmo, sormontata da altre due piccolissime aperture, l’una a fianco dell’altra. In origine era racchiusa da un quadriportico, ma attualmente è preceduta da un semplice e armonioso portico di marmo del XVI secolo. Sul lato destro il bel campanile cilindrico in mattoni, caratteristico delle costruzioni ravennati, che risale al IX-X secolo.

Al suo interno si può ancora notare la meravigliosa decorazione musiva dell’antica costruzione che, dal punto vista stilistico, iconografico e ideologico consente di seguire l’evoluzione del mosaico parietale bizantino dall’età di Teodorico a quella di Giustiniano. Le 26 scene sulla natura e la vita di Cristo, risalenti al periodo di Teodorico, rappresentano il più grande ciclo monumentale del Nuovo Testamento e il più antico fra quelli realizzati a mosaico.

La Basilica di Sant’Apollinare in Classe, invece, si presenta maestosa e solenne a pochi chilometri dal centro di Ravenna.

Costruita e finanziata, nella prima metà del VI secolo, dal banchiere Giuliano Argentario per il volere del vescovo Ursicino,  fu consacrata nel 549 d.C. e  dedicata a Sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna, sul luogo del suo martirio e dove erano presenti i resti di alcune parti delle sue spoglie.

La chiesa è stata definita il più grande esempio di basilica paleocristiana. Nonostante le spoliazioni subite nel corso dei secoli, la basilica conserva ancora la bellezza della struttura originaria e sono da ammirare, al suo interno, sia gli splendidi mosaici policromi presenti nell’abside che gli antichi sarcofagi marmorei degli arcivescovi disposti lungo le navate laterali.

Tra le altre bellezze monumentali di Ravenna si annovera il Mausoleo di Galla Placidia, dedicato alla sorella dell’imperatore Onorio, responsabile, quest’ultimo, del trasferimento della capitale dell’Impero Romano d’Occidente da Milano a Ravenna nel 402 d.C.

Lo stesso imperatore fece costruire questo piccolo mausoleo a croce latina per sé tra il 425 e il 450 d.C., ma non fu mai utilizzato in tal senso perché l’imperatrice, morta a Roma nel 450 d.C., fu seppellita in questa città.

All’esterno il mausoleo si presenta molto semplice e modesto, soprattutto se confrontato con la ricchezza della decorazione musiva interna, che splende ancora di più grazie alla luce che si diffonde attraverso le finestre di alabastro.

La parte inferiore delle pareti interne è rivestita da marmi, mentre la zona superiore è interamente decorata da mosaici che ricoprono pareti, archi e cupola. Nel corso dei secoli le innumerevoli stelle della cupola hanno stimolato la sensibilità e la fantasia di ogni visitatore.

I temi illustrati all’interno dell’edificio, che rispecchiano sia la tradizione artistica ellenistico-romana che quella cristiana, sviluppano a più livelli interpretativi il tema della vittoria della vita eterna sulla morte.

A questo segue l’imponente Mausoleo di Teodorico, fatto costruire dallo stesso re ostrogoto nel 520 d.C. come propri luogo di sepoltura.

Il mausoleo, interamente realizzato in blocchi di pietra d’Istria, si suddivide in due ordini sovrapposti.

Al di sopra del mausoleo domina una grande cupola monolitica, dal diametro di 10,76 metri e dall’altezza di 3,09 metri, coronata da dodici anse che mostrano i nomi di otto Apostoli e di quattro Evangelisti.

Da una nicchia si accede al livello inferiore la cui destinazione, si presume, fosse quella di una cappella con pianta a croce, usata in origine per servizi liturgici. Al piano superiore, invece, si entra attraverso una piccola scala esterna.

Qui è collocata una vasca di porfido in cui probabilmente fu sepolto lo stesso Teodorico, le cui spoglie furono rimosse durante il dominio bizantino, in seguito dell’editto di Giustiniano del 561 d. C. quando il mausoleo venne trasformato in oratorio e consacrato al culto ortodosso.

Un importante edificio di culto di Ravenna è sicuramente il suo Duomo.

Una chiesa completamente ricostruita tra il 1734-45 su disegno di Giovanni Francesco Buonamici nel luogo in cui, alla fine del IV secolo, il vescovo Urso aveva edificato la chiesa cattedrale della città, definita appunto Basilica Ursiana.

Attraverso l’attuale facciata si accede all’interno della chiesa, disegnata a tre navate e tre campate. La cupola, con i suoi quasi cinquanta metri, completamente affrescata da Giovan Battista e Andrea Barbiani, poggia su un alto tamburo sormontato da una lanterna ed elegantemente diviso da otto finestroni. Il campanile di forma circolare, posizionato a lato del Duomo, è invece databile al X secolo, mentre della prima costruzione rimane qualche frammento conservato al Museo Arcivescovile.

Proprio quest’ultimo si trova al primo e secondo piano dell’antico e vasto Palazzo dell’Arcivescovado di Ravenna. Un museo che accoglie numerose opere d’arte provenienti dall’antica cattedrale e da altre costruzioni ora distrutte. In particolare, la struttura ospita la famosa cattedra di Massimiano, una delle più celebri opere in avorio eseguita da artisti bizantini nel VI secolo d.C.

Ma all’interno del Museo Arcivescovile è presente anche un altro elemento di grande pregio come la Cappella di Sant’Andrea.

Unico esempio di cappella arcivescovile paleocristiana giunta intatta fino ai giorni nostri, fu costruita dal vescovo Pietro II tra il 494 e il 519 d. C. come oratorio privato dei vescovi cattolici durante il regno di Teodorico, quando il culto dominante era quello ariano.

Un oratorio paleocristiano a croce greca decorato con splendidi mosaici e dedicato originariamente a Cristo. La cappella, in seguito, fu intitolata a Sant’Andrea, le cui reliquie vennero trasportate da Costantinopoli a Ravenna attorno alla metà del VI secolo.

Tutte le decorazioni interne tendono a glorificare la figura del Cristo in un’interpretazione chiaramente anti-ariana che rappresenta il Cristo Guerriero, con la Croce sulla spalla, nell’atto di schiacciare le belve dell’eresia.

Un atto di rivendicazione ideologica contro l’allora dominante governo politico di Teodorico. Le immagini dei Martiri, degli Apostoli e degli Evangelisti contribuiscono anch’essi a sottolineare il concetto di glorificazione di Cristo, come evidente affermazione dell’ortodossia cattolica.

A nord del Duomo di Ravenna si posiziona il Battistero Neoniano.

Uno dei più antichi monumenti ravennati probabilmente edificato attorno agli inizi del V secolo su iniziativa del Vescovo Urso. Al tempo del vescovo Neone, invece, tra il 450 e il 475 d. C., fu oggetto di importanti lavori di restauro che portarono al rifacimento della cupola, ma soprattutto alla realizzazione della decorazione interna che si può contemplare attualmente.

Il battistero, dalla forma ottagonale, presenta lati alternativamente rettilinei e absidati, ricamati in alto da una finestra con arco a tutto sesto e porte interrate. L’interno, organizzato in due ordini di arcate sovrapposte, presenta marmi nella parte inferiore, stucchi nell’area mediana e mosaici di evidente influenza ellenistico-romana nella zona superiore.

Al centro della cupola un grande medaglione illustra la scena del battesimo di Cristo, raffigurato immerso sino alla vita nelle acque del fiume Giordano. Questa rappresentazione, ad oggi, costituisce la più antica testimonianza di una scena del battesimo di Cristo eseguita a mosaico in un edificio monumentale. Attorno al medaglione, in una prima fascia su fondo blu, spiccano le figure dei dodici apostoli, suddivisi in due schieramenti e capeggiati da San Pietro e San Paolo.

Un altro notevole edificio di culto è il Battistero degli Ariani.

L’unico battistero conosciuto ad essere stato costruito propriamente per il culto ariano in Italia ed retto verso al fine del V secolo quando ormai Teodorico aveva consolidato il suo dominio. Il re ostrogoto decise di far convivere pacificamente i Goti di culto ariano e i latini di culto ortodosso, questi ultimi seguaci della dottrina canonica riconosciuta dalla Chiesa e dall’Impero romano d’Oriente, mantenendo le due popolazioni separate, creando così una distinzione tra i rispettivi quartieri e la costruzione dei corrispondenti edifici di culto in città.

Vicino all’ attuale via Diaz, a Ravenna, Teodorico fece costruire una basilica per gli ariani, l’attuale chiesa dello Spirito Santo, che fu modificata nelle epoche seguenti, ed un battistero ad essa anticamente collegato, oggi detto “degli Ariani” per distinguerlo dal più antico Battistero Neoniano “degli Ortodossi”.

L’edificio, interrato per circa due metri, ha forma ottagonale e presenta quattro piccole absidi all’esterno.

Al suo interno non resta nulla degli stucchi e ornamenti che sicuramente rivestivano le pareti. L’unica parte decorata è rappresentata dalla cupola, rivestita da mosaici raffiguranti il corteo dei dodici apostoli e, nel tratto centrale, il battesimo di Cristo immerso nell’acqua fino ai fianchi.

Pur essendoci similitudini con le rappresentazioni presenti nel Battistero Neoniano, da cui trae ispirazione, il mosaico degli Ariani testimonia il culto della corte di Teodorico, fondato sulla figura di Cristo allo stesso tempo divina e terrena.

Nel Battistero degli Ariani, infatti, gli stessi apostoli rendono omaggio al grande trono gemmato sormontato dalla croce, dai cui bracci pende un drappo dal colore rosso intenso, espressione della fisicità del Cristo e della sua umana sofferenza.

All’interno dell’Abbazia camaldolese, invece, è ospitato un altro spazio di grande interesse culturale come la storica Biblioteca Classense, istituita nel 1512.

Per tre secoli l’Abbazia è stata oggetto di continui ampliamenti, divenendo nel corso del tempo uno dei più grandi e maestosi monumenti dell’Ordine Camaldolese.

All’interno delle sale e lungo i corridoi della biblioteca sono ancora visibili opere di numerosi artisti eseguite fra il XVI e il XVIII secolo. L’Aula Magna o Libreria è una sala affascinante, realizzata a cavallo fra Seicento e Settecento dall’abate Pietro Canneti, abbellita da statue, stucchi ed opere lignee finemente intagliate e decorata con affreschi e dipinti di Francesco Mancini.

L’intero complesso della biblioteca è un vero e proprio gioiello architettonico e artistico, con i suoi chiostri monumentali, il grande refettorio cinquecentesco, dal 1921 Sala Dantesca, e l’antica sacrestia della chiesa di San Romualdo, tutti spazi riccamente decorati.

La biblioteca ospita una grande raccolta di volumi appartenenti a varie tipologie documentarie, tra cui opere a stampa antiche e moderne, manoscritti, incisioni, mappe, documenti d’archivio e materiale multimediale. Il patrimonio librario a stampa della Biblioteca Classense si stima complessivamente in circa 800.000 unità bibliografiche.

La maggior parte delle collezioni è di ambito umanistico, alle quali si affianca un consistente nucleo di opere di argomento scientifico. La sezione dedicata ai Fondi Antichi riveste un’importanza considerevole per la presenza di volumi databili tra il XV e il XVIII secolo e circa settecento manoscritti, di cui la metà si può collocare tra il X ed il XVI secolo.

A Ravenna, una tappa quasi obbligatoria è la Domus dei Tappeti di Pietra, uno dei più importanti siti archeologici italiani scoperti negli ultimi decenni.

Un complesso di strutture edilizie riconducibili all’età romana repubblicana e al periodo bizantino.

Molto interessante un palazzetto di cui sono stati individuati quattordici ambienti e tre cortili. Tutte le stanze dell’edificio erano pavimentate in tarsia di marmo o a mosaico con eleganti geometrie e inserti figurati in tessere policrome. I “tappeti di pietra”, dopo il loro restauro, sono stati ricollocati nel luogo dove sono stati scoperti, un ambiente sotterraneo appositamente realizzato al quale si accede dalla chiesa di Sant’Eufemia.

La Chiesa settecentesca e l’annesso Oratorio dei Cento Preti del XV secolo sono stati oggetto di un progetto di recupero degli spazi edilizi esistenti e della creazione del collegamento con lo scavo archeologico dei mosaici bizantini. L’opera è stata realizzata dall’Arcidiocesi nel programma degli interventi finanziati dalla legge per il Giubileo.

Un’operazione culturale che, nel suo complesso, va oltre la semplice conservazione del monumento e diventa esperienza unica ed esemplare, al fine di beneficiare di una parte della città dal grande significato storico-religioso.

La cultura, a Ravenna, non si esaurisce con i suoi monumenti, ma viene ampliata dalla presenza di una grande offerta di musei di notevole importanza.

A sottolineare la caratteristica principale della città,  il più particolare è sicuramente il Museo TAMO- Tutta l’avventura del Mosaico, ospitato nel Complesso di San Nicolò.

Una mostra permanente, interattiva e multimediale, dedicata all’arte del mosaico in tutte le sue forme espressive, che ogni anno rinnova e accresce le proprie collezioni. L’affascinante percorso museale conduce tra gli eccezionali reperti del patrimonio musivo di Ravenna e del suo territorio dall’età antica fino a giungere, attraverso il periodo tardoantico e medievale, alle produzioni di artisti moderni e contemporanei e a saggi di mosaico industriale.

Tamo non è un museo nel senso classico del termine, ma una cittadella del mosaico, un viaggio affascinante per ammirare, scoprire, conoscere e sperimentare quest’arte antica. L’esposizione presenta un impianto fortemente innovativo, caratterizzato da allestimenti interattivi e multimediali, da strumenti di lavoro, materiali, ricostruzioni animate e soluzioni tecnologiche avanzate.

Dal 2012 TAMO. Mosaici tra Inferno e Paradiso rappresenta la nuova sezione del museo dedicata a opere a soggetto dantesco.

Oltre venti pannelli di grande pregio, alcuni anche di grande formato, commissionate nel 1965 dal Comune di Ravenna a grandi artisti italiani del ‘900 per celebrare il VII centenario della nascita di Dante.

Un altro importante spazio è il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, che si trova all’interno del complesso monumentale della Loggetta Lombardesca, il monastero cinquecentesco dell’adiacente Abbazia di Santa Maria in Porto.

Dell’ originario edificio cinquecentesco resta solo il chiostro dalle proporzioni rinascimentali, l’impianto degli spazi e l’elegante loggia a cinque archi, divenuta l’emblema dell’intero complesso. Il museo, oltre ad essere sede di numerose e importanti mostre d’arte temporanee, ospita tre collezioni permanenti all’interno dei suoi spazi architettonici e della sua Pinacoteca.

Queste riguardano dipinti e sculture, databili tra il XIV e il XIX secolo, tra cui spicca la statua di Guidarello Guidarelli di Tullio Lombardo del 1525, una raccolta moderna di opere riconducibili al  XIX secolo, in cui merita un’attenzione particolare un bellissimo disegno di Gustav Klimt, ed infine una collezione di mosaici contemporanei con opere comprese tra la metà del ‘900 e oggi.

Il Museo Nazionale di Ravenna, invece, è situato nel complesso monumentale di San Vitale e raccoglie importanti reperti archeologici da scavi di epoca romana e bizantina.

Il nucleo originario del patrimonio museale fu costituito nel Settecento dalla paziente ricerca e cura dagli eruditi monaci delle grandi abbazie cittadine.

Al primo piano sono esposti, nell’ordinata architettura benedettina, i leggiadri bronzetti rinascimentali, una pregevole raccolta di avori, una sezione dedicata alle ceramiche e un’affascinante collezione di armi antiche.

Tra i reperti di maggior prestigio sono esposti capitelli in marmo orientale, sarcofagi decorati e altri manufatti di V e VI secolo. I più noti sono quelli provenienti dai monumenti paleocristiani e bizantini, tra cui la croce da San Vitale e il disegno preparatorio al mosaico di Sant’Apollinare in Classe.

Ma Ravenna è anche celebre perché ospita la Tomba di Dante.

Costruita tra il 1780 e il 1782 per volontà del cardinal legato Luigi Valenti Gonzaga e su progetto dell’architetto ravennate Camillo Morigia. Le spoglie del sommo poeta, dopo essere state a lungo nascoste dai frati francescani, per essere sottratte ai Fiorentini che le avevano richieste, furono rinvenute nel 1865 e da quel momento riposano nella Tomba.

Una struttura edificata secondo i contemporanei dettami neoclassici, con l’intenzione di restituire nobiltà e decoro alla sepoltura del sommo poeta, fino ad allora ospitata all’interno di una semplice cappellina. L’interno fu rivestito di marmi policromi per il Centenario dantesco del 1921, mentre sulla parete di fronte all’entrata è posizionato il lo splendido bassorilievo con il ritratto di Dante, scolpito da Pietro Lombardo nel 1483.

A fianco del mausoleo dantesco si trova il giardino con il Quadrarco di Braccioforte, antico oratorio, che prende nome da una leggenda secondo la quale due fedeli prestarono un giuramento invocando il “braccio forte” di Cristo, la cui immagine era posta in quel luogo. Nel Quadrarco sono presenti due sarcofagi del V secolo, poi riutilizzati dalle famiglie ravennati dei Pignata e dei Traversari, mentre al centro del giardino, un dosso verdeggiante ricorda il luogo in cui furono conservate le spoglie dantesche durante la Seconda Guerra Mondiale.

La Tomba di Dante, il giardino con il Quadrarco e i chiostri francescani, nei quali ha sede il Museo Dantesco, fanno parte della cosiddetta “Zona del Silenzio”, l’area di rispetto che circonda il luogo della sepoltura del poeta e che assunse l’aspetto attuale nel 1936, con il progetto dell’architetto Giorgio Rosi.

Durante tutto il mese di settembre in questi luoghi si svolgono celebrazioni ed eventi spettacolari in onore del Sommo Poeta.

Settembre, infatti, è il mese che la città dedica interamente a Dante Alighieri con appuntamenti culturali e letture internazionali della Divina Commedia.

L’offerta culturale di Ravenna, però, è ricca e diversificata in ogni stagione. Tra gli appuntamenti da non perdere sicuramente trova spazio il Ravenna Festival. Un evento che a giugno e luglio di ogni anno ogni anno vede esibirsi i migliori artisti e direttori d’orchestra a livello internazionale. A seguire, nel mese di luglio e agosto, Mosaico di Notte, che propone l’apertura dei monumenti fino alle 23.00 e rassegne collaterali.

Il secondo fine settimana di ottobre Ravenna si illumina con la Notte d’Oro, la notte bianca della città, in cui poesia, musica, mosaico e mistero si succedono fino all’alba.  A cadenza biennale, da ottobre a novembre, ha luogo Ravenna Mosaico, il primo Festival Internazionale dedicato al mosaico contemporaneo.

Un’altra caratteristica di Ravenna riguarda sicuramente anche la sua cultura gastronomica.

Piadina romagnola, cappelletti con il ragù, passatelli in brodo, fichi caramellati con il morbido formaggio squacquerone. Ecco alcuni dei piatti tipici di Ravenna realizzati con pasta fatta in casa a cui si aggiungono le minestre asciutte e in brodo che occupano comunque un ruolo importante nei menù tipici locali.

Grigliate di carne e pesce sono presenti in tutti i migliori ristoranti della città. A tutti questi piatti si abbinano perfettamente vini locali come Sangiovese e Trebbiano e i dolci, genuini e tradizionali, come i tortelli ripieni di marmellate, le ciambelle e le crostate, da inzuppare in vini amabili come il bianco Albana o come la rossa Cagnina.

Un altro dolce tipico sono le Caterine, biscotti a forma di bambolina, di gallina o di galletto, ricoperti di cioccolata e rifiniti con decorazioni di zucchero colorato. Non si conosce la loro origine, ma il 25 novembre di ogni anno, nel giorno di Santa Caterina, vengono sfornati e regalati a bambini e bambine.

La Torta Teodora, invece, nata nel 2002, deve il suo nome all’imperatrice di Bisanzio, moglie del grande Giustiniano I, rappresentata nel mosaico dell’area absidale della Chiesa di San Vitale. Gli ingredienti della torta sono principalmente prodotti tipici locali come pinoli, farina gialla di mais, burro, uova, zucchero a velo, ma anche mandorle tritate e cannella, visti i legami di Ravenna con l’Oriente.

Alessandro Campa

 

 

 

 

 

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